Ripartenza scolastica, responsabile. Paola Bianchi (centro Liberamente Ravenna): “Fondamentali spirito di solidarietà, collaborazione e sostegno”

Tra i temi del giorno, se non IL tema del giorno nel mese di settembre troviamo la riapertura delle scuole fissata al 14, in un clima di assoluta incertezza e dalle venature sperimentali, essendo molte le incognite da affrontare per tutti gli ‘attori’ chiamati in causa. A preoccupare maggiormente i cittadini sembrano essere le condizioni piuttosto che la fase di riapertura, dal momento che le indicazioni e le informazioni sin ora divulgate a livello nazionale e regionale su come comportarsi paiono spesso fumose o fin troppo interpretabili. Dissenso, confusione e ansia sono tra i principali stati emotivi provati dalle persone, molte delle quali già fortemente stressate dai mesi di lockdown e dai mesi estivi. In questi ultimi, comportamenti iper responsabili si sono alternati ad altri più lassisti, contribuendo alla generazione di una fase assolutamente interlocutoria. Tra le categorie più fragili nella fase di ripartenza scolastica troviamo sicuramente i bambini, verso i quali sarà fondamentale trovare formule adeguate tenendo presente che hanno bisogni e caratteristiche diverse, oltre alle eventuali difficoltà certificate. Con la responsabile del centro Liberamente, Paola Bianchi, abbiamo affrontato diversi temi che hanno come comune denominatore le risposte psicologiche delle persone alla pandemia Covid-19, spendendo parole anche sulla ripartenza scolastica e sull’importanza di condividere determinati comportamenti nei confronti di sè stessi e degli altri.

L’intervista

Il post lockdown ha visto molte persone recuperare gli spazi temporaneamente preclusi. Diversi e talvolta contrastanti i comportamenti registrati in società e nella vita quotidiana. Lei che impressione ha avuto?

“Con la riapertura si è assistito ad una prima fase di comportamenti in generale di cautela che con il tempo hanno lasciato spazio ad altri meno rigidi. Una differenza l’ho notata a seconda delle fasce d’età: i giovani in generale meno scrupolosi mentre gli anziani molto di più.
La stagione estiva permette di stare piacevolmente all’aria aperta per cui con l’andare del tempo e le notizie rassicuranti sul fronte dei contagi ci si è permessi qualche libertà in più”.

Il lockdown ha lasciato dei segni evidenti nella vita di migliaia di persone, anche e soprattutto a livello psicologico. Nella sua vasta esperienza, quali fenomeni l’hanno colpita di più e perché?

“Come ho detto in altre occasioni questa situazione di pandemia nel nostro secolo è una situazione straordinaria, imprevista, dove almeno nei primi mesi non c’erano studi e conoscenze approfondite. L’Istituto Superiore di Sanità sostiene che l’isolamento, la paura, l’incertezza, le turbolenze economiche, sono elementi che causano sofferenze psicologiche; pertanto non sorprende che tale evento abbia avuto un impatto traumatico e molte persone abbiano sviluppato maggiormente segnali tipici del DPTS disturbo post traumatico da stress, come agitazione,
insonnia, ansia generalizzata. Quello che più mi ha colpito sono state invece le reazioni di risposta negazioniste il “come se nulla fosse” o complottiste, che si traducono in atteggiamenti di noncuranza e insolenza nei confronti dell’altro. Se anche fossimo convinti che questo virus non sia così pericoloso dobbiamo a mio avviso saper gestire emotivamente e cognitivamente la realtà, accettando di convivere con questa situazione da adulti e non da figli deprivati non sentenziando giudizi e verità precostituite come spesso accade”.

Fenomeno incomprensibile che scatena meccanismi di difesa?

“Dal punto di vista psicologico quando ci troviamo di fronte ad un fenomeno incomprensibile e ingestibile e che supera le nostre normali capacità di controllo ci sentiamo spesso impotenti e passivi così la nostra mente cerca di controllare il tutto cercando di rappresentarsi il fenomeno in modo chiaro e prevedibile. Come spiega benissimo il mio collega Luca Pezzullo nel suo articolo Caos, Cosmos e Psicologia del Complotto Pandemico “la nostra mente preferisce costruirsi unarappresentazione paranoica ma semplice della realtà, rispetto all’impossibilità di potersela rappresentare del tutto perchè troppo complessa e angosciosa. Così accade che un pericolo come il Covid19 poco gestibile e poco prevedibile possa essere attribuito con certezza rassicurante e in modo linearmente causale ad uno specifico responsabile, possibilmente umano”. Comprendo che si tenda a semplificare nella complessità in cui siamo immersi, ma non è possibile quasi mai. Quindi dobbiamo imparare a dialogare con il reale e trovare vie di negoziazione. A me dà più sicurezza ad esempio accettare la complessità del mondo, consapevole che non sarò mai in grado di avere un pensiero completo. Faccio mio il pensiero di Adorno “la totalità è la non verità “. Insomma sapere di non sapere. Personalmente nella vita quotidiana non cerco mai di convincere nessuno della bontà dei miei pensieri ma almeno di fare capire perché vi aderisco. Dopodiché sono un’accanita sostenitrice della libertà individuale, di pensiero, di vita e delle conseguenti responsabilità soggettive”.

Il Covid-19, inteso come fenomeno, che cosa ha significato e significa nella maggior parte dei casi per le persone?

“Nemico, minaccia, sfida, guerra: queste sono state le parole più utilizzate per descrivere la pandemia nei mesi scorsi. Qualcosa da cui difenderci sicuramente e da combattere, che ci ha tolto libertà, sicurezza, benessere. Su queste pagine avevo riflettuto circa la possibilità che ci avesse anche offerto un’occasione per migliorare e iniziare un cambiamento di paradigmi in ambito sociale, politico ed ecologico a mio
avviso necessario e prioritario, ma temo di essermi sbagliata”.

