Inclusione scolastica: arriva l’Educatore di Plesso, ma le famiglie lamentano: “tagliate le ore di sostegno ai nostri figli”

A Maggio 2021 il Comune di Ravenna lancia il progetto dell’Educatore di Plesso, evoluzione del sistema di appoggio educativo scolastico, partito con un progetto pilota nello scorso anno scolastico ed entrato a regime in quello appena iniziato. L’obiettivo dichiarato era quello di “ripensare al servizio, per rispondere con adeguatezza ai nuovi bisogni territoriali”, come si legge sul sito del Comune.

L’allora assessora Bakkali ne aveva parlato come di un “progetto ambizioso” voluto per “creare le condizioni per garantire servizi inclusivi efficaci e di qualità per le più giovani e i più giovani, a partire dall’ambiente scolastico”.

In pratica, si tratta di un passaggio non di poco conto per gli educatori professionali della scuola, che si vedono garantita un minimo di stabilità in più, per un lavoro caratterizzato da una forte precarietà: la differenza sostanziale col passato è che in caso di assenza dell’utente da scuola, l’educatore non resta più a casa, perdendo giornate lavorate e stipendio, ma resta a disposizione della scuola, del plesso per l’esattezza, e mantiene le ore lavorate.

Tutto bene dunque? Non proprio, sia sul fronte lavorativo, che su quello degli utenti, i bambini e i ragazzini con disabilità, che a partire da quest’anno hanno subito una riduzione, chi più chi meno, delle ore assegnate. Il tutto per altro senza nessuna informazione preventiva alle famiglie, né da parte del Comune, che eroga il servizio, né della scuola dove sono inseriti gli studenti.

“Mia figlia frequenta le elementari e ha un disturbo pervasivo dello sviluppo – spiega una mamma -, cioè ha problematiche legate all’aspetto sociale e relazionale. L’educatore per lei è la figura chiave, privarla di quelle ore è un po’ come toglierle un punto di riferimento importante per la sua crescita. Quest’anno le hanno ridotto la copertura di 3 ore, ma i bambini con disturbi dello spettro autistico come lei hanno molto bisogno dell’educatore, che li aiuta ad interagire, a socializzare, ad affrontare le proprie chiusure. C’è anche un po’ di amarezza da parte mia: da un Comune che propaganda una grande attenzione al welfare, non me lo sarei aspettata”.

Le fa eco il padre di un ragazzo autistico che frequenta le superiori: “Già prima era poco coperto e faceva un orario ridotto: su sei giorni da 6 ore che prevede la scuola, lui riusciva a frequentare 5 giorni da 5 ore. Nelle ore in cui è scoperto lui scalda il banco, è inutile che stia a scuola, mentre se è seguito riesce a portare avanti quello che fanno i compagni. L’anno scorso aveva 13 ore di insegnante di sostegno (garantite dalla scuola e finanziate dal Ministero dell’Istruzione, n.d.r.) più 9 di educatore. Adesso sono scese a 13 + 7, gli hanno tolto 2 ore di educatore di sostegno. In proporzione, tra l’altro, togliere a lui non è come farlo a chi ha una copertura totale”.

“Queste decisioni vengono prese ad un tavolo dove siede anche l’Ausl con il servizio di neuropsichiatria, che ha in carico i nostri figli e il suo giudizio vale molto nel definire la gravità della disabilità. Però – aggiungono i genitori – quel servizio non vede seriamente nostro figlio dai tempi della scuola media. Si basano più che altro sulle carte, ma mio figlio, che cinque anni fa aveva una diagnosi meno grave, viene penalizzato. Il problema è che lui è troppo buono e si tende a coprire maggiormente quelli più scalmanati, più difficili da gestire in classe”.

Tutti i genitori interpellati hanno avuto notizia della riduzione del monte ore di appoggio educativo da parte degli educatori stessi, con i quali si sono strutturati negli anni rapporti di fiducia. Nessuna comunicazione formale prima dell’inizio della scuola.

Un gruppetto ha deciso così di rivolgersi ad un avvocato, per far valere i diritti dei propri ragazzi, chiedendo il reintegro delle ore soppresse.

Analogo a questi, il caso di un’altra bambina che frequenta le elementari, con disturbi di ipoacusia. “Fin dalla prima elementare le sono state assegnate 5 ore di appoggio educativo, poche, ma per lei sufficienti a gestire i momenti più rumorosi e causa di maggior disagio, come il post scuola e la mensa – spiega la mamma -. Alla fine dell’estate siamo stati informati dalla sua educatrice che le avrebbero tagliato un’ora. Ho scritto al servizio diritto allo studio del Comune. Non mi hanno risposto ma dopo qualche giorno siamo stati contattati dal referente della scuola per la disabilità che ha tentato di convincerci della bontà del progetto dell’educatore di plesso. Io non la discuto, so solo che però a mia figlia è stata sottratta un’ora con la sua educatrice”.

“Anche il fatto che si sia intervenuti con le riduzioni soprattutto sui “casi meno gravi”- conclude amareggiata -, da l’idea che si consideri la disabilità come un problema da gestire se i ragazzi creano fastidi alla scuola, ma gli educatori non sono lì per “tenere buoni” i nostri figli, sono figure che ne facilitano l’apprendimento, l’inserimento, la socialità”.

