Greenpeace e cozze raccolte in piattaforma: “I dati diffusi non sono nostri ma di ENI”

Secondo quanto scrive l'associazione ambientalista i dati contenuti nel loro rapporto sono i dati che ENI ha trasmesso al Ministero dell'Ambiente. Greenpeace: "Non abbiamo mai detto che i mitili non siano commestibili"

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Greenpeace interviene sulle polemiche in corso nel Ravennate, sollevate dalle cooperative della pesca che contestano i dati diffusi dall’associazione ambientalista con il rapporto “Trivelle Fuorilegge”, in particolare riguardo alla salubrità delle cozze raccolte sulle piattaforme di ENI censite nel rapporto.

 

Greenpeace precisa che tutti i dati presenti nel rapporto, che evidenziano preoccupanti livelli di contaminazione da metalli pesanti e da idrocarburi nei mitili raccolti presso 34 piattaforme operanti in un tratto di mare compreso tra l’Emilia Romagna e l’Abruzzo, sono proprietà di ENI.

 

Sono stati infatti raccolti e sistematizzati, per conto dell’azienda, da ISPRA, che è l’agenzia che ha realizzato i monitoraggi ambientali previsti per legge. Da ENI sono stati quindi trasmessi al Ministero per l’Ambiente, da cui li ha ottenuti Greenpeace tramite un’istanza pubblica di accesso agli atti. Il ruolo dell’associazione ambientalista, dunque, è stato unicamente di trasmissione e diffusione di dati: ovvero, Greenpeace ha assolto essenzialmente a una funzione di informazione dell’opinione pubblica, diffondendo dati ufficiali riguardanti la qualità degli ecosistemi marini e dei mitili che potrebbero finire sulle tavole degli italiani.

 

In tal senso Greenpeace sottolinea di non aver mai scritto o dichiarato – sostituendosi alle autorità competenti in materia – che quei mitili non siano “commestibili”: ha evidenziato concentrazioni elevate, e in alcuni casi estremamente elevate, di sostanze inquinanti e potenzialmente dannose per la salute. In taluni casi la concentrazione di questi inquinanti eccede i parametri ambientali assunti come riferimento da ISPRA ed ENI, in virtù delle norme, per realizzare i monitoraggi delle piattaforme e determinare la qualità dell’ambiente marino circostante.

 

Dal momento in cui Greenpeace ha diffuso i dati contenuti nel rapporto “Trivelle Fuorilegge” a oggi, gli unici indicatori relativi alla presenza di sostanze inquinanti nelle cozze di cui si discute sono e restano quelli ottenuti dall’associazione dal Ministero per l’Ambiente. Greenpeace attende che finalmente i dati sul monitoraggio delle cozze che crescono sulle piattaforme e vengono quindi commercializzati siano resi pubblicamente disponibili, invita le cooperative della pesca interessate a confrontarsi con ENI ed ISPRA, che sono di fatto i soli responsabili dei dati che così accesamente contestano, e si riserva di intraprendere a sua volta azioni legali, qualora fosse ulteriormente messa in discussione la serietà e la correttezza con cui Greenpeace opera.

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