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Luca Antonellini ex Capo Area dell’Autorità Portuale Ravenna: ora posso raccontarvi la mia verità

Andrea Maestri: "Io sto con Antonellini. Siamo pochi, ma anche il coraggio di pochi può salvare il mondo”

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Luca Antonellini – ravennate, 53 anni, ingegnere, laureato a Bologna, corsi post laurea alla Luiss e al Politecnico di Milano, curriculum professionale invidiabile, ex Capo Area Pianificazione e Sviluppo dell’Autorità Portuale di Ravenna, arrestato il 5 ottobre, ristretto ai domiciliari e licenziato dall’AP il 14 ottobre scorso – è un uomo libero o quasi. E vuole parlare. Ha l’obbligo di firma e questo gli impedisce, per esempio, di partecipare a un convegno in Australia, cui teneva molto (fra l’altro ci mostra un suo intervento, appena uscito, su una prestigiosa rivista internazionale sulla portualità industriale: è la prima volta che un ravennate è pubblicato su quelle pagine). 

 

Antonellini ha la possibilità ora di uscire e di parlare con chiunque, anche con i giornalisti, quando temeva invece di dovere rimanere ai domiciliari e con la “museruola” per altri 30-40 giorni. Infatti, ci chiama, vuole finalmente dire la sua verità, ricostruire a suo modo la vicenda che lo ha visto al centro. Concordiamo di fare un’intervista a tre, insieme all’avvocato Andrea Maestri, deputato ravennate di Possibile, che ha preso a cuore e seguito la vicenda. Dopo questa intervista siamo certi che qualcosa si muoverà e noi stessi siamo interessati ad ascoltare anche le altre campane e a raccontare le altre verità. Ma intanto quella di Antonellini doveva essere ascoltata e raccontata.

 

A fine gennaio Antonellini sarà processato per evasione, perché è uscito imprudentemente di casa durante gli arresti domiciliari per recarsi all’ospedale per una visita dermatologica. Credeva di essere libero, ma per ragioni burocratiche sembra non lo fosse. In sede processuale sarà chiarita anche questa circostanza. Nel frattempo è stato sottoposto a perizia psichiatrica. Il PM vuole sapere se, nella vicenda che lo ha visto protagonista e in stato di accusa, lui si trovasse in possesso delle sue piene facoltà, o invece non fosse diventato matto, impazzito, come lascerebbero intendere appunto certe accuse.

 

Dopo averlo incontrato e avere parlato con lui per un’ora e mezza, insieme all’avvocato Maestri, per prima cosa possiamo dire che Luca Antonellini è tutt’altro che pazzo. È un uomo lucidissimo, forte e appassionato. Portato probabilmente a un certo livello di esasperazione, per una serie di circostanze in parte ancora da chiarire. Ma non è fuori controllo. Se un rilievo può essergli mosso, è che parla tanto, a volte troppo. Un vero e proprio fiume in piena. Ma per uno che è stato impossibilitato a parlare e a difendersi, a lungo, si può anche capire. L’altra cosa che si può desumere dalle sue parole è che Antonellini ad un certo punto sembra essere diventato una scheggia impazzita nel sistema Autorità Portuale Ravenna, parla, dice che certe cose non vanno, si dà da fare, il classico granello di sabbia che rischia di mandare in tilt l’ingranaggio. Dunque, un granello da neutralizzare o rimuovere eventualmente. Detto fatto. Antonellini è “tagliato”. Sospeso. Arrestato. Licenziato. Messo quasi a tacere. Questi i fatti che lo riguardano.

 

Ora deve pensare a difendersi da accuse pesanti. Ma lui è un combattente (ha giocato a pallanuoto e sa come si lavora duro là, sott’acqua) e un chiacchierone. Sarà difficile farlo tacere. Un’ultima cosa emerge poi dalle parole dell’On. Maestri: la macchina messa in moto per neutralizzarlo appare in ogni caso sproporzionata, tanto più ora che Antonellini lo abbiamo di fronte in carne ed ossa, mentre vediamo le carte che ci mostra, i famosi messaggi di minaccia che fanno ridere più che allarmare, messaggi per i quali è stato addirittura accusato di essere uno stalker.

