Granarolo, intitolazione della pista ciclopedonale a Francesco Gamberini e Bruno Ravagli

La cerimonia è programmata domani nell'ambito della 35^ edizione della Festa paesana di ambiente e caccia

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Domani – sabato 12 novembre – , alle 11, in via del Borgo a Granarolo Faentino, nell’ambito della trentacinquesima edizione della Festa paesana di Ambiente e Caccia, è programmata la cerimonia di intitolazione del percorso ciclopedonale lungo il canale Naviglio a Francesco Gamberini e Bruno Ravagli.

Francesco Gamberini e Bruno Ravagli furono i promotori, alla fine degli anni ottanta, del progetto di riqualificazione e valorizzazione del canale Naviglio Zanelli.

Francesco Gamberini, nato a Faenza il 6 marzo 1947, laureato in Scienze statistiche ed economiche, ricoprì a partire dagli anni ’70 vari incarichi come amministratore pubblico: prima al Consorzio Socio Sanitario, poi all’Azienda Sanitaria locale.
Fu inoltre assessore al bilancio del Comune di Faenza, poi consigliere comunale a partire dal 1980. Le sue doti umane hanno sempre caratterizzato la sua attività lavorativa di dirigente della Provincia di Ravenna, mentre come politico era dotato di grande passione civile, accompagnata da una straordinaria curiosità intellettuale.

Si adoperò per tenere alta la soglia della convivenza e la qualità della vita soprattutto a Granarolo, la frazione dove viveva, dalle questioni più piccole, come le singole attività commerciali o i servizi, a quelle strategiche come l’inquinamento e la ferrovia. Morì a Faenza l’8 maggio 1994.

Bruno Ravagli nasce il 6 gennaio 1934 a Granarolo Faentino. Inizia giovanissimo a praticare il pugliato e, a diciotto anni, vince i Campionati nazionali novizi. Nel 1955 fa parte della nazionale italiana che partecipa ai Campionati Europei. Dopo aver combattuto centotrentadue match da dilettante nel 1957 passa al professionismo. Vince ventiquattro match consecutivi, di cui quattordici per ko, divenendo il pugile di punta della Romagna. Per due volte sfiora il titolo di campione italiano.

Nel 1961 appende i guanti al chiodo, terminando la carriera professionistica con trentacinque match combattuti, di cui trentuno vinti, sette per ko, e quattro persi. Si dedica quindi all’insegnamento con ottimi risultati.
Ancora oggi a distanza di quindici anni dalla morte (2001) è uno dei personaggi più amati del pugilato romagnolo, per le sue doti di atleta quando combatteva, poi per le sue qualità di insegnante, sempre disponibile verso gli atleti più giovani.

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