Legambiente Faenza: mobilità sostenibile penalizzata da mancanza di progettazione consapevole

Per il Circolo Legambiente Lamone Faenza “L’improvvisa apparizione dei cosiddetti dissuasori, in Corso Marconi e nel percorso promiscuo pedonale e ciclabile per Borgo Tuliero, ha sollevato polemiche e riaperto, seppure in modo confuso, un minimo dibattito sulla mobilità a Faenza. Consideriamo corrette le critiche rivolte al posizionamento dei dissuasori e, anzi, crediamo che invece che dimostrarsi strumenti di sicurezza potrebbero addirittura accentuare la pericolosità degli incroci. Tuttavia, tra le novità di recente introdotte nel mondo della ciclabilità a Faenza, ve ne è un’altra che, a nostro parere, è stata sottaciuta o non adeguatamente divulgata: ci riferiamo alla programmata ciclabile sul cavalcavia autostradale di Via Granarolo. Progettata, con un importo di progetto pari a 150.000 euro, come pista ciclopedonale di collegamento e definita nel progetto «Ciclabile “Naviglio” Via Granarolo», cioè pensata per dare continuità al percorso promiscuo che collega Faenza con Granarolo, è stata ridimensionata ad una pista solo pedonale (vedi documentazione sul sito di Legambiente)”.

“Quali le ragioni? A chi imputare la decisione? – domandano da Legambiente. – In un lungo tratto centrale la larghezza della pista supera di poco il metro, quindi ampiamente al di sotto dei limiti stabiliti dalle normative: se questa fosse la ragione, come è stato possibile non tenerne conto in fase di progettazione? E se si sapeva da subito che quella non sarebbe potuta essere se non una pista pedonale, perché definirla “attraversamento A14 pista ciclopedonale di collegamento”? Dunque, nessun “collegamento”, bensì l’ennesima interruzione della continuità di una pista promiscua. E nessuna novità, essendo l’interruzione continua delle piste promiscue una caratteristica applicata con cura in ogni dove a Faenza. Eppure, nel Decreto Ministeriale n. 557, recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili, il comma b dell’articolo 2 non lascia spazio a dubbi: “puntare all’attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell’itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull’origine e la destinazione dell’utenza ciclistica”.

“Esattamente l’opposto di quanto attuato a Faenza – lamentano da Legambiente – : frammentazione, piste iniziate per terminare dopo poche centinaia di metri, assenza di assi cittadini di attraversamento continui, ripetute interruzioni alle intersezioni, prevalenza quasi totale di piste promiscue pedonali e ciclabili, impossibilità di muoversi in bicicletta sulla piste realizzate nei parchi, ecc. In definitiva, una mobilità sostenibile che a Faenza è penalizzata, purtroppo, dalla mancanza di una progettazione consapevole; come abbiamo dimostrato durante il convegno sulla ciclabilità a Faenza organizzato con Fiab lo scorso ottobre, e i cui risultati possono essere verificati nel sito di Legambiente (https://www.legambientefaenza.it/mobilita/ciclabili-a-faenza/2019/11/in-bici-per-faenza-2/). Di recente il Ministero dell’Ambiente, di concerto con gli Enti locali, ha stanziato 164 milioni di euro approvando interventi sulla mobilità sostenibile in 81 comuni. L’Unione dei Comuni della Romagna Faentina potrà accedere ai finanziamenti. Quale l’ammontare? Quali i progetti? Quale l’idea di base raccordante ogni singolo intervento? Quale l’idea di una differente mobilità a Faenza per il futuro? Previste forme di partecipazione attiva dei cittadini, o delle organizzazioni, alla stesura dei progetti? A queste domande dovrebbe rispondere la bozza definitiva del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) – che aspettiamo da tempo – e che dovrebbe essere discussa con tutte le componenti della comunità, per arrivare ad un piano organico per la mobilità sostenibile. Agli antipodi di interventi a spot, peraltro contraddittori e non efficaci, come quelli denunciati”