Disastro Valle della Canna: in Commissione Ambiente a Ravenna più di 4 ore di dibattito e molta nebbia sul presente e sul futuro

Che cosa è effettivamente avvenuto e perchè nella Valle della Canna o Valle Mandriole fra settembre e ottobre 2019? Si poteva evitare il disastro ambientale? Di chi sono le responsabilità per la scomparsa di migliaia di anatidi? E che cosa si può e si deve fare in futuro per evitare che si verifichi un’altra grave moria? Come abbiamo già scritto a queste domande doveva cercare di fare chiarezza la Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Benessere animale del Consiglio comunale di Ravenna convocata per giovedì 14 novembre su iniziativa di Lista per Ravenna, Lega Nord e Forza Italia. Relatore in Commissione Alvaro Ancisi (LpRa) che ha brevemente sintetizzato quanto aveva già detto nel corso della conferenza stampa del 12 novembre, tenuta con Massimiliano Alberghini della Lega, Alberto Ancarani di Forza Italia e Giancarlo Mariani esperto di Lista per Ravenna, e di cui abbiamo dato ampio resoconto.

In realtà la Commissione Ambiente non ha chiarito molto né in merito a quanto è accaduto, né in merito alle responsabilità, né per quanto riguarda ciò che si può fare per il futuro. E l’eventualità che la materia possa essere portata alla discussione del Consiglio comunale di Ravenna è appesa a un filo: Alvaro Ancisi sta raccogliendo le firme di almeno 8 consiglieri, ma è pessimista sulla possibilità di farcela. Eppure la discussione sulla gravità dell’evento e sull’urgenza di interventi per evitare nuovi disastri ambientali in valle meriterebbe di approdare nel massimo consesso cittadino. Ma le logiche della politica non sempre seguono quelle del buon senso.

Nel dibattito in Commissione, in ogni caso, andato avanti per oltre 4 ore, sono intervenuti i vari gruppi politici e i loro esperti, i rappresentanti dei vari Enti coinvolti – dal Parco del Delta al Comune di Ravenna – e anche due esperti di parte (se così si può dire), l’ambientalista Daniele Camprini e il cacciatore Paolo Forestieri. Tutti hanno raccontato la loro verità e alla fine ne è uscito un quadro più confuso che chiaro, sia sulla gravità di quanto accaduto, sia sulle responsabilità – qualcuno ha parlato del classico scaricabarile –  sia sul da farsi affinché non ci sia nel 2020 un’altra moria di uccelli, come molti ipotizzano che possa avvenire in mancanza di interventi all’altezza della situazione.

Alvaro Ancisi ha intenzione in ogni caso di trascrivere tutto il dibattito, di metterlo nero su bianco e di usare gli elementi emersi per richiamare ognuno alle proprie dichiarazioni e responsabilità e per continuare a dare battaglia. Inoltre, ha già anticipato che trasmetterà il tutto – per conoscenza – alla Procura della Repubblica che sulla vicenda della crisi da botulino nella Valle della Canna ha aperto – come si sa – un fascicolo d’indagine.

valle della canna

 

I fattori scatenanti del disastro nella Valle della Canna secondo Ancisi si possono riassumere “nel periodo di tre mesi in cui, nella scorsa calda stagione, il livello d’acqua della valle è stato lasciato ridursi fino ai limiti di guardia, in combinazione con temperature elevate. Ciò ha causato sia una elevata presenza di uccelli, sia anossia e quindi botulismo, trasformando la valle in una trappola mortale.”