Infine, la notizia del giorno da cui partiamo nell’intervista che segue, è che Luca Antonellini si candida a Segretario Generale dell’Autorità Portuale di Ravenna. Insomma, vuole tornare dalla porta principale nell’Ente che l’ha appena licenziato e intende sostituire proprio quel Pietro Davide Margorani con il quale si è scontrato duramente in questi mesi.

 

 

 

 

PAZZO SARÀ LEI

Ingegner Antonellini, davvero si candida a Segretario Generale dell’Autorità Portuale di Ravenna? Ma allora è pazzo sul serio?

“È da dimostrare che io sia completamente pazzo. Resta il fatto che il mio nominativo è fra quello dei 350 sconsiderati che si sono candidati a Presidenti delle Autorità Portuali italiane, di cui il Ministero ha valutato i curricula e che poi ha inserito in una lista informale di candidature, pubblicata da alcuni giornali nazionali.”

 

Ci sarebbe una short list di candidati di prima fascia, una lista di candidati di seconda fascia e una serie di autocandidature non prese in considerazione. Lei sarebbe nella seconda fascia, comunque in buona posizione.

“Faccio notare che tutte le nomine del Ministero per Presidenti e Segretari Generali delle Autorità Portuali sono state fatte finora pescando da quell’elenco informale. Aggiungo che secondo la nuova legge sulla portualità il Segretario Generale deve avere le stesse competenze del Presidente dell’AP, con qualche competenza in più sul piano amministrativo. La settimana scorsa a La Spezia – dove ci sono state le dimissioni dei vertici dell’AP – è stata nominata Presidente una signora che proviene dalla seconda fascia dell’elenco, come il sottoscritto.”

 

Dica la verità, la sua è una provocazione?!

“No, è una cosa assolutamente seria. Ritengo di averne i titoli. E le dirò di più, in subordine mi candido anche a essere rappresentante del Comune o della Regione nel Comitato di Gestione. Anche per quegli incarichi ho tutte le competenze.”

 

Una settimana fa la perizia psichiatrica. Ci spieghi.

“È stata richiesta dal PM. Si è associato anche il mio avvocato. Io l’ho respinta totalmente, perché sono assolutamente in grado di intendere e di volere. Ho sostenuto un primo colloquio. Ce ne sarà un altro fra una decina di giorni. Entro Natale dovrei sapere se il perito mi ritiene pazzo o meno. Io lo so già. Naturalmente il perito deve cercare di immaginare e ricreare la situazione dei giorni caldi all’AP e valutare come potevo trovarmi io all’epoca dei fatti.”

 

Già, com’era la situazione, negli ultimi tempi?

“Un po’ pesante. Sicuramente. Sono avvenute tante cose. Qualcuno mi ha chiesto se per caso io sia stato vittima di un complotto. Io sul momento non lo pensavo affatto. Vedevo una serie di fatti a me avversi, ma non pensavo a un complotto. Dopo aver visto il fascicolo a mio carico (mi mostra il fascicolo delle carte, ndr), dopo aver visto tutto quello che avevano in mano il PM, il Gip e il Tribunale del riesame e tutte le carte prodotte contro di me, allora le cose per me sono cambiate e ho capito che hanno organizzato una manovra ben congegnata per colpirmi, che ha coinvolto tante persone, anche figure che dovrebbero essere terze e terze non sono state nella mia vicenda. Ma di questo ora non voglio parlare.”

 

Ora mi rivolgo a lei, On. Maestri. La domanda è secca e provocatoria… Luca Antonellini è pazzo?

