Ridracoli piange, i fiumi non ridono: sarà estate di siccità? Parla Tonino Bernabè di Romagna Acque

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Dopo un inverno particolarmente avaro di precipitazioni – sia piogge che nevicate in appennino -, che estate ci aspetterà? Ci saranno problemi di siccità? Ad osservare i grafici dell’andamento idrogeologico annuo della diga di Ridracoli, parrebbe di sì: tra gennaio e marzo di quest’anno, il lago è stato piuttosto “vuoto”, viaggiando tra il picco minimo di circa 13 milioni di metri cubi di gennaio 2019 al picco massimo di circa 22 milioni di febbraio, per poi ridiscendere nell’ultimo mese.

Nello stesso periodo del 2018, il livello del lago aveva raggiunto la capacità massima, circa 33 milioni di metri cubi, rendendo necessario lo sversamento di parte dell’acqua a valle della diga, come tipicamente avviene sul finire dell’inverno e l’inizio della primavera. Lo spettacolare evento, negli ultimi anni, è mancato solo in un paio di occasioni, nel 2007 e nel 2002. E per ora, appunto, nel 2019.

Da Romagna Acque però, non arrivano toni allarmistici: “Se fossimo ad ottobre non ci sarebbe nessun problema e per ora si può dire che la situazione sia sotto controllo. Certo, se dovesse continuare a non piovere, tutto potrebbe peggiorare, ma le previsioni annunciano precipitazioni già da questa settimana (in appennino, n.d.r.)”.

C’è da sottolineare inoltre, che l’invaso di Ridracoli copre circa la metà delle esigenze idriche romagnole e, soprattutto per quanto riguarda la provincia di Ravenna, ci sono i due potabilizzatori delle Bassette (Nip 1) e della Standiana (Nip 2), quest’ultimo inaugurato nel 2015, che prendono acque dai fiumi locali, Lamone, Reno e occasionalmente dal Cer (Canale Emiliano Romagnolo), per quel che riguarda il Nip 1 e da quelle del Po, tramite una derivazione del Cer, per quanto riguarda il Nip 2.

I NUMERI DELL’ACQUA A RAVENNA

Parlando di numeri, nel primo trimestre del 2019, Romagna Acque ha distribuito un totale di 6.804.640 metri cubi di acqua alla provincia di Ravenna. Di questi, solo 2.222.856 (32%) provengono dall’invaso di Ridracoli, mentre 4.581.783 (67,3%) da fonti superficiali, sostanzialmente i fiumi.

Per quanto riguarda invece i due potabilizzatori ravennati, quello della Standiana ha una produzione annua di circa 12-13 milioni di metri cubi: da qui vengono erogati attualmente circa 600 litri al secondo, che nei prossimi giorni aumenteranno a 700 fino a maggio. Dal NIP 1, in zona Bassette, la produzione annua è di circa 14-15 milioni di metri cubi e attualmente vengono distribuiti 300-350 litri d’acqua al secondo, a causa di un’attività di manutenzione delle vasche. Dalla prossima settimana si arriverà ai 600.

Ridracoli, insomma, rifornisce anche Ravenna, ma vale circa 1/3 dell’approvvigionamento idrico in condizioni normali, di più, fino al 50% in estate, quando c’è maggior richiesta.


I serbatoi del Potabilizzatore della Standiana

 

LA CRISI C’È O NO?

“In questo momento – afferma Tonino Bernabè, presidente di Romagna Acque – non rileviamo una situazione di allarme sull’appennino romagnolo. Stiamo tenendo monitorate le portate dei fiumi e dei torrenti e, pur essendoci meno acqua del solito, considerato il periodo post-invernale, non mi sento ancora di parlare di rischio siccità. Aspettiamo l’effetto delle piogge primaverili: certo, se continuasse a non piovere la considerazione cambierebbe”.

Le zone più a rischio sono quelle della valle del Marzeno, l’appennino a cavallo tra la provincia di Forlì-Cesena e quella di Ravenna, nell’area faentina, che non sono direttamente collegate all’impianto di Ridracoli, ma sfruttano principalmente fonti locali, come fiumi e torrenti. Lì, nel 2017 che fu un anno molto siccitoso, si arrivò a portare l’acqua con le autobotti fino a Modigliana, per riempire il serbatoio che alimenta i centri abitati. “Fu un caso limite – spiega Bernabè – che comunque siamo pronti a ripetere se si renderà necessario. Al momento, non è questa la situazione”.