“La causa strutturale – ha detto Ancisi – sta nella mancata programmazione dei livelli idrici, nel loro mancato controllo e nel mancato flussaggio dell’acqua dentro la valle. Fino a quindici anni fa era attivo un sifone che, passando sotto il fiume Lamone, permetteva l’apporto e il ricambio idrici, ma che da allora ha smesso di funzionare. Il sifone, che non era di per per sé la soluzione ideale, è comunque collassato. L’alternativa è diventata la canaletta ex Anic che porta acqua dal Fiume Reno all’acquedotto industriale di Ravenna, le cui porte d’ingresso e d’uscita non sono però adatte al flussaggio essendo pressoché contigue. Questo fatto, unito alla mancata programmazione e all’assenza di una presa d’acqua sempre disponibile per la valle, fa sì che ad ogni estate essa vada in secca. Era già successo nel 2015 e nel 2017, quando si registrò una moria di pesci. Peraltro, anche in questo caso, come per il Lamone, i diritti di utilizzo sono in capo a un soggetto privato (Ravenna Servizi Industriali), che può concedere le acque in modo occasionale, senza che possano essere programmati gli interventi di gestione idraulica.”

“Dal 2013, quando è cessata, sia per la Valle della Canna che per Punte Alberete, la gestione da parte dell’associazione di volontariato ambientalista denominata “L’Arca”, soggetta agli indirizzi e alla vigilanza dell’ente Parco del Delta del Po e del Comune di Ravenna, non si è avuta notizia di alcuna efficiente gestione idraulica della valle, – continua Ancisi – lasciando così che le acque letteralmente marcissero, con la morte conseguente di tonnellate di piante acquatiche e pesci. Questo sta comportando per i due luoghi l’estinzione di centinaia di specie di piante, invertebrati e vertebrati, tra cui numerosi protetti dalle direttive europee 92/43 e 9/147, e la scomparsa di “habitat” protetti ai sensi della 92/43. Si ricordi che la Valle della Canna è anche zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar.”

“Che la situazione degenerasse a disastro ambientale si deve anche, evidentemente, all’inadeguata vigilanza da parte di chi, in questi anni, ha avuto in carico la gestione della valle. Ciò non ha consentito di adottare gli interventi atti a limitare al massimo i danni, immettendo tempestivamente nella valle acqua non contaminata. I primi decessi di uccelli, già riferiti da settembre, avrebbero dovuto far scattare immediatamente gli allarmi. Il direttore del Parco del Delta del Po, lamentando di non essere stata informata di nulla, ha detto: “Pare che ci fossero carcasse di uccelli già da due settimane, ma non ho avuto segnalazione da nessuno”. Peggio. Agli inizi di settembre (forse il 5, ndr), sette carcasse di anatre erano arrivate all’Istituto Zooprofilattico, dalle cui analisi di competenza sono risultate positive ai clostrìdi, produttori di tossine botuliniche.”

Secondo Ancisi e diversi ambientalisti la strage di uccelli avrebbe fatto dalle 4 alle 5 mila vittime. E molte centinaia di carcasse non si sono potute recuperare. “Probabilmente è stata la più grande catastrofe mai avvenuta in Italia a causa del botulino”, ha affermato Daniele Camprini.

Per il Comune di Ravenna ha parlato il tecnico di riferimento, Gianni Gregorio, ingegnere capo del Servizio Ambiente. “La valle ha una sola porta d’entrata e una d’uscita, quindi non è possibile flussare l’acqua. – ha esordito – Ogni anno si cerca di mantenere un livello di acqua adeguato e periodicamente funzionari di Polizia del comune verificano il livello. Ravenna Servizi Industriali a inizio primavera ha comunicato che doveva interrompere il flusso di acqua alla canaletta per fare manutenzione. Avevamo due scelte: o seccare la valle da luglio fino all’autunno, e non era fattibile, o immettere tutta l’acqua a disposizione finché si poteva, e così abbiamo fatto con 1,5 milioni di metri cubi d’acqua, più di quanto mai fatto prima, fino al 10 agosto quando sono iniziati i lavori. Ma l’acqua dal 10 agosto non è stata più ricambiata e poi con le temperature alte di quest’anno è evaporata. Verso i primi di settembre sono stati segnalati sette uccelli morti dalle guardie: li abbiamo prelevati per fare le analisi. A fine settembre sono stati segnalati uccelli con sintomi da botulino e pochi giorni dopo ci hanno riferito che c’erano diversi uccelli morti. Mandiamo gli agenti e parallelamente allertiamo forestale: ci segnalano una situazione grave con tanti uccelli malandati o morti. Il giorno dopo abbiamo convocato tutti gli enti e abbiamo fatto un primo tavolo per valutare cosa fare: si poteva o aumentare l’ossigenazione, o prosciugare (ma si può fare solo nei mesi estivi), o flussare (e non si poteva). Sono stati prelevati gli uccelli morti da cacciatori volontari, parallelamente Ravenna Servizi Industriali ha interrotto momentaneamente il cantiere e in 48 ore ha ricominciato a immettere acqua”.

