Rapporto sulle carceri italiane: Ravenna è sovraffollata, con quasi un terzo dei detenuti in più

Mentre si avvicina la fine dell’anno, continua a crescere il numero dei detenuti presenti nelle carceri italiane. Un indice di sovraffollamento, quello nazionale, che supera il 121%. A riferirlo è l’associazione nazionale Antigone che redige annualmente un report sulla condizione di detenzione in Italia. A contribuire negativamente al dato nazionale c’è sicuramente la situazione delle carceri emiliano-romagnole, dove sia i valori assoluti che l’incremento nell’anno destano motivi di preoccupazione. In Emilia Romagna, infatti, il tasso di affollamento è del 137,7% con un incremento nell’anno del 7,8%. Il dato più preoccupante è quello che riguarda il carcere di Bologna, dove il dato del sovraffollamento arriva al 175,8%. Non vanno bene le cose tuttavia neanche nelle carceri di Ferrara (155,3%), Ravenna e Reggio Emilia (entrambe con il 144,4%), Modena (142%). Emblematico, per fotografare la situazione regionale, è il fatto che dei 10 istituti presenti, solo uno abbia un tasso di sovraffollamento inferiore alla media nazionale.

Il dato del sovraffollamento era già stato rilevato anche nel primo rapporto sulle condizioni di detenzione in Emilia Romagna (Anno 2018), pubblicato per Antigone edizioni a giugno 2019. “Ci sembrano soprattutto preoccupanti le condizioni di congestione di istituti più grandi, come, appunto, Ferrara, Modena e Bologna – spiegano dall’associazione -. Come scriviamo nel rapporto, “anche le prassi dei trasferimenti tra strutture penitenziarie a livello intraregionale possono quindi incidere sulle dinamiche di sovraffollamento e congestione delle prigioni, che dipendono comunque in prima istanza dagli ingressi dall’esterno e, dunque, dalle opzioni di politica criminale”.

In relazione alle conseguenze del sovraffollamento, dall’associazione rilevano poi che “naturalmente, il sovraffollamento incide sulla qualità della vita detentiva (congestione degli spazi) e può contribuire a comprimere diritti e aspettative dei detenuti e delle detenute – nonchè di chi lavora all’interno delle carceri -, riducendo ad esempio le possibilità di accesso alle attività trattamentali, ai servizi sanitari e scolastici, alle opportunità ricreative. Basti pensare che in media il rapporto tra detenuti ed educatori (staff di area giuridico-trattamentale) è di 80 a 1”.