Anche un’altra mamma, di un giovane quasi maggiorenne con un disturbo autistico è molto risentita: “mi rivolgerò ad un avvocato, farò manifestazioni davanti alla scuola o al Comune se è necessario, ma voglio che ascoltino la nostra voce. A mio figlio sono state tolte 4 ore di appoggio scolastico. Quando l’educatore è assente, lui scalda il banco, resta senza fare nulla. La scuola è un momento di formazione e inserimento sociale per i nostri ragazzi, non un parcheggio”.

Raffaella Veridiani, educatrice professionale della cooperativa Progetto Crescita fa il punto su cosa è cambiato dal punto di vista lavorativo con il passaggio all’Educatore di plesso: “Poter restare a disposizione della scuola anche quando l’utente che seguiamo è assente è di certo una conquista ed un riconoscimento del valore del nostro lavoro, dunque un aspetto positivo. Ci sono però diverse criticità che vanno affrontate. Anzitutto “di plesso” significa di un edificio scolastico, mentre per ora siamo costretti a muoverci tra più plessi e, con orari consecutivi, significa erodere minuti preziosi alle lezioni, per poterci spostare.

“Inoltre – aggiunge -, sono stati tagliati di molto i monte ore degli studenti e noi educatori, per garantirci uno stipendio da sopravvivenza siamo costretti a dividerci tra molti più utenti, a discapito della qualità formativa. I tagli sono stati introdotti con la figura dell’educatore di plesso. È vero che noi non perdiamo il monte ore, ma il nostro lavoro viene ulteriormente frazionato e parcellizzato. L’anno scorso nelle mie 36 ore di lavoro seguivo 3 ragazzi. Quest’anno ne ho 5, su più plessi, sono sempre di corsa da un plesso all’altro e senza la continuità oraria che mi permetta di portare avanti un progetto ben definito. Vai via un po’ prima per arrivare un po’ dopo e il monte ore già viene rosicato. Sembra una sorta di badantaggio di materiale umano da magazzino…diventa molto avvilente”.

“Bisogna poi cercare di capire cosa significa rimanere a disposizione della scuola – conclude -, certo non con compiti che ledono la nostra professionalità. A volte, questa figura, quando non va ad intervenire su classi nelle quali già opera, può essere percepita più come un fastidio che come una risorsa, dunque magari non viene neanche utilizzata. Ci sono insomma diverse situazione che vanno ancora messe a punto rispetto all’Educatore di Plesso, che considero comunque una conquista rispetto al passato”.

L’assessore alla scuola, Fabio Sbaraglia, interviene sul tema, difendendo la bontà del progetto: “L’educatore di plesso – spiega – non è una figura aggiuntiva rispetto al precedente sistema, ma un nuovo modello organizzativo che risponde alla volontà di qualificare il servizio di appoggio scolastico attraverso la presenza di un’equipe di educatori/trici stabile e continuativa all’interno del plesso scolastico. Questo non solo attraverso interventi individualizzati ma anche attraverso interventi rivolti alla classe/plesso che promuovano la diffusione della cultura inclusiva”.

Secondo l’assessore, “la crescita costante di fabbisogno di appoggio scolastico impone agli enti locali, proprio per garantire le migliori condizioni di inclusione e benessere, riflessioni tese alla ricerca di nuovi assetti organizzativi, da cui il progetto dell’Educatore di Plesso. Il nuovo modello, rispetto a prima, non prevede decurtazioni del monte orario settimanale dell’educatore, assegnato alle scuole, in caso di assenza dell’alunno/a, perchè viene assegnato un monte ore settimanale e un numero di educatori/trici per ogni plesso scolastico cercando dove possibile di minimizzare la frammentazione delle risorse educative. Queste assegnazioni seguono un percorso interistituzionale che coinvolge l’UO neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’AUSL, il servizio di Diritto allo Studio del Comune e istituzioni scolastiche, di analisi preliminarmente sulle diagnosi con particolare attenzione alle più complesse”.

“La nuova formula organizzativa – prosegue – prevede a gennaio una finestra di inserimento per ulteriori eventuali richieste e nel contempo il continuo rapporto tra istituzioni scolastiche, educatore di plesso e coordinamento pedagogico del Comune permette l’opportunità, laddove possibile, di applicare correttivi in corso d’opera”.

“Tra gli obiettivi del modello organizzativo vi è proprio quello di minimizzare il più possibile la frammentazione delle risorse educative e di conseguenza gli spostamenti degli educatori/ici su più plessi – conclude Sbaraglia -. Quest’anno la maggior parte degli educatori/ici sono stati assegnati ad un unico istituto comprensivo o scuola superiore. Restando comunque prioritario garantire la continuità educativa, sarà un processo che richiederà tempo per assicurare e strutturare la permanenza di un’equipe stabile in un unico plesso. In ogni modo lo spostamento tra i plessi non influisce direttamente sul monte ore settimanale assegnato e pertanto non riduce la quantità del tempo dedicato agli alunni”.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di RavennaNotizie, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

  1. Scritto da Rob

    Tante giuste parole, ma la cosa fondamentale è che lo STATO, da 20 anni, non finanzia quasi più le Scuