Coronavirus a Faenza. Malpezzi: “Cominciamo a respirare, ma non è tempo di rilassarsi. Faentini bravi a rispettare le misure”

Anche a Faenza, da ieri in modo più evidente, comincia ad attenuarsi la curva dei contagi da nuovo Coronavirus, come in tutta la regione Emilia-Romagna. Una buona notizia, che dovrà però essere confermata dalle rilevazioni dei prossimi giorni, perché in questo caso, come non mai, è valido il detto che “una rondine non fa primavera” e prima di allentare la stretta sulle misure anti contagio senza invalidare i pesanti sforzi sostenuti dai cittadini in quest’ultimo mese, dovrà passare ancora del tempo. Una fotografia della situazione attuale in città e nel comune l’abbiamo chiesta al sindaco, Giovanni Malpezzi, che fa il punto su come sta andando l’epidemia e come la stanno vivendo i cittadini.

Sindaco, partiamo dai numeri e dalla situazione del contagio in città.

“Stiamo assistendo ad un rallentamento nel numero di nuovi casi accertati, ma non è questo il momento di allentare la presa. Stiamo parlando di 90 casi accertati, i primi hanno già positivamente concluso il loro periodo di malattia, anche se dai dati aggregati è difficile riuscire a evidenziare il numero dei guariti effettivi. Oltre 170 persone sono state collocate in quarantena, e tra questi si contano sia i positivi al tampone che non necessitano di cure ospedaliere, sia coloro che sono entrate in contatto con soggetti positivi e dunque sono in isolamento precauzionale, anche senza alcun sintomo. Purtroppo abbiamo dovuto registrate anche 4 decessi di persone anziane e alcuni minori positivi, perché anche i bambini sono sensibili al virus, ma fortunatamente, essendo di solito in buona salute, reagiscono meglio e infatti sono tutti in isolamento domiciliare.”

Come hanno reagito i faentini alle misure di contenimento del contagio?

“Dopo un’iniziale resistenza, dovuta forse anche ad una scarsa consapevolezza della serietà del rischio a cui ci si esponeva, devo dire che, salvo qualche eccezione, la città appare “purtroppo” deserta. Dico purtroppo perché per un sindaco, vedere la propria città priva di vita è doloroso, ma in questo momento è quello che serve. Quindi direi che hanno reagito bene. Stiamo continuando insieme alle forze dell’ordine a presidiare il territorio, sono state fatte denunce e tutti gli accertamenti previsti. Ritengo che la situazione sia sotto controllo, al netto di qualche problematica nei supermercati, dove alcune persone accedono ancora troppo frequentemente, qualche volta non da soli, senza precauzioni. È rischioso, è qualcosa che non ci possiamo ancora permettere.”

Alcuni sindaci, come quello di Ravenna, hanno chiesto ai cittadini collaborazione nella segnalazione alle forze dell’ordine delle infrazioni alle norme anti contagio. C’è chi l’ha considerata una buona prassi civica, come denunciare un reato di cui si è testimoni, chi l’ha visto come un atto di delazione, che finisce per ingenerare un clima di sospetto. Lei come si è posto a questo riguardo?

“Io non ho sollecitato in maniera esplicita la ‘delazione’. Posso dire che ho ricevuto decine di segnalazioni che ho girato alla Polizia Municipale per verificare, soprattutto quando si trattava di presunti assembramenti in punti vendita o luoghi di passeggio, come pure il caso di segnalazioni su punti vendita che a detta del segnalante non dovevano essere aperti. Sono state fatte tutte le contro-verifiche dagli organi preposti e in alcuni casi sono state fatte anche contravvenzioni.”

Sulla possibilità di concedere ai bambini “l’ora d’aria”, come propone il testo di un appello rivolto al Governo e firmato anche da un’attivista faentina, Linda Maggiori, lei che ne pensa?

“Capisco chiaramente la sollecitazione ma credo che in questo momento non sia il caso di abbassare la guardia. Siamo in Italia, quando si concede un dito ci si prende un braccio. Vedo un po’ difficile il controllo su questa ora d’aria. Con il sistema delle autocertificazioni, se uno non viene fermato, l’ora d’aria si può anche replicare. Posso dire che stiamo ragionando fra sindaci per chiedere una deroga limitata e vigilata per consentire a persone disabili, in particolare intellettivi, che confinati in casa subiscono in maniera molto più pesante gli effetti di questa quarantena, di poter accedere per orari limitati e con ingressi controllati a spazi verdi – parchi chiusi, quindi – perché gli effetti a livello psicologico dell’isolamento non siano così devastanti. Siamo però ancora lontani dal rientro dell’emergenza, è difficile immaginare una possibilità indiscriminata per tutti.”