(Risata larga e prolungata di Maestri, ndr). No, no, assolutamente, è nel pieno delle sue facoltà. È una persona lucidissima. E già allora, nel momento più difficile di questa vicenda, Luca mi è parsa una persona di una lucidità straordinaria, con idee chiare e precise non solo sulle vicende dell’AP che lo riguardavano, ma sul porto più in generale, sulla situazione del nostro Paese. Ho avuto l’impressione di una persona assai competente, che proprio per questo fa ombra a molti dei personaggi di questa tristissima vicenda. Magari è un po’ chiacchierone e si fa fatica qualche volta a frenarlo, ma questo non è reato e non è indice di follia, perché altrimenti sarei folle anch’io, insieme a tanti altri.”

 

 

LA GOCCIA CHE DIVENTA FIUME

Torniamo a lei, Antonellini. Secondo lei, qualcuno avrebbe organizzato tutto questo contro di lei, e chi?

“Pietro Davide Margorani e Giuseppe Meli. Non ho dubbi. Prima l’uno, poi tutti e due. Verso il primo non ho mai nutrito grande fiducia. Verso il secondo per un po’ sì. Poi sono accadute cose che mi hanno fatto perdere totalmente fiducia anche nei suoi confronti.”

 

Lei ha parlato di episodi, fatti che accadevano e che sentiva contro di lei. Però non vedeva ancora una macchinazione. Quella l’ha vista solo dopo, a suo dire. Ma qual è l’origine di tutto questo, la goccia che è poi è diventata un fiume?

“Mi rendevo conto che stavano alzando il tiro, ma non capivo il perché, la ratio. Dopo la prima contestazione a mio carico, il 27 luglio, sono andato da Meli e gli ho detto che avevo visto in AP azioni e atti discutibili, in corso da tempo, forse anche reati, cioè comportamenti diventati da noi prassi comune ma che in altre circostanze invece potevano portare la gente in Tribunale. Gli chiedevo di cambiare rotta, di trovare una soluzione. E Meli in un primo tempo era sembrato un interlocutore disponibile ad ascoltarmi.”

 

Dunque, questo è il tema centrale: lei denuncia opacità nella gestione dell’Autorità Portuale di Ravenna.

“Sì.”

 

E si tratta di una cosa che viene da lontano?

“Sì. Da molto lontano.”

 

In questo contesto Antonellini diventa scomodo, perché ad un certo punto è una voce critica, è fuori dal coro, mette in discussione i metodi di gestione, l’opacità. Soprattutto in merito alla distribuzione di incentivi e premi. È così?

“Non esattamente. Io ho sempre cercato di fare le mie cose e di farle bene. Ma in AP io mi occupavo poco delle cose locali e della gestione ordinaria dell’Ente. Ad un certo punto, anzi, dalla metà degli anni Duemila in poi, io mi sono occupato soprattutto dei rapporti internazionali. Vedevo ciò che accadeva, ma da una certa distanza e non me ne occupavo direttamente.”

 

Restiamo alla faccenda degli incentivi… lei dice che si tratta di circa 2 milioni di euro distribuiti nell’arco di circa 12 anni. Non proprio bruscolini…

“È così. Sugli incentivi io dicevo che c’era una legge e che andava applicata. Punto. Ma poi facevano come gli pareva.”

 

Veniamo al casus belli.

“A metà luglio in assemblea di AP ho parlato ai miei colleghi, dicendo loro che la situazione interna in AP per una serie di ragioni storiche era diventata terribile, che non si stavano facendo le cose giuste, ma che noi eravamo gli unici artefici del nostro futuro. Potevamo cambiare. Farcela. Ho fatto delle proposte. Ho criticato anche i sindacati, che avevano commesso errori clamorosi a sfavore dei dipendenti, e quando si è votato i sindacati sono stati messi in minoranza.”

 

Quindi a metà luglio lei scende in campo e dice: così non va. In qualche modo sfida l’establishment interno, la gestione precedente, le scelte fatte in tutti quegli anni… contro cui in precedenza non era intervenuto. È così?

“Sono caduto dal mio pero. E ho detto a me stesso e ai miei colleghi, è ora di fare qualcosa per cambiare la situazione.”

 

Insomma, si è messo di traverso?

“Può darsi. Ma non l’ho fatto contro qualcuno in particolare. Volevo solo migliorare le cose. Forse qualcuno ha pensato che volevo toccare certi interessi acquisiti e quindi si è sentito chiamato in causa, ha temuto per sé.”