Se non c’è allarme, c’è di certo molta attenzione al livello dell’acqua: è lo stesso Bernabè a precisare che nel 2007, altra annata particolarmente calda e siccitosa, l’apporto a fine marzo dal Po, stazione di Pontelagoscuro, dove si innesta il CER, era di 826 m3 al secondo. Oggi, rapportando i dati allo stesso periodo del 2019, siamo a 674 m3 al secondo. Mancano all’appello 152 m3 d’acqua al secondo. Non proprio poca cosa.


Tonino Bernabè, presidente di Romagna Acque

 

“Domani – aggiunge Bernabè – avremo una riunione della “cabina di regia” a Bologna, a cui parteciperemo assieme alla Regione e all’Autorità di Bacino del Po. Sarà un momento per condividere i dati che abbiamo a disposizione e prepararci anche agli scenari peggiori, se perdurasse l’assenza di precipitazioni. Perchè non si può arrivare all’emergenza, nel caso arrivi, senza un piano”.

LA CRISI IDRICA ALLA LUCE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Inutile negare l’effetto del cambiamento del clima sulla capacità di approvvigionamento dell’acqua. I dati dicono che quello appena trascorso è stato il sesto inverno più caldo degli ultimi anni 20 anni, con circa il 60% in meno di precipitazioni nevose e 30-40% in meno di piogge. Gli anni più critici per il caldo e quindi per la scarsità d’acqua sono stati il 2003, il 2007, il 2011 e il 2017. Ora anche il 2019. La forbice va restringendosi e si passa da un inverno troppo caldo ogni 5-6 a uno ogni 2-3 anni.

“Non bisogna dimenticare – sottolinea Bernabè – che l’acqua è anche un elemento di competitività per il tessuto economico locale, pensiamo agli imprenditori turistici che fanno i loro calcoli pensando di avere la risorsa idrica sempre a disposizione 24 ore al giorno 7 giorni su 7. E al mare vogliamo sempre più spesso trovare le piscine, le spa. L’acqua è un elemento che qui da noi è anche legato allo sviluppo turistico”.

“Il cambiamento climatico ci “regala” inverni sempre più siccitosi e bombe d’acqua – continua -, anzichè precipitazioni più frequenti e meno intense, tutto ciò che non serve all’approvvigionamento idrico. Quando arrivano le bombe d’acqua, cala anche la qualità della risorsa stoccata, che dilavando i terreni, porta con sè residui di fango e detriti. Serve molto più lavoro per depurarla e renderla utilizzabile. I governi dovrebbero fare una riflessione seria nei prossimi anni sul tema dell’impatto dei cambiamenti climatici, per capire come fronteggiarli. È sempre più necessario stoccare l’acqua per i periodi siccitosi, creando nuovi invasi, distribuiti capillarmente sui territori: non è certo l’unica strategia, ma è quella principale”.

Più piccoli invasi, meglio collegati tra loro e aumentare la cultura della riduzione degli sprechi: sembrano queste le strategie da perseguire per poter godere di acqua tutto l’anno, sia per gli usi civili che per l’agricoltura e l’industria. “Quello che costa – chiosa Bernabè – non è l’acqua, che è un bene comune, è la sua trasformazione in acqua potabile e la sua distribuzione, che richiede ingenti investimenti. Investimenti che non si possono improvvisare in emergenza da un momento all’altro, ma che hanno tempi di ideazione, progettazione e realizzazione, lunghi anni. Ci sono tante esigenze da tenere insieme: che ci sia acqua sana per tutti, che le tariffe siano contenute, che non ci siano ricadute negative per l’ambiente nel suo approvvigionamento e trattamento. Il tema è ampio e articolato e non c’è una soluzione semplice. Noi lavoriamo seriamente per fornire alla politica e ai decisori, sindaci in primis, tutte le informazioni necessarie per prendere le scelte migliori per le comunità”.

 

Claudia Folli

 

 

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