La guerra fascista in Jugoslavia, le foibe, l’esodo. Il 10 febbraio, a Ravenna un convegno dell’ANPI con lo storico Andrea Baravelli

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Sabato 10 febbraio, alle 17, presso Sala “Silvio Buzzi”, in Viale Berlinguer 11 a Ravenna, in occasione del 20° Giorno del Ricordo la Sezione “Natalina Vacchi” dell’ANPI di Ravenna organizza il convegno “La guerra fascista in Jugoslavia, le foibe, l’esodo” con la partecipazione del professore ravennate Andrea Baravelli, docente di storia contemporanea all’Università di Ferrara.

L’evento, patrocinato dall’Assessorato alla cultura del Comune di Ravenna, intende soprattutto evidenziare quella che la legge istitutiva della Giornata del Ricordo definisce la “più complessa vicenda del confine orientale”, sarà coordinato dal presidente della Sezione, Massimiliano Galanti.

“Il Giorno del Ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno – ricordano dall’ANPI – . Istituita nel 2004, vuole “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, in seguito a quella che fu definita una vittoria mutilata, il regime fascista avviò una campagna di italianizzazione forzata dei territori della Venezia Giulia e dell’Istria. Furono cambiati i nomi slavi delle località, furono cambiati d’ufficio i cognomi delle famiglie di origine slovena e croata, nelle scuole e negli uffici pubblici l’unica lingua usata divenne l’italiano. Insegnati e funzionari pubblici di origine slovena e croata furono licenziati. Furono soppressi con la forza tutti gli istituti culturali slavi, così come i giornali e le riviste. I picchiatori fascisti erano costantemente all’opera per far meglio comprendere chi comandava.
La situazione in quei territori peggiorò ulteriormente con l’inizio del secondo conflitto mondiale e dopo l’invasione del Regno di Jugoslavia, della Grecia, del Montenegro e dell’Albania, con l’appoggio determinante della Germania nazista. Alla resistenza delle popolazioni l’Italia rispose con rappresaglie diffuse, con l’incendio di interi villaggi, con fucilazioni sommarie, affamando interi territori con la requisizione delle scorte alimentari. Migliaia di persone furono deportate ed internate in campi di prigionia dove le fame e le malattie fecero migliaia di morti.
Quando la resistenza jugoslava divenne abbastanza forte da poter contrastare gli eserciti occupanti la repressione si abbatté con ancora più violenza sulle popolazioni inermi cui seguì, a guerra finita, l’inevitabile violenta reazione degli jugoslavi che processarono e giustiziarono gli italiani loro prigionieri che ritenevano colpevoli di crimini di guerra.
Fu quello il periodo dei “massacri delle foibe” ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia. A tutto ciò seguì l’espulsione di circa 350.000 italiani dal territorio jugoslavo.

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