 

Poi sono arrivati i casi particolari, la famosa mail, il primo provvedimento, poi il secondo, poi il terzo. Poi la valanga… o il fiume.

“Sì. Ci potevamo fermare. E lo stesso Meli il 20 agosto mi scrive e mi propone di fermare le macchine per evitare di andare a sbattere. Nelle stesse ore invece Margorani insiste per andare avanti nei provvedimenti nei miei confronti. E disattende quindi ciò che ha detto Meli.”

 

 

SE DUE MILIONI DI INCENTIVI VI SEMBRAN POCHI

Torniamo indietro, alla storia degli incentivi. Una storia che viene da lontano, dagli inizi degli anni Duemila dice lei…

“Sì. I due milioni di euro di cui parlo sono stati dati solo come incentivi di progettazione fra il 2004 e il 2016. In più ci sono i premi, di cui io non ho mai parlato. E i premi si aggiungono allo stipendio e agli incentivi. Io stesso in questi anni ho avuto due incentivi per un totale di 7.800 euro e cinque provvedimenti premiali. I due incentivi di progettazione, per inciso, a me non erano nemmeno dovuti perché non avevo fatto nulla in quell’ambito. E, infatti, io li volevo restituire…”

 

Ma è normale tutto questo?

“No. Anche perché si tratta di un sistema gestito in maniera del tutto opaca, senza trasparenza, secondo criteri del tutto discrezionali.”

 

On. Maestri, giro a lei la stessa domanda. È normale tutto questo?

“Non lo è. E infatti, non c’è trasparenza su questi dati, non sono pubblicati e quindi non sono pubblici.”

 

Io non ho memoria di un dibattito pubblico su questo tema. E voi?

“Nemmeno io.”

 

Antonellini, torniamo a lei: i sindacati in questa storia c’entrano qualcosa?

“C’entrano perché hanno sempre avallato questo sistema.”

 

Un sistema che chiama in causa non tanto e non solo la gestione commissariale di Meli, ma tutti i vertici da Di Carlo a Parrello a Di Marco. È così?

“Direi che tutto è cominciato con la gestione Parrello e poi è proseguito con Di Marco. Perché questo sistema degli incentivi e dei premi ha generato appetiti crescenti. Si sono create storture enormi con queste logiche di premialità. All’inizio io ho detto che non ero d’accordo, anche se non ho dato battaglia. Le cose sono andate avanti. Nel tempo ho visto poi i risultati negativi, proprio ciò che temevo: gli appetiti, le faide interne, i guasti.”

 

Qui ci sarebbe materia per un’indagine amministrativa, secondo lei, poiché si tratta di danaro pubblico?

“Assolutamente sì. Anche perché quando arrivavano soldi da Roma o da Bruxelles erano gestiti con una certa allegria, si poteva fare ciò che si voleva di quei soldi. Andavano comunque distribuiti o spesi. Siamo arrivati al paradosso che un anno è stato proposto di comprare nuovi computer per sostituire quelli acquistati appena l’anno prima. Un anno per l’altro! Io dissi, ma diamoli indietro quei soldi se non li spendiamo, non usiamoli inutilmente, sono sempre soldi pubblici. Ma la mia era una voce nel deserto.”

 

Andrea Maestri, lei ha intenzione di interrogare il ministro su questa vicenda. Questo tema sarà oggetto della sua interrogazione?

“Certo. Perché qui si parla di danaro pubblico e le modalità con cui i soldi pubblici sono spesi non sono indifferenti. Qui si prospetta la presunta violazione di uno dei principi fondamentali della Costituzione che è quello dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione. Violare quelle norme comporta provvedimenti amministrativi e contabili a carico dei responsabili. Quindi chiederò che si faccia luce su tutto questo e che quanto accaduto in AP diventi oggetto di dibattito pubblico.”