La crisi finanziaria aggravata dalla quarantena quanto e come sta incidendo sulla salute mentale dei pazienti?

“Molto. Quelli che credevamo diritti consolidati come quello alla vita e al reddito sono stati minacciati prepotentemente. Questa è la peggior crisi economica degli ultimi settant’anni. La disparità fra ricchezza e povertà sta inevitabilmente aumentando e questo incide anche sulla salute fisica e mentale dei cittadini.
Fasce povere e svantaggiate hanno meno risorse per occuparsi della loro salute in termini di prevenzione e cura e il rischio di cadere nella spirale di rischio malattia fisica o mentale è maggiore. Una ricerca sul Lancet 2017 evidenziava che “contare solo su uno stipendio molto basso può rivelarsi letale quanto fumare, avere il diabete o condurre una vita sedentaria. Perché? perché non ci permette di scegliere davvero il nostro stile di vita”. Vero ieri come oggi”.

Tanti casi di depressione e sfortunatamente anche di suicidio durante il lockdown. Questi dati drammatici ed allarmanti non dovrebbero far riflettere maggiormente su dove e come possiamo cambiare la nostra società?

“Il Sole 24 ore riporta uno studio della Link Campus University di Roma dove si segnala che tra il 2012 e il 2018 quasi mille suicidi erano legati a motivazioni economiche. Nei primi anni si trattava prevalentemente di imprenditori, poi soprattutto di disoccupati. Quest’anno l’Osservatorio suicidi per motivazioni economiche della Link Campus riporta 42 decessi, di cui 25 nelle settimane del lockdown forzato e 16 nel solo mese di aprile, ai quali si aggiungono 36 tentati suicidi, 21 dei quali nelle settimane di isolamento forzato. Certamente sono dati che
dovrebbero far riflettere, come tanti altri che incombono su di noi come l’inquinamento, la povertà in aumento, le guerre, le oppressioni.
Ma non vedo molta prospettiva in tal senso: si argina il danno immediato, si attendono sovvenzioni e finanziamenti, si lavora sull’emergenza senza programmazione e una visione sul futuro.
Mi unisco al pensiero di C.G.Jung “ Io non parlo alle nazioni, io mi rivolgo solo a pochi uomini. Se le cose grandi vanno male, è solo perché i
singoli individui vanno male, perché io stesso vado male…È fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui.» (dal libro – Ricordi, Sogni, Riflessioni).
La società è composta da individui, il cambiamento parte da ognuno di noi”.

Quali i disturbi maggiori registrati durante il lockdown e quali invece nella fase post lockdown?

“Non possiamo parlare di disturbi sviluppati in una fase così breve come quella della chiusura ma di problematiche che si sono amplificate questo sì. Le persone con un disturbo d’ansia molto verosimilmente hanno sviluppato attacchi di panico come infatti abbiamo notato nella fase seguente e attuale.
Molte richieste di aiuto riguardano problematiche legate all’ansia, somatizzazioni, deliri persecutori in alcuni casi, dipendenza da sostanze. Molte coppie hanno visto acuire difficoltà probabilmente preesistenti”.

Quali suggerimenti si sente di avanzare per scalfire l’odioso retaggio culturale che vede nelle malattie mentali una sorta di stigmate sociali? Non comprendere e affrontare i problemi non fa che aggravare gli stessi e anche tutti gli altri aspetti della nostra vita e di quella altrui, corretto?

“Esattamente. Il punto è che prima di parlare di malattie mentali si dovrebbe parlare di prevenzione e benessere psichico. In casi piuttosto rari si nasce con una malattia mentale. Come il corpo manifesta disturbi organici di varia intensità anche la mente può presentare disturbi nel suo funzionamento. E il disturbo se non affrontato e curato può aggravarsi in malattia mentale.
Ci si vergogna ad andare dal dentista per curare una carie? Mi sembra semplice come concetto. Per questo da vent’anni ho sempre promosso e sostenuto la cultura del benessere psichico inteso come prevenzione ed informazione organizzando momenti di incontro con la cittadinanza con l’intento di sfatare molti pregiudizi e preconcetti legati alla salute mentale”.

La riapertura delle scuole sarà un importante banco di prova per tutti. Dal punto di vista psicologico, quali sono i rischi o i benefici di questa importante decisione?

“Sono favorevole alla riapertura delle scuole ma assolutamente perplessa di come sia stata affrontata. C’erano tre mesi di tempo per valutare ed organizzare la riapertura, pochi ma non pochissimi per organizzare con informazioni chiare come riaprire. Ne deriva necessariamente un atteggiamento perplesso da parte di tutti gli attori coinvolti che non fa altro che aumentare dissenso, confusione, ansia. Si devono trovare
formule adeguate per i bambini tenendo presente che hanno bisogni e facoltà diverse a seconda della loro età per non parlare di quei bimbi che hanno difficoltà certificate.
E’ importante riabilitarli alla vita scolastica, alla relazione con i pari e con gli insegnanti, alla comunicazione salvaguardando tutte le forme di protezione dal contagio mantenendo il rispetto di sé e degli altri. Non credo che la punizione o un clima di diffidenza possa aiutarli minimamente. Ma sono gli adulti che devono fornire questo tipo di linguaggio. I bambini imparano spesso imitando gli adulti”.

Che consigli si sente di dare alle famiglie dei bambini e ai ragazzi che torneranno sui banchi?

“Più che consiglio il mio è un augurio di ritrovare quello spirito di solidarietà, collaborazione, sostegno che contraddistingue l’essere umano e di cui l’uomo dovrebbe farsi portatore in queste difficili circostanze di necessità”.