“Per il livello basso d’acqua che c’era e il livello d’innalzamento che c’è stato, sono convinto che la quasi totalità degli uccelli morti sia stata prelevata – continua Gianni Gregorio, che parla di 2.400-2.500 uccelli morti prelevati – Il botulino nelle valli è sempre presente: l’epidemia si sviluppa tramite le mosche, che producono larve che vengono mangiate dagli uccelli. Abbiamo chiesto a Ravenna Servizi Industriali di riparare una paratoia di loro proprietà per alimentare la valle: loro hanno fatto uno studio per valutare la possibilità, e Romagna Acque sta valutando progetti per adeguare il canale. Quando in un bacino c’è stato un evento di botulino importante, negli immediati anni successivi la probabilità che si riverifichi è piu alta: il prossimo anno tutti gli enti preposti dovrebbero valutare di effettuare un prosciugamento mirato della valle per qualche settimana. Certo, è un intervento non a rischio zero: vuol dire provocare la moria di almeno una parte dei pesci, e la moria di pesci è una delle cause principali delle epidemie di botulino.”

La direttrice del Parco del Delta del Po Maria Pia Pagliarusco ha affermato che sono state messe in campo azioni per scongiurare la reiterazione dell’epidemia di botulino. Il Parco intende predisporre un’attività di monitoraggio più precisa per capire se l’emergenza sia finita. Le analisi dell’Ausl sugli uccelli morti sono del 13 settembre, il Parco è intervenuto il 2 ottobre: “né noi né il comune ha ricevuto comunicazione prima di quella data”.

Mattia Lanzoni, biologo del Parco, ha affermato che è difficile determinare la causa che ha determinato l’esplosione della tossina di botulino. Si ipotizza che la causa derivi dalla moria di uccelli, perchè non sono state certificate morie di pesci. I casi di botulino in Italia stanno aumentando, probabilmente a causa oltre che dei cambiamenti climatici anche della riduzione di certi habitat, e quindi alla concentrazione degli uccelli. “Noi siamo stati avvisati di quanto stava succedendo da un’associazione, l’Asoer (Associazione Ornitologi dell’Emilia-Romagna), e abbiamo fatto il possibile”, ha aggiunto Nicola Baccetti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).

Giancarlo Mariani, ambientalista – collabora con Asoer e Ispra per il censimento degli uccelli in valle – ed esperto di Lista per Ravenna, è colui che il 2 ottobre 2019 ha dato per primo l’allarme. Il giorno dopo la riunione della Commissione Ambiente si dice deluso della discussione. “Cause, responsabilità, che fare… non è saltato fuori nulla di chiaro e di preciso. La solita fuffa. I vari enti coinvolti hanno parlato per un’ora e mezza per dirci che sono stati bravi e che hanno fatto tutto quello che c’era da fare. E però la crisi c’è stata. Sono morti migliaia di uccelli. E sono stato io il 2 ottobre a capire che qualcosa non andava, a dare l’allarme, chiamando la guardia comunale Davide Tabanelli e andando insieme a lui nella valle per scoprire che era in atto una crisi da botulino che provocava la moria degli uccelli.”

