Operazione “Fiore di Loto 2”: arrestato imprenditore faentino per frode fiscale. Sequestro di beni e soldi per 2 mln di euro

Nella mattinata di oggi, martedì 26 maggio, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ravenna hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ravenna nei confronti di un imprenditore di Faenza e di un commercialista di Firenze, indagati per frode fiscale, occultamento delle scritture contabili e omesse dichiarazioni fiscali.

Il provvedimento restrittivo è stato adottato sulla scorta delle risultanze delle indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Faenza, coordinate dalla Procura della Repubblica di Ravenna, che hanno fatto luce su un vasto sistema fraudolento di evasione delle imposte realizzato da una serie di imprese operanti nel settore del confezionamento e del commercio di capi di abbigliamento intestate a cittadini cinesi, ma di fatto gestite direttamente dall’imprenditore manfredo con il fattivo supporto del consulente fiorentino.

L’indagine era stata avviata circa tre anni fa, a seguito di una verifica fiscale eseguita dai Finanzieri di Faenza nei confronti di un’azienda esercente l’attività di commercio all’ingrosso di abbigliamento, la quale non aveva mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi. Le attività ispettive hanno ben presto consentito di appurare che tale azienda era una vera e propria scatola vuota, del tutto priva di reale consistenza economica ed aziendale, ed era stata utilizzata per emettere fatture relative ad operazioni inesistenti nei confronti di un “arcipelago” di società formalmente intestate a proprietari di origine cinese, ma tutte facenti capo al medesimo imprenditore faentino.

Gli approfondimenti della Guardia di Finanza hanno permesso di accertare che le società utilizzate per l’ingente frode fiscale, quantificata in circa 1,7 milioni di euro, operavano per un breve periodo di tempo, per poi venire repentinamente cessate e sostituite da nuove imprese, sempre intestate a cittadini cinesi e costituite ad hoc per perpetuare lo schema illecito, che prevedeva la sistematica evasione delle imposte e, in taluni casi, anche l’occultamento delle scritture contabili al fine di rendere più difficoltosa la ricostruzione dell’attività fraudolenta.

Inoltre è emerso che l’imprenditore di Faenza, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte ed a possibili azioni esecutive, ha simulato una serie di donazioni di beni immobili di sua proprietà nei confronti di alcuni familiari ed ha trasferito cospicue somme derivanti dalle frodi fiscali su conti bancari esteri e su conti di propri congiunti, i quali si sono poi adoperati per riciclare i proventi illeciti.

In aggiunta alle misure cautelari personali, il G.I.P. di Ravenna ha disposto per il consulente fiscale anche l’interdizione dall’attività professionale per la durata di un anno, nonché il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili per un valore di oltre 2 milioni di euro a carico dei due arrestati, dei loro sodali cinesi e dei familiari che si sono prestati al riciclaggio delle somme provenienti dai reati fiscali.

Non è la prima volta che l’imprenditore faentino, ora condotto nel carcere di Ravenna a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, e il commercialista fiorentino vengono indagati dalla Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica di Ravenna. Già nel febbraio del 2018, infatti, i due erano stati destinatari di un provvedimento di sequestro di oltre 3 milioni di euro. Anche in quel caso le Fiamme Gialle di Faenza avevano ricostruito un articolato schema di false fatturazioni concretizzato sempre attraverso l’utilizzo di società “cartiere” intestate a cittadini cinesi.

La scoperta di gravi illeciti come quello individuato a Faenza è il prioritario obiettivo a cui tende il dispositivo operativo della Guardia di Finanza nell’ambito del contrasto all’evasione, all’elusione e alle frodi fiscali. Chi utilizza fatture false e realizza sistemi articolati di frode, come quello svelato dall’indagine portata a termine dalle Fiamme Gialle, sottrae risorse indispensabili per l’erogazione di servizi pubblici fondamentali a beneficio di tutta la collettività.