Parliamo della situazione Coronavirus all’ospedale di Faenza: qual è la situazione dei presidi di protezione? Avete sufficienti mascherine, guanti, gel igienizzante?

“Nella fase iniziale anche il nostro ospedale si è trovato in carenza di dispositivi. Il fatto di dover avere dispositivi omologati e certificati e doverli sostituire spesso ha fatto sì che le dotazioni ordinarie non fossero sufficienti. Negli ultimi giorni la situazione sta notevolmente migliorando, e sta crescendo la consapevolezza delle misure che tutti gli operatori devono rispettare, anche quelli che non operano in aree potenzialmente a rischio, perché comunque il rischio di contagio c’è ovunque, anche al supermercato, tanto più dentro un ospedale, anche se non è un’area Covid-19. Basta che ci sia un paziente non ancora accertato positivo che accede per altre sue patologie o un asintomatico e la frittata è fatta. Questo è quello che è successo all’ospedale di Faenza.”

Diversi casi di contagio hanno riguardato sia il personale che i pazienti ricoverati. C’è un cluster che riguarda un reparto specifico?

“Il personale contagiato appartiene ad una pluralità di reparti e di funzioni. Il sospetto è che il primo contagio sia potuto partire da quell’area attrezzata ex post acuti, dove venivano fatte attendere le persone che avevano fatto il tampone ed erano in attesa dell’esito. Ci sono persone contagiate che operavano in reparti diversi da quello, purtroppo il virus ha circolato.”

Qual è la situazione del vostro pronto soccorso? Ritiene sarebbe utile un punto di pre triage come allestito in alcuni ospedali regionali?

“Faenza non è area Covid-19, la tenda pre triage è stata allestita in tutti quegli ospedali dove non c’era possibilità di differenziare i percorsi di accesso. Se un cittadino pensa di essere contagiato non dovrebbe recarsi al pronto soccorso. Dovrebbe chiamare il medico di famiglia o il 118. Non dovrebbe neanche passare dall’ospedale se i sintomi sono evidenti. Può succedere che per qualche motivo una persona non tenga conto di tutto questo e si presenti lo stesso, in questo caso ci sono dei protocolli, la persona viene collocata in un ambiente separato. È chiaro che la fase iniziale in cui uno si presenta alla porta è molto delicata.”

Attualmente l’ospedale di Faenza ha dei ricoverati per Covid-19?

“No, nel momento in cui viene accertato un caso positivo, il paziente viene trasferito a Ravenna o a Lugo. Ci è capitato un caso particolare: una persona che è stata soccorsa da un’ambulanza presso il proprio domicilio, il paziente era stato trovato riverso in casa sua, non se ne conosceva l’anamnesi. Poi si è scoperto che era positivo al tampone e purtroppo non era trasportabile, è deceduto in serata.”

Qual è la situazione del pronto soccorso di Faenza?

“Mi dicono che il numero degli accessi è crollato, salvo infortuni o situazioni estreme per cui proprio non si può evitare di accedere, si cerca di evitare di recarvisi.”

Infine, sull’erogazione dei fondi stanziati dal Governo per gli acquisti di beni di prima necessità ha qualche novità da comunicare ai cittadini?

“Entro oggi verrà pubblicato il modulo per presentare la domanda. La gestione di questi fondi non è banale, Stanziare i soldi è facile ma poi la gestione di questi fondi e la loro redistribuzione al singolo cittadino non è semplice. È necessario stabilire dei criteri, per farli arrivare a chi ne ha veramente bisogno. Abbiamo cercato di declinare questo criterio sulla base della diminuzione di reddito determinata dall’emergenza Covid-19. Può essere perché non c’è accesso agli ammortizzatori sociali, o perché il lavoratore ha perso un’opportunità di lavoro, come nel caso degli stagionali in agricoltura, dove è tutto fermo, oppure anche per una cassa integrazione che copre solo in parte lo stipendio normale, in una famiglia che aveva già prima un bilancio stretto e che quindi si trova in grande difficoltà. Ovviamente verranno esclusi tutti quelli che hanno un reddito fisso e immutato, dai pensionati, ai lavoratori dipendenti che non hanno decurtazioni di stipendio. In tutti gli altri casi dovremo valutare nel merito le motivazioni fornite e i carichi familiari di ciascuno. Saranno comunque i cittadini, sempre per via telefonica e telematica, a dover fare la segnalazione. Ovviamente le persone già seguite dai servizi sociali continueranno ad esserlo, ma ad oggi c’è una platea di famiglie che mai avrebbero pensato di aver bisogno dei servizi sociali e che si trovano in situazione di momentaneo bisogno.”