 

 

 

LO SCONTRO FINALE

Veniamo allo scontro Luca Antonellini versus Pietro Davide Margorani e Giuseppe Meli. In questo quadro lei Antonellini ha fatto una serie di cose non proprio ortodosse… ne converrà?

“Perché? Io le rivendico tutte.”

 

Lei era in uno stato di esasperazione e probabilmente ha assunto comportamenti che possiamo definire esagerati o sopra le righe. I messaggi, gli epiteti, certe offese personali, le urla, le telefonate notturne.

“Guardi, questi sono i miei messaggi su whatsapp (me li mostra, ndr). Certe cose gliele ho dette a Meli, perché negli ultimi tempi aveva militarizzato l’Autorità Portuale e si faceva accompagnare sempre da due o tre guardie. Perché il 5 ottobre, il giorno in cui poi io sono stato arrestato, mi sono presentato in AP con due guardie giurate armate? Perché temevo per la mia incolumità fisica.”

 

Il Commissario Meli ha dichiarato a me che lui temeva per la sua.

“Fantastico, infatti, lui si era procurato una guardia armata e tre dei suoi uomini in assetto da guerra.”

 

Questo corto circuito s’è creato perché lei ha perso fiducia nelle due persone ai vertici dell’AP, Meli e Margorani, si è scontrato con loro e poi via via lo scontro è diventato ingovernabile.

“In due momenti distinti. Prima Margorani, la cui gestione non mi è mai piaciuta. Poi il 2 settembre la mia fiducia è venuta meno anche verso il commissario Meli. Venuto io a conoscenza di un avviso di garanzia a carico del Direttore tecnico dell’AP per la vicenda della Casse di colmata, ho chiesto a Meli se lui ne fosse al corrente e lui mi ha risposto no. Secondo me invece non poteva non sapere e quindi ho tratto le mie conclusioni. Non mi sono più fidato di lui. Ho dei testimoni su questa precisa circostanza.”

 

Insomma, prima non ha fiducia in Margorani per via del suo modo di operare, dice, e poi perde fiducia in Meli.

“Sì. E poi arriva il giorno in cui è prorogato l’incarico di Margorani come Segretario Generale di AP, si riunisce il Comitato Portuale alla presenza del nuovo Sindaco e il CP vota la proroga con un atto pasticciato, che potrebbe a mio avviso essere nullo ed essere impugnato per vizi di forma, perché in fondo questi sono dei pasticcioni.”

 

Al Segretario Generale Margorani lei ha rivolto accuse molto gravi e lo ha fatto direttamente, faccia a faccia, dice. Accuse che ha poi presentato anche alla Magistratura. Poi ha mosso altre contestazioni a Meli, con le stesse modalità. Secondo le sue accuse, che spetterà eventualmente alla magistratura prendere in considerazione, e se esse fossero provate, a carico di Margorani e Meli si configurerebbero anche ipotesi di reato. È così?

“Sì. Assolutamente.”

 

E queste accuse le ha già esposte anche al magistrato?

“Non ancora. Non me le hanno fatte dire. Però i magistrati hanno cinque ore di registrazione, che io ho fornito loro, dove ci sono le prove che ho raccolto delle accuse che io muovo nei confronti di Margorani e Meli in merito alla loro gestione dell’AP.”

 

Ci sono i verbali in cui si attesta che lei ha consegnato queste registrazioni?

“Certo.”

 

Lei ha mai minacciato o usato metodi violenti verso Margorani e Meli?

“Ho minacciato di parlare, di dire ciò che sapevo di loro. Questo sì.”

 

E la storia del duello?

“Ma era fra persone disarmate.”

 

On. Maestri, cosa le sembra di questa faccenda?

“Le accuse mosse ad Antonellini mi sembrano ridicole. Ci può essere al massimo un’accusa di ingiuria. Dire, ti sfido a singolar tenzone in riva al mare, in costume, senza divisa e senza gente armata fra i piedi è ridicolo. E poi non siamo di fronte a tanti messaggi insistiti, a un’azione reiterata tale da prostrare la persona oggetto di questi messaggi. Qui siamo a un messaggio su whatsapp al giorno. Ma come si fa a prendere sul serio quei messaggi e ad accusare per stalking e poi arrestare una persona sulla base di queste cose? Per qualche parola forte, la minaccia di un duello in riva al mare in costume? Antonellini poi non ha mai alzato le mani.”