“La catena delle responsabilità non è stata ricostruita. Tutti hanno ragione e nessuno ha torto – continua Mariani – e però se dopo avere fatto analizzare quei 7 esemplari morti a inizio settembre qualcuno si fosse mosso si sarebbe evitata la strage, forse. In ogni caso bisognerebbe che questa cosa venisse discussa anche in Consiglio comunale e che finisse con un voto, per capire chi vuole cosa e chi no. Per esempio, per il futuro si parla di un nuovo sifone realizzato da Romagna Acque per immettere acqua nella valle. Io sono convinto che il sifone non sia la soluzione migliore. Ho già detto che per me bisognerebbe sbarrare il fiume Lamone a valle del sistema paludoso, per interrompere così la risalita del cuneo salino e creare un ulteriore bacino di accumulo di acque dolci disponibili; acquisire i diritti di presa delle acque del fiume Lamone dallo sbarramento del Carrarino; dato che la presa delle acque del Reno accanto allo scarico della palude non ne permette alcun deflusso, realizzare per la Valle della Canna una presa d’acqua dal fiume Lamone, alla pari di quella attuale che alimenta Punte Alberete sull’argine destro. La soluzione da preferire potrebbe essere, secondo alcuni, la costruzione della presa sull’argine sinistro, a monte dello sbarramento del Carrarino, con la quale, tramite la savanella o un tubo, la valle verrebbe alimentata dall’angolo sud/ovest, in perfetta contrapposizione con lo scarico verso lo scolo Rivalone: per mantenere stabile il livello dell’invaso in caso di flussaggio o di forti eventi meteo, basterebbe costruire un semplice stramazzo regolabile, che assorbirebbe in automatico tutte le variazioni della quota idrica. Questa la soluzione ottimale che certo ha dei costi: ma Regione, Parco e Comune se si mettono insieme possono fare ciò che va fatto. Ad ogni modo, ottimale o no, occorre comunque trovare una soluzione tale da consentire che la valle abbia sempre l’acqua che serve e quando serve.”

Alvaro Ancisi comunica infine di avere ricevuto una lettera di Arpae, tramite Alberto Rebucci che ieri non era presente alla Commissione, in cui si ipotizza una soluzione allo studio proprio sul tema di due procedimenti relativi a richieste di vettoriamento di acqua del fiume Po in Lamone e in Reno, in favore della Valle della Canna.

“Gentilissimo Presidente della Commissione Ambiente del Comune di Ravenna, voglio innanzitutto ringraziarla per il cortese invito per l’ audizione in commissione del 14/11/2018.  – recita la lettera – Purtroppo per impegni di Arpae difficlmente potrò essere personalmente presente alla riunione della commissione che peraltro tratta un tema di grande attualità e interesse. Al fine di dare un modesto contributo le invio per la commissione una breve nota predisposta dalla Dott. Donatella Bandoli di Arpae Direzione Tecnica di Bologna che segue la procedura relativa alle richieste di vettoriamento di acqua dal fiume Po in Lamone presentate da Romagna Acque e dal Consorzio Emiliano-Romagnaolo: La conclusione di tale procedimento, previsto entro la fine del 2019 dovrebbe assicurare un apporto significativo di acqua nelle zone naturali della Valle Mandriole fin dal 2020 con costi di fatto a carico della RER con il sistema della compensazione rispetto ai canoni di concessione: “La struttura competente di Arpae sta istruendo due procedimenti relativi a richieste di vettoriamento di acqua del fiume Po in Lamone e in Reno, presentate dal Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo e da Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A. Il CER intende assicurarsi la possibilità di approvvigionare Ravenna Servizi Industriali e i propri utenti irrigui, mentre Romagna Acque – Società delle Fonti S.p.A. deve assicurare la fornitura per il potabilizzatore NIP 1 di Ravenna. Al termine del vettoriamento in Reno e in Lamone la risorsa viene immessa nella Canaletta Anic (nel secondo caso non direttamente ma attraverso altre opere di canalizzazione), sulla quale insiste l’unica opera di presa che attualmente alimenta la Valle della Canna. Nell’ambito dell’istruttoria, il cui termine è previsto entro l’anno, si sta valutando favorevolmente la possibilità di compensare quanto dovuto alla Regione per l’occupazione degli alvei con il rilascio di una quota dell’acqua vettoriata a favore della Valle della Canna e delle altre zone umide del Ravennate”.