Operazione Wonderland 2: ancora un maxi sequestro di falso abbigliamento Made in Italy

Nella rete delle Fiamme Gialle ancora commercianti cinesi: sequestrati 13mila capi di abbigliamento e accessori, oltre a 15mila cartellini con falsa provenienza di origine

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I Finanzieri del Comando Provinciale di Ravenna hanno portato a termine un’ulteriore operazione a tutela del “Made in Italy”: si tratta della prosecuzione dell’operazione “Wonderland”, che nello scorso mese di aprile aveva consentito alle Fiamme Gialle della Tenenza di Lugo di individuare una catena di negozi di abbigliamento, gestiti da cittadini cinesi, nella quale si apponevano false indicazioni di origine sui prodotti commercializzati, ingannando gli ignari consumatori sulla reale provenienza della merce, che era di fatto cinese. 

Le indagini della Guardia di Finanza erano partite da alcune segnalazioni effettuate al numero di pubblica utilità “117da cittadini che, dopo aver acquistato presso un esercizio commerciale di Lugo abiti pubblicizzati come realizzati interamente in Italia, si sono successivamente resi conto che si trattava in realtà di capi di produzione cinese, avendo al loro interno un’etichetta con la dicitura “Made in China”.

 

Il “trucco” consisteva proprio nell’apporre sull’abbigliamento e sugli accessori importati dalla Cina un ben visibile cartellino con la scritta, anche in lingua inglese, “FABBRICATO IN ITALIA – QUESTO CAPO È STATO PRODOTTO INTERAMENTE IN ITALIA”, con tanto di immagine dello stivale della nostra penisola a rafforzare nell’acquirente il convincimento che si trattasse proprio di un capo di esclusiva sartoria italiana.

 

I Finanzieri di Lugo hanno presto appurato che il negozio presso il quale venivano illecitamente venduti i falsi “100% Made in Italy” faceva parte di un’ampia catena commerciale gestita da tre cittadini cinesi residenti a Bologna, formata da 14 punti vendita ubicati, oltre che a Lugo, anche nelle centralissime vie dello shopping di Bologna, Genova, Firenze, Treviso, Pisa e Lucca.

 

Per questa ragione nel mese di aprile le Fiamme Gialle ravennati, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna, hanno perquisito tutti i punti vendita presenti sul territorio nazionale, sequestrando circa 2.500 capi di abbigliamento oltre a 100 mila cartellini attestanti il falso “100% Made in Italy”, molti dei quali ancora conservati nelle loro scatole e pronti per essere applicati alla merce in magazzino.

 

Dopo questo primo sequestro le indagini della Guardia di Finanza sono proseguite ed è emerso che le società attraverso le quali venivano gestititi i punti vendita non erano produttrici, né direttamente né tramite terzisti, dei capi di abbigliamento e degli accessori venduti e, pertanto, non potevano attribuire ai beni commercializzati alcuna indicazione di origine, prerogativa di esclusiva competenza del produttore. Inoltre, è emerso che dopo i sequestri di aprile, gli indagati hanno aperto un nuovo punto vendita a Jesolo e costituito una nuova società, mettendo in liquidazione una delle aziende indagate.

 

Per queste ragioni la Procura della Repubblica di Bologna ha disposto nuove perquisizioni, che nei giorni scorsi hanno consentito alla Guardia di Finanza di sequestrare circa 13.000 ulteriori capi di abbigliamento ed accessori irregolarmente muniti di cartellino con la dicitura “FABBRICATO IN ITALIA – QUESTO CAPO È STATO PRODOTTO INTERAMENTE IN ITALIA” oltre a 15 mila cartellini della stessa tipologia pronti per essere applicati.

 

Questo nuovo intervento operativo delle Fiamme Gialle di Ravenna a tutela del “Made in Italy” si colloca nell’ambito delle molteplici attività che la Guardia di Finanza svolge quotidianamente a contrasto di ogni forma di abusivismo commerciale ed in difesa del tessuto economico e produttivo nazionale, a presidio del libero mercato e della legalità ed a tutela dei cittadini e delle imprese rispettose delle regole.

 

Chi abusa della dicitura “Made in Italy”, impossessandosi illegittimamente del know how delle vere aziende italiane, inganna i compratori e compromette la fiducia e la libertà di scelta dei consumatori. Un vero e proprio danno per la produzione nazionale, in grado di pregiudicare le imprese italiane che, nel rispetto della legalità, garantiscono quegli standard qualitativi e di sicurezza che rendono il “Made in Italy” un brand competitivo sul mercato globale e ne fanno sinonimo di riconosciuta ed altissima qualità.

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