 

Lo ha mai fatto ingegnere?

“No.”

 

E lei ha ricevuto minacce verbali dai suoi accusatori?

“Certo. Vede (mi mostra i verbali con le minacce verbali al suo indirizzo trascritte, minacce pesanti, ndr).

 

Il Commissario Meli, quando l’ho intervistato, mi ha detto che la cosa poteva non degenerare se lei si fosse presentato con un avvocato o si fosse fatto consigliare da un avvocato. Insomma, le cose si potevano appianare con ragionevolezza. Lei stesso in qualche modo ha detto che il 20 agosto Meli le aveva proposto una cosa del genere. È così?

“Ma poi Margorani ha smentito Meli. E io ho perso ogni fiducia. Mi hanno destinato tre provvedimenti disciplinari senza portarne a termine nessuno, poi mi hanno sospeso e hanno disattivato la mia mail aziendale impedendomi di lavorare, è accaduto il 23 settembre. Io allora ho cercato in tutti i modi di comunicare con loro per queste iniziative adottate nei miei confronti, prima del 5 ottobre e dell’arresto, ma non mi rispondevano più. Come facevo a ragionare con loro? Il 30 settembre mi hanno addirittura fatto fermare dalla polizia belga quando mi trovavo all’UE a Bruxelles.”

 

Prima un provvedimento e quindi un avviso, poi un altro avviso. Poi la sospensione. Poi l’arresto. Poi il licenziamento. Quindi si sono liberati di lei, l’hanno fatta fuori, tagliata: è questo che pensa?

“Sì.”

 

 

UNA TRAPPOLA?

E allora non si sente come chi, in fondo, è caduto in una trappola?

“Non so. Ma perchè una trappola?”

 

Maestri, lei che ne pensa?

“Penso che sia così o che può essere così.”

 

Lo deduco dalle sue parole, Antonellini. Da quello che lei mi ha detto, pare evidente che a un certo punto lei diventa in qualche modo una scheggia impazzita, non si adegua più al solito tran tran. Parla e vuole continuare a parlare. Lei è qualcuno in grado di inceppare un meccanismo. Per questo può essere diventato scomodo, molto scomodo…

“Ma non capisco che interesse avesse Meli, che era commissario per un periodo limitato di tempo e sapeva che doveva solo traghettare l’Ente fino alla nomina del nuovo Presidente, muovendo le cose il meno possibile. Perché lui doveva avercela con me, in fondo?”

 

Lei dice, non c’è una logica apparente. Allora c’è qualcosa che ci sfugge? Lei ne ha un’idea?

“Perfetto. Una logica ci deve essere. Ma non so quale sia. Posso fare solo delle supposizioni. O piuttosto delle domande: perché, per esempio, Meli che chiaramente è in scadenza e a breve sarà sostituito da Daniele Rossi, come tutti sanno, il 10 novembre ha nominato Dirigente amministrativo e premiato una persona che secondo me non lo meritava affatto, una persona che era già stata premiata a metà agosto e che fra l’altro aveva fatto in precedenza causa all’Ente. Ma come? Qualcuno fa causa all’Ente e dopo viene premiato e poi diventa dirigente, cioè premiato due volte? Quando c’è una direttiva del Ministero che dice oltretutto di non fare atti che possano pregiudicare il futuro dell’Ente. Io non capisco e non ci vedo chiaro.”

 

I suoi colleghi in tutto questo che ruolo hanno avuto?

“Quando ho letto le deposizioni di alcuni, ho provato una grande amarezza. Certo, hanno chiamato a deporre solo quelli che erano contro di me, che forse hanno timore per le loro posizioni personali.”

 

Ma ci sono anche quelli pro Antonellini?

“Certo. Ma non sono stati sentiti.”

 

Parliamo del sistema: a un certo punto tutto e tutti sembra congiurino per schiacciarla. Si è sentito così?

“Subito non l’ho capito. Quando infine ho letto il fascicolo a mio carico, allora ho capito che si erano mossi in tanti, forze importanti contro di me. Anche se continuo a non capire la ratio di tutto questo che mi sta accadendo. Mi sembra un’enormità.”

 

On. Maestri un giudizio su questa storia. Lei ha detto subito: questa è un’enormità…

“L’ho detto con il massimo rispetto per la magistratura, che alla fine è chiamata a verificare i fatti e a giudicare. E lo farà con imparzialità. Io ho fiducia. Però, avendo approfondito la mole di informazioni e di dati che ci ha fornito e che continua a fornirci Luca Antonellini, mi pare emergano ipotesi di reato a carico di altri soggetti mentre sembra molto fragile e molto debole l’impianto accusatorio nei suoi confronti. Alla luce di questo è assolutamente inconsistente l’accusa di stalking. Semplicemente lui era solo e ha cercato di difendersi come poteva all’interno del suo Ente, i cui vertici erano sordi alle sue istanze. Tutta la vicenda ha lati opachi, non chiari, che dovranno essere acclarati. Il processo dovrà essere celebrato e io nutro la massima fiducia nella magistratura. Penso che nel corso del processo, nella dialettica probatoria, possano essere acquisite anche testimonianze e prove a suffragio delle accuse di Antonellini verso altri e possono essere chiarite le circostanze del comportamento di Antonellini, così come dei soprusi e degli abusi da altri commessi.”

 

E cosa pensa del clima in città?

“C’è un clima cittadino pesante e assurdo: chi vuole difendere Antonellini deve quasi nascondersi dietro l’anonimato, se no rischia ritorsioni. I giornali più importanti non ne parlano o prendono le parti di una sola parte. I magistrati continuano purtroppo a contestare a Antonellini il pericolo di reiterazione del reato, cosa che non capisco.”

 

Pericolo di reiterazione del reato? Ma lei Antonellini ha avuto ancora rapporti con Meli e Margorani dopo il 5 ottobre?

“No. Devo stare a 800 metri di distanza. Ma chiederò che diventino alcuni chilometri. Io non ho proprio alcuna voglia di vederli e incontrarli di nuovo.”

 

IL FUTURO? FORSE LONTANO DA QUI

Il suo futuro, a parte l’incarico di Segretario Generale presso AP a cui vuole concorrere?

“Ho avuto offerte da Università straniere.”

 

Ha mai pensato di andare via da Ravenna?

“Sì. Mi sono appena iscritto a un corso superintensivo per raggiungere un livello di inglese tale da poter essere assunto da queste università straniere.”

 

Quanto è arrabbiato ora?

“Non lo sono.”

 

È in pace con se stesso?

“Sì.”

 

La situazione di sua moglie è molto difficile. Questa cosa che le è capitata vi ha unito di più?

“Assolutamente. C’è un qualcosa di magico fra me e lei. Fra l’altro, al Museo della scienza e della tecnica di Chicago, in viaggio di nozze, abbiamo scoperto che fra lei e me corrono esattamente mille giorni di differenza. Un segno.”

 

E con suo figlio come va?

“Ho un rapporto fantastico. Questa storia gli ha aperto gli occhi, gli ha fatto capire come funziona il mondo. E com’è complicato questo nostro Paese. Purtroppo.”

 

Andrea Maestri, l’ultima domanda è per lei. Quale lezione possiamo trarre per ora da tutta questa faccenda?

“Che in nome della giustizia, dell’onestà, della libertà alcune persone come Luca Antonellini sono pronte a rischiare. Io con lui. E alcune persone che lo hanno difeso. E anche chi gli ha dato voce e la possibilità di difendersi. Siamo pochi, ma anche il coraggio di pochi può salvare il mondo.”

 

A cura di P. G. C. 

 

Nella foto una rivista internazionale dedicata alla portualità con il più recente intervento di Luca Antonellini.

 

 

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