Inverno 2024 non pervenuto. Il meteorologo Randi: “L’aumento della temperatura comporta una maggiore frequenza di eventi estremi”

Primavera anticipata o inverno non pervenuto? Quest’anno a gennaio le forsizie gialle erano già in fiore. Nei giardini i giacinti già profumano. Le temperature di questa metà febbraio sono quelle che dovremmo aspettarci nella terza decade di marzo. È come se fossimo già in primavera.

“Dall’inizio dell’inverno le temperature sono state sempre superiori alla media stagionale. Dicembre 2023 è stato il più caldo, da quando esistono le rilevazioni, con anomalie di 3,5 gradi. A gennaio 2024 l’anomalia è stata di 2,2 gradi – spiega il meteorologo alfonsinese Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), uno dei più autorevoli esperti climatici della nostra regione -. Se consideriamo che in questa prima metà del mese di febbraio viaggiamo su un’anomalia sopra i 2 gradi è chiaro che possiamo considerare questo inverno come uno dei più miti in assoluto (a meno che nei prossimi giorni non vi siano ondate fredde, al momento non previste).

Randi prosegue: “Nell’inverno 2023/24 abbiamo avuto solo qualche settimana fredda, a fine gennaio, ma senza temperature realmente basse, solo qualche gelata notturna, più che normale per il periodo. Inoltre, l’inverno meteorologico ( non l’inverno astronomico ndr.) termina il 29 febbraio ed è raro che a marzo si verifichino dei ritorni di freddo particolarmente significativi. I modelli numerici non indicano variazioni significative nei prossimi 6 o 7 giorni e a quel punto saremo oramai, calendario alla mano, a fine febbraio.

Il nostro clima non è più quello del passato. “L’ultimo inverno freddo in Romagna è stato quello a cavallo del 2012 e del 2013. Non fu gelido ma più freddo della norma – ricorda il meteorologo -. Quindi dopo 10 inverni miti, non si può più parlare di casualità ma di una tendenza netta che interessa anche le altre stagioni. Se dovessimo fare un paragone, potremmo dire che le stagioni dell’Emilia Romagna somigliano sempre di più a quelle dell’Italia centro-meridionale degli anni ’90, con il clima estivo della Puglia degli anni ’80”.

Ovviamente il cambiamento climatico ha delle ripercussioni dirette. “Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: pensiamo al turismo invernale sull’Appennino, che quest’anno non ha praticamente avuto la neve. Pensiamo all’agricoltura, uno dei settori che soffre di più” prosegue Randi, spiegando che “le piante da frutto hanno necessità di una prolungata esposizione al freddo, cioè la vernalizzazione, e se questa viene a mancare si hanno delle fioriture anticipate e spesso non abbondanti. Inoltre le fioriture anticipate pongono la pianta ad un maggior rischio in caso di gelate, che a volte si verificano a marzo o aprile. Un’altra conseguenza sono i parassiti, come zanzare, cimici asiatiche e cavallette. Inoltre le temperature più alte comportano anche dei rischi sanitari: pensiamo alla comparsa di virus tropicali che in estate trova condizioni favorevoli per proliferare anche qui nei nostri territori. Tutto questo è causato dall’eccesso di gas serra nell’atmosfera”.

Sulle conseguenze del cambiamento climatico Randi spiega: “L’aumento della temperatura comporta una maggiore frequenza di eventi estremi, cioè eventi che oltre a essere intensi sono considerati rari. Come tutti sanno, nel 2023, in Romagna abbiamo avuto due “eventi estremi”: l’alluvione con l’esondazione di 24 fiumi in 24 ore, a causa della quantità di pioggia caduta in poche ore ( terza peggior catastrofe mondiale del 2023 dopo terremoto in Turchia e una grave siccità in Sud America) e pochi mesi dopo, a luglio, un tornato ha colpito la Bassa Romagna, registrato come il più violento verificatosi in Italia dal 2015 ad oggi”.

L’esperto climatico sottolinea: “All’aumento della temperatura media corrisponde un aumento di frequenza degli eventi estremi: pioggia, temporali o siccità. Il problema è che il territorio romagnolo è stato concepito e modellato per il clima del passato, quindi è necessario adattare il territorio a clima nuovo”.

Quindi che fare? “È necessario adattare il territorio ma questo spetta ai decisori politici, considerando comunque che non è possibile pensare ad un continuo e infinito riadattamento – prosegue -. Bisogna limitare l’aumento della temperatura a 1,5 massimo 2 gradi, ma fino a che i grandi Paesi inquinatori, Cina, Stati Uniti e India,  non si muoveranno realmente in questa direzione, sarà difficile avviare un’azione globale. I grandi tavoli mondiali, dove si parla di ambiente, hanno raggiunto finora ben pochi risultati”.

I metereologo conclude spiegando che la rivista scientifica “Nature” ha analizzato i “colpi di frusta delle precipitazioni”, cioè l’alternanza tra lunghi periodi secchi e periodi molto piovosi. “Nel 2023 a maggio abbiamo avuto l’alluvione ma prima e dopo è piovuto pochissimo. Questo studio paventa l’eventualità che queste alternanze possano raddoppiare nei prossimi anni, in particolari modo sull’area del Mediterraneo”.

Commenti

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  1. Scritto da aerosol

    Quindi abbiamo emesso meno Co2 nell’aria usando meno riscaldamento. Giusto?