Flash mob di Goletta Verde contro il progetto di Eni di Cattura e Stoccaggio di CO2 al largo di Ravenna

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Sì al futuro, sì alle rinnovabili è il tema del flash mob di Goletta Verde di Legambiente che si è tenuto questa mattina sulla spiaggia libera di Porto Corsini, per ribadire che il futuro energetico del nostro paese non può passare per le fonti fossili, e che bisogna investire sulle rinnovabili a partire dall’eolico e dal fotovoltaico anche a mare, che deve essere liberato anche dalle piattaforme di estrazione di idrocarburi che deturpano da decenni il paesaggio costiero. “Nell’alto Adriatico infatti, a largo della costa dell’Emilia Romagna fino al confine con il Veneto e con il Parco del Delta del Po, ci sono 77 piattaforme che estraggono gas. Di queste ben 12 rientrano nell’elenco delle piattaforme da dismettere nei prossimi anni, secondo quanto previsto dal programma di decommissioning portato avanti nel corso degli ultimi anni. – si legge in una nota di Legambiente – Ad oggi abbiamo solo 5 piattaforme petrolifere offshore che hanno intrapreso ufficialmente la strada del decommissioning (smantellamento): ADA3, AZALEA A, PORTO CORSINI 73, ARMIDA 1 e REGINA 1 tutte a largo delle coste veneto romagnole. Il decommissioning offshore relativo al Distretto di Ravenna prevede un impegno economico di circa 150 milioni di euro in quattro anni con 33 pozzi da chiudere e 15 strutture da dismettere, che aspettano il rilascio delle necessarie autorizzazioni.”

Ma per Legambiente “non c’è solo il problema delle piattaforme da dismettere, ma anche il rischio della realizzazione dell’impianto di cattura e confinamento della CO2 nei fondali in alto Adriatico. PORTO CORSINI MARE è la concessione Eni che si trova al largo della costa ravennate e per la quale è stata chiesta, lo scorso 31 maggio, l’autorizzazione al Ministero della Transizione Ecologica per lo stoccaggio della CO2 nei giacimenti esauriti. L’idea è quella di catturare la CO2 direttamente dagli impianti industriali e di iniettarla all’interno di serbatoi naturali in profondità rimasti vuoti dopo l’estrazione di gas. Mentre tutto il mondo parla di obiettivi di decarbonizzazione e di come sviluppare urgentemente azioni di adattamento e di mitigazione alla crisi climatica, l’ENI continua a investire sulle fonti fossili e pensa di farsi pagare dall’Europa il discutibile progetto di confinamento geologico della CO2 nei fondali marini davanti alla costa di Ravenna.”

“Eni continua a sbagliare rotta – dichiara Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente – Chiediamo al governo di essere coerente con gli impegni sottoscritti a livello internazionale per fermare la crisi climatica. Non è più procrastinabile l’avvio di un piano di riconversione delle attività dell’azienda che punti realmente alla sostenibilità e alle rinnovabili, come sta avvenendo per altre grandi multinazionali del petrolio e del gas nel resto del mondo. Solo così si potranno garantire nuovi posti di lavoro, attraverso uno sviluppo sostenibile del territorio, che non si ripercuota sulla salute dei cittadini e delle cittadine.  Invece di spendere soldi pubblici su un incomprensibile progetto di CCS, queste risorse vanno investite in maniera decisa su impiantistica legata allo sviluppo delle rinnovabili come l’eolico e fotovoltaico offshore e l’idrogeno verde che va utilizzato solo dove è strettamente necessario. Il distretto ravennate, grazie a queste innovazioni tecnologiche, potrebbe riconvertire in pochi anni le sue attività finora fondate sull’estrazione degli idrocarburi. È questo il futuro di questo territorio”.

Eni è il principale dei 33 Nemici del Clima del settore energetico, cioè le aziende e le infrastrutture le cui attività contribuiscono in maniera drammatica al cambiamento climatico e all’inquinamento locale, che Legambiente ha censito nell’ambito della campagna Change Climate Change. Secondo Legambiente da una parte Eni si eleva a paladina del clima prodigandosi per la rimozione della CO2 emessa dalle proprie attività dannose, dall’altra va ad incrementare la produzione di idrocarburi rimandando la dismissione di quegli impianti non più produttivi che dovrebbero andare a smantellamento con relativa bonifica delle aree.

“Per noi transizione energetica significa uscire con decisione dall’uso delle fonti fossili, senza realizzare nessuna nuova infrastruttura per lo sfruttamento degli idrocarburi – dichiara Lorenzo Frattini, presidente Legambiente Emilia Romagna – Alla crisi economica del distretto industriale di Ravenna occorre rispondere con politiche utili al clima e al lavoro: investire da subito su eolico off shore, fotovoltaico, idrogeno verde, accumuli, interventi di efficientamento energetico, nei comparti produttivi, nel terziario, nelle abitazioni, nella mobilità. Di fronte alle nostre coste abbiamo ben due grandi progetti di rinnovabili che se realizzati diminuirebbero di molto le emissioni regionali e aiuterebbero a raggiungere entro il 2035 l’obiettivo del 100% di rinnovabili dichiarato dalla Giunta Bonaccini. Tra questi ci sono ipotesi molto innovative come la sperimentazione di fotovoltaico flottante, non ancora presente in Italia. Anche la dismissione delle piattaforme è un’attività che impegnerebbe per diversi anni il know how delle imprese del settore, ma che purtroppo stenta a partire.”

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Commenti

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  1. Scritto da Ermes

    Anche se, non esperto del settore, ritengo che un buco vuoto sottoterra sia più pericoloso di un buco pieno, e che anche il più giovane dei nostri figli capirebbe che la quantità di Anidride Carbonica “infilata” nei buchi vuoti verrebbe sottratta all’atmosfera, con i benefici che perfino io riuscirei a comprendere.
    Non si potrebbe effettuare l’operazione sopra descritta, prima del famigerato “decommissioning” che dovrà, comunque essere effettuato?
    Tutti noi comprendiamo che sia indispensabile svincolarci dai combustibili fossili
    ma io ritengo che questo..”incomprensibile progetto di CCS” possa essere precursore ad un serio studio di Decarbonizzazione del pianeta; a meno che non sia un “NO” a prescindere!!
    Eravamo molto più giovani quando si iniziò a parlare di Eolico, Fotovoltaico, Idrogeno…ma, ancora oggi, a livello Nazionale, non siamo certamente tra i primi, se non a parole.

  2. Scritto da cromwell

    Ma Legambiente ha degli interessi nel pompare le fonti intermittenti come l’eolico, che distruggono il paesaggio e i cui incentivi vengono pagati dai cittadini in bolletta? Dare una letta a quel che scrive Salvatore Settis, non un pericoloso reazionario,sulla Stampa.