Terrorismo a Parigi: ne parliamo con Boris Manenti giornalista de Le Nouvel Observateur

Tutti conoscono qualcuno che è stato ferito o ucciso. Per ora, sento una sorta di unità dietro al Governo. Critiche contro Hollande e Valls arrivano solo dall'estrema destra. Ma criticare è una caratteristica francese. Quindi, questo vuol dire che Parigi è nuovamente viva...

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Le conseguenze degli attacchi terroristici a Parigi non si sono fatte attendere e puntuali sono arrivati i bombardamenti sulle roccaforti dell’Isis tra Siria e Iraq. Intanto, la capitale francese cerca di tornare alla normalità, con scuole, musei, stazioni della metropolitana aperte. Per capire come vive un francese questa situazione, abbiamo fatto alcune domande a Boris Manenti, giornalista de Le Nouvel Observateur e insegnante all’Institut Européen de Journalisme.

Sono iniziati bombardamenti francesi su Raqqa. In Francia ve lo aspettavate? Dal tuo osservatorio, i cittadini ti sembrano approvare?

Il bombardamento è iniziato prima degli attacchi a Parigi. Era prevedibile che continuassero e si intensificassero. Penso che la Francia ora si senta vulnerabile, davanti alla violenza degli attacchi nel cuore di Parigi e Saint-Denis. Il nostro presidente parla di “guerra” ma i francesi non capiscono questo nemico, Daech/Isis, che non ha un volto. Quindi, in generale, la gente qui vuole che Daech sia distrutto. Ma bombardare sarà sufficiente? Non ne sono sicuro. Alcuni miei colleghi scommettono su una guerra di terra, con soldati sul campo, in Siria e Iraq.

Come è cambiata la vita a Parigi dalla sera degli attentati?

La notte degli attacchi c’era un clima di terrore. Primo, nessuno capiva niente. Abbiamo ricevuto un allerta sui cellulari a proposito di esplosioni allo stadio e alcuni amici scrivevano su Facebook di sparatorie nelle strade. Le persone hanno cominciato a correre nelle strade (vivo a pochi isolati da una delle zone colpite). Poi abbiamo sentito degli ostaggi presi al Bataclan. E allora abbiamo capito: Parigi era sotto l’attacco dei terroristi. Tutti scrivevano messaggi (“dove sei?” “stai bene?”) per avere notizie delle persone amate. Tutti i parigini conoscono almeno qualcuno che è morto. I luoghi elencati come bersagli sono luoghi dove di solito vanno i giovani, per una passeggiata, bere qualcosa, o ascoltare un concerto. L’atmosfera la notte tra venerdì e sabato era pesante. Oltra alle sirene e agli spari, c’era un silenzio di morte. Tutti guardavano Twitter, Facebook, la TV… Un clima intenso. Il giorno dopo sono andato a lavorare presto. Per la strada non c’era nessuno. Molte stazioni della metropolitana erano chiuse. I pochi che ho incrociato procedevano veloci, senza prestare attenzione agli altri. Parigi era morta.

Tu Boris, come cittadino e come giornalista, pensi di cambiare le tue abitudini e il tuo stile di vita anche in base allo stato di emergenza decretato dal Governo che si aspetta altri attentati (come ha dichiarato il primo ministro)?

Per ora, lo stato di emergenza è solo per i controlli ai confini e altre piccole cose, poco importanti (per esempio il divieto di droni e fuochi d’artificio). Non c’è coprifuoco. Perciò, no, non credo di cambiare le mie abitudini. Ma sì, le notti che hanno seguito gli attacchi ho annullato le mie uscite e ho preferito invitare gli amici a casa piuttosto che andare al ristorante. Penso che starò più attento anche per strada. Si è diffusa un po’ di paranoia. La scorsa notte, dove le persone si erano radunate, ci sono state varie situazioni di spavento alla minima esplosione (una lampadina esplosa, petardi…). Questo indica che la gente ha paura.

Esiste, secondo te, il pericolo di una deriva razzista? Il pericolo di confondere i musulmani con i terroristi?

C’è sempre il pericolo della confusione. Ci sono – e ci saranno sempre – persone che legano l’Islam al terrorismo. Ma sono una manciata di idioti. L’estrema destra in Francia si fa sentire. Tuttavia, i francesi non la pensano così. E questo è vero specialmente a Parigi, dove l’estrema destra ha preso pochi voti nelle ultime elezioni: la Francia considera i Parigini “bien-pensants, bourgeois-bohème”. Dopo Charlie Hebdo, c’è stato qualche rigurgito razzista ma la Francia non è caduta nell’estremismo. Sta ai politici fare attenzione a quel che dicono. Spero lo faranno, ma tu conosci i politici…

Conosci francesi di fede musulmana? Come vivono questa situazione?

I musulmani che conosco non percepiscono alcun aumento di comportamenti razzisti dopo gli attacchi.

All’indomani degli attentati a Parigi in qualche caso si è ipotizzato che una strage simile poteva essere evitata? Sei d’accordo?

È sempre facile dire che qualcosa poteva essere evitato dopo che è successo. Dirlo non riporta indietro nessuno. Se si tratta di responsabilità, allora quella è solo dei terroristi di Daech. Per il resto (il Bataclan, i servizi dell’intelligence europei, ecc) non sono sicuro che dire è un loro sbaglio sia una buona logica.

Come è il dibattito in Francia? Lo chiedo perché in Italia tutti sembrano avere una opinione, molti straparlano, persone che non sanno neanche il significato di geopolitica sono diventati improvvisamente strateghi. E questo sia tra i politici sia tra i cittadini comuni.

Naturalmente, in Francia sono tutti sotto shock. Tutti conoscono qualcuno che è stato ferito o ucciso. Quindi ognuno ha il suo parere. Al di là di ciò, per ora, sento una sorta di unità dietro al Governo. Critiche contro Francois Hollande e Manuel Valls arrivano solo dalla estrema destra. Penso che la Francia sia ancora sotto shock e stia vivendo il suo lutto. Dopo di che, chiunque può criticare politici, geopolitici, ecc. Ma criticare è una caratteristica francese. Quindi, questo vuol dire che Parigi è nuovamente viva.

A cura di Katia Vacchi

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