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Vincenzo Balzani: Perchè non bisogna spendere soldi nel CSS

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Sono il coordinatore di un gruppo di docenti e ricercatori che da alcuni anni sta cercando, attraverso la condivisione di conoscenze e informazioni scientificamente corrette, di orientare la classe politica a fare scelte giuste, in particolare per quanto riguarda il problema energetico-climatico.

Per fermare il cambiamento climatico, che la Conferenza di Parigi del 2015 ha definito il pericolo più grave per l’umanità, dobbiamo sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili, fornite dal sole, dal vento e dall’acqua, che non solo non producono CO2, ma generano direttamente elettricità, la forma di energia più pregiata. E’ possibile, sia tecnicamente che economicamente, completare la transizione energetica entro il 2050. Fermerà il cambiamento climatico, eviterà la morte prematura di molte persone e aumenterà i posti di lavoro. Porterà vantaggi anche dal punto di vista sociale perché le nazioni più povere, le più colpite dai cambiamenti climatici, sono ricche di energie rinnovabili.

Anche nel nostro Paese dobbiamo portare in primo piano la transizione energetica che, però, è fortemente ostacolata dalla lobby dei combustibili fossili e da speculazioni finanziarie. Ci viene in aiuto il Next Generation EU. L’Italia non deve perdere questa occasione che, fra l’altro, può fare emergere tutte le grandi potenzialità della nostra industria manifatturiera.

Purtroppo ENI, in spregio agli accordi di Parigi che il nostro Paese ha sottoscritto, sta intensificando le estrazioni di combustibili fossili in Italia e altre parti del mondo e ci vuole far credere che si possa annullare il loro effetto sul clima catturando l’anidride carbonica col metodo CCS (Carbon Capture and Storage). Anche se la Commissione Europea non ha accettato che i fondi PNRR siano usati per questa tecnologia, Eni è intenzionata a svilupparla ugualmente.

A parere nostro e della grande maggioranza degli esperti, la strategia basata sul CCS per controllare il cambiamento climatico è irrazionale e impraticabile, come si evince dalle numerose, gravi criticità, riassumibili nei seguenti 11 punti:

1) Produrre CO2 per poi catturarla e immagazzinarla è un procedimento contrario ad ogni logica scientifica ed economica; è molto più semplice ed economico usare, al posto dei combustibili fossili, le energie rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico) che non producono né CO2, né inquinamento.

2) Il CCS è una tecnologia sperimentale, ancora in fase di ricerca; studi sugli impianti CCS sono stati finanziati con fondi europei dal 2009 al 2017, ma non hanno portato ad alcun risultato utile.

3) Non è possibile usare il CCS per catturare le emissioni di mezzi di trasporto, abitazioni e industrie.

4) La tecnologia CCS è molto costosa. Per applicarla a una centrale termoelettrica a carbone è necessario affiancare alla centrale un’unità dedicata, alimentata a metano, causando ulteriori emissioni.

5) L’unico uso che si può fare della CO2 catturata è immetterla in giacimenti petroliferi quasi esauriti per rivitalizzarli (Enhanced Oil Recovery, EOR), un artificio per continuate ad estrarre e quindi usare i combustibili fossili.

6) L’unico impianto CCS americano, utilizzato per sequestrare una parte della CO2 emessa dalla centrale a carbone di Petra Nova in Texas, è stato chiuso da pochi mesi perché ritenuto non sostenibile dal punto di vista economico.

7) La cattura della CO2 non elimina l’inquinamento causato da combustibili fossili, che ogni anno causa in Italia 80.000 morti premature; il passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili risolve questo problema.

8) La letteratura scientifica è scettica sulla possibilità che si possa immagazzinare CO2 in modo permanente. La sua fuoriuscita vanificherebbe l’opera intrapresa per combattere il cambiamento climatico; per di più, una fuoriuscita improvvisa potrebbe creare danni gravi alla popolazione

9) Lo stoccaggio di CO2, come già dimostrato per analoghe attività, può provocare un progressivo incremento delle attività sismiche; cosa molto pericolosa nel territorio ravennate, che presenta un rischio sismico medio-alto ed è soggetto a significativi fenomeni di subsidenza.

10) Il CCS non è stato ancora sviluppato su una scala compatibile con le enormi quantità di CO2 in atmosfera richieste per annullare i rischi climatici.

11) Un’analisi comparativa dimostra inequivocabilmente che l’elettricità prodotta dalle energie rinnovabili ha un ritorno energetico superiore a quello della elettricità da centrali termoelettriche dotate di CCS.

E’ chiaro quindi che il CCS è un altro disperato tentativo delle compagnie petrolifere per tenere in vita processi produttivi e di approvvigionamento energetico basati sui combustibili fossili. Le risorse economiche disponibili devono invece essere usate per lo sviluppo delle energie rinnovabili ben collaudate, particolarmente fotovoltaico ed eolico, settori che garantiscono anche una più un’alta intensità di posti di lavoro rispetto al settore dei combustibili fossili.

Vincenzo Balzani, Professore emerito, Università di Bologna, Coordinatore del gruppo di scienziati energiaperlitalia

 

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Commenti

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  1. Scritto da nautilus

    Le fonti energetiche, al pari di tutte le altre merci, funzionano secondo la legge della domanda e dell’offerta. Si produce (e soprattutto si importa) gas perché c’è richiesta di tale bene. Invece di perdere tempo colpevolizzando i produttori, gli ambientalisti di casa nostra dovrebbero spiegarci COME SI FA E QUANTO CI COSTA a fare a meno (dal punto di vista del consumatore) dei combustibili fossili, mentre invece si nascondono dietro a generici proclami di un futuro green di non facile lettura. Le energie rinnovabili già ci sono, e non da pochi anni, rappresentando (leggo da wikipedia) il 30% dell’energia elettrica prodotta in Italia. Eppure, non contribuiscono a far scendere il nostro fabbisogno energetico. Consumavamo 60 miliardi di metri cubi di gas/anno alla fine del secolo scorso, ne consumiamo più di 70 secondo i dati più recenti.

  2. Scritto da cromwell

    C’è un numero che pesa come un macigno sulle (affrettate) scelte UE: l’Europa contribuisce con l’8% alle emissioni di anidride carbonica del mondo. Cosa faranno i responsabili del restante 92%? E perché nessuno o quasi dice che è possibile trasformare la CO2 via catalisi o con altri metodi in carbonio solido, materiale impagabile per costruire sia superbatterie che che nanostrutture composite?