La testimonianza di Mara, ravennate a Londra: “Dalla Patria della variante inglese dico: fate tesoro dell’esperienza in UK. Il virus sta picchiando duro”

Un paio di mesi fa, mancavano pochi giorni a Natale, riportammo le testimonianze di alcuni italiani residenti all’estero, che avrebbero trascorso le feste lontano da casa. Tra questi, c’era Mara, ravennate originaria di Piangipane che, nonostante i tempi duri che si annunciavano, sia in Italia che nella Patria acquisita, non si faceva abbattere e decideva prudenzialmente per un Natale sotto tono a Londra.

Il senso era quello di non rischiare di “rompere il fragile equilibrio di questi tempi e rischiare di portare il virus in casa”, come ci raccontò. Come è andata poi? Ci ha riscritto proprio in questi giorni, raccontandoci la sua esperienza, che diventa occasione di riflessione nel dibattito sempre in auge tra “torniamo al lockdown” e “riapriamo tutto”.

La testimonianza di Mara

“La mia decisione di non scendere in Italia alla fine si è dimostrata saggia. Il 16 dicembre ho accusato i sintomi di un brutto raffreddore e il 23 sono risultata positiva al test per il covid che ho fatto semplicemente perchè volevo partecipare serena al pranzo di Natale a casa di un’amica, anche se non avvertivo i sintomi classici della malattia. In quel periodo hanno iniziato a parlare di variante del virus del Kent e il Natale l’ho trascorso in solitudine…anzi in compagnia del Covid, che con me è stato clemente, non più di un brutto raffreddore, ma essendo  una malattia piuttosto stigmatizzata,  la descriverei come una esperienza poco piacevole.

Quello che mi dispiace è che mi sembra che i Paesi non facciano tesoro delle esperienze degli altri. Qui in UK hanno ignorato le avvisaglie di quello che stava avvenendo in Italia allo scoppio della pandemia e ora ho la sensazione che in Italia stiano ignorando l’esempio inglese, quello che è successo qui dopo Natale. Un giorno di gennaio abbiamo raggiunto il terribile record dei 1.800 morti. Tutto questo non per colpa degli inglesi o di un servizio sanitario particolarmente negativo, ma perché la versione inglese del virus è altamente contagiosa e le strutture non hanno sostenuto il colpo.

Io stessa non sono ancora riuscita a stabilire come posso essere stata contagiata: all’epoca facevo quello che era consentito fare, con tutte le attenzioni del caso. Semplicemente questa versione del virus prolifera dove c’è socialità, non bada a coprifuochi o altre accortezze. Quello che voglio dire è che se le amministrazioni optano per mantenere occasioni di incontro devono anche attrezzarsi a terapie intensive che accolgano grandi numeri, visto che in Italia il vaccino purtroppo non è ancora stato somministrato a tutti i gruppi vulnerabili.

Io qui, forte della mia immunità naturale (almeno spero) mi sono prestata a lavorare come volontaria nei centri di vaccinazione, e mi sono pure beccata la prima dose anzitempo. Ma sono terrorizzata per la mia famiglia in Italia, dove ci sono persone anziane e vulnerabili. Temo tantissimo che arrivi una terza ondata.

So che il danno che il Covid causa all’economia con il lockdown (e alle persone più fragili a livello psicologico) è proporzionale a quello che causa a livello sanitario. Ma credo sia necessario per chi ci amministra e per i singoli cittadini, valutare con molta attenzione i rischi, i vantaggi e le potenzialità delle varie possibilità.

Spero di sbagliare nelle mie previsioni funeste e di poter tornare in estate e festeggiare assieme alla famiglia e agli amici la vittoria sulla pandemia”.

Mara Martuzzi da Londra

Commenti

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  1. Scritto da Andrea

    Chi stabilisce che una persona suicida causa lockdown sia meno importante di una morte per covid?