Test sierologici. UILFPL: i dipendenti dell’Ausl Romagna ancora in attesa

Negli ultimi giorni sugli organi di stampa è stata data un’ampia diffusione dell’avvio dello screening di massa a tutto il personale sanitario dell’Ausl della Romagna e delle Strutture per anziani tramite test sierologici, come da indicazione della Regione e più volte richiesto sin dagli inizi di marzo dalla UILFPL, al fine di ricercare e isolare eventuali focolai di contagio e rendere nei fatti operativo il contenuto del protocollo “Sicurezza e Prevenzione” firmato dalle organizzazioni sindacali e il ministro della Salute Roberto Speranza.

“Appare ormai evidente a tutti che, oltre alla fornitura di tutti gli idonei DPI necessari, per superare l’attuale epidemia e per la sicurezza di tutti i cittadini, non ci si possa limitare alla fase di lockdown ma sia fondamentale il controllo del personale che lavora nelle strutture ospedaliere, territoriali e RSA, a contatto con pazienti infetti da Covid19 o sospetti tali e con pazienti più fragili” commenta dalla UILFPL Ravenna.

“Apprezziamo le buone intenzioni espresse dall’Assessore Regionale alla Sanità Raffaele Donini di estendere i test sierologici anche alle famiglie, ma costatiamo che a tutt’oggi molti operatori sanitari della provincia di Ravenna non sono stati ancora sottoposti a nessun test nonostante già da tempo la UILFPL abbia richiesto all’Ausl il calendario programmatorio dello screening del personale dipendente per monitorarne con chiarezza i tempi di esecuzione perché, come suggerisce la Regione, esso andrebbe ripetuto ogni 15/20 giorni per avere una reale efficacia – prosegue la nota inviata dalla UILFPL – .”Gli operatori, solo della sanità, in Provincia di Ravenna sono oltre 5000 a cui se ne aggiungono molti altri si servizi appaltati quali ad esempio i trasporti o le pulizie. Al momento sembra siano stati sottoposti a test circa 1200 dipendenti e sia arrivata una ulteriore fornitura di 1500 kit, ci sembra quindi di poter dire che siamo lontani dalla conclusione del primo giro di screening, ragionevolmente molto distanti dalla conclusione del secondo pur essendo ormai evidente che una delle misure di maggiore prevenzione riguarda la garanzia che chi lavora negli ospedali o nelle strutture per anziani, compresi tutti coloro che ad esempio effettuano le pulizie, non siano inconsapevolmente fonte di trasmissione del contagio.

Dal sindacato di Via Le Corbusier auspicano pertanto che “nell’interesse di tutta la collettività la priorità nell’effettuazione dei test sia rivolta a chi è chiamato a lavorare in prima linea nella delicatissima lotta al contenimento epidemiologico o si occupa di pazienti più fragili o per diverse attività lavora nei contesti ospedalieri e socio sanitari”.

 

Commenti

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  1. Scritto da un cittadino

    Mi sembra che il problema sia a monte…..non solo mancano le forniture dei kit ma forse è da indagare a fondo se ci sono difficoltà di dotazione di reagenti e di personale nei laboratori che fanno il test…..se andiamo avanti così come si pensa di poter aprire una fase 2? senza avere gli strumenti? i cittadini hanno il diritto di capire se ci sono i mezzi atti a fronteggiare una seconda emergenza o corriamo grossi rischi….