Paolo Tarlazzi (Direttore Sanitario): Ospedale di Ravenna sotto stress, ma regge l’impatto, grazie al grande lavoro di tutti

“La situazione Coronavirus è stabile nella sua gravità e noi continuiamo a essere sotto pressione. Fare previsioni non si può, sarebbe affrettato e azzardato; – commenta il Direttore Sanitario dell’Ospedale di Ravenna dottor Paolo Tarlazzi alle ore 14 di oggi lunedì 23 marzo – i 74 casi positivi di sabato e i 22 di ieri, domenica, non vogliono dire molto in realtà in fatto di tendenze. Posso dire che l’unico vero picco preoccupante noi l’abbiamo avuto mercoledì 18 marzo, poi nei giorni successivi, per la nostra struttura, siamo tornati a un impatto nella normalità, se così possiamo chiamarla. Come sa, è la normalità di uno stato di stress permanente, in cui tutto il nostro Ospedale è stato riorganizzato per fare fronte all’emergenza e in cui tutto il personale – a partire da chi opera al Pronto Soccorso e in Chirurgia d’urgenza per arrivare a chi sta in Terapia intensiva o in Pneumologia – sta facendo un grandissimo lavoro. Medici e infermieri e tutti i dipendenti vanno assolutamente encomiati per questo sforzo.”

Quante persone sono direttamente impegnate nel contrasto al Coronavirus dentro l’Ospedale?

“Fra i 50 e i 60 medici e circa 200 infermieri.”

Cosa possiamo dire sui dispositivi di sicurezza? Ci sono o scarseggiano?

“Premesso che la situazione è difficile in tutta Italia e potrei aggiungere in tutto il mondo, posso dire che dentro l’Ausl Romagna stiamo facendo un buon lavoro. Non abbiamo grandi scorte, questo no, ma stiamo facendo fronte alle esigenze. Al momento non abbiamo criticità. Certo tutti vorrebbero essere protetti al 100% e anche più di quello che dicono i protocolli. È comprensibile in questa fase. Ma io mi sento di dire che a Ravenna la situazione è sotto controllo.”

Quanti casi di positività sono stati riscontrati finora nell’Ospedale di Ravenna fra medici e infermieri?

“Pochi casi. Direi meno di 5. Quasi tutte queste positività sono state contratte fuori della struttura. E per tutti i casi sono scattati i dispositivi di isolamento e di quarantena.”

A differenza di altre situazioni, per esempio in Lombardia, l’Ospedale di Ravenna non è diventato un focolaio di infezione.

“Ecco, questa cosa è molto importante. No, fino ad ora non lo è stato. Incrociamo le dita. Perché le strutture ospedaliere ovviamente sono a rischio. Non lo è stato perché noi abbiamo sempre cercato di curare con la massima attenzione tutte le fasi del nostro lavoro, puntando sulla concentrazione, sulla scrupolosità delle mansioni, sulla precisione delle procedure, sul rispetto dei protocolli per garantire la sicurezza del personale e dei pazienti.”

Attualmente quanti sono i pazienti ricoverati a Ravenna Covid-19 positivi?

“Sono 93.”

E quanti in terapia intensiva?

“Dieci a Ravenna e quattro a Lugo, in questo preciso momento.”

Questo è un dato confortante.

“Sì, perché la terapia intensiva è una fase di cura particolarmente impegnativa, intensiva appunto e invasiva. I pazienti ricoverati in pneumologia, per esempio, non sono intubati, ma solo ventilati: l’intensità dell’intervento in questo caso è medio-alta e l’invasività inferiore.”

Il fatto che Ravenna abbia pochi malati in Terapia intensiva può voler dire che a breve saremo noi di supporto ad altre province che sono in grave crisi?

“Lo abbiamo già fatto all’inizio, con Piacenza. Al momento non mi risulta che questo sia stato richiesto a Ravenna dalla Regione. A noi chiedono di non gravare su altri. In ogni caso, se nell’ambito dell’Ausl Romagna dovesse esserci bisogno di dare una mano, per esempio agli amici di Rimini, noi ovviamente siamo a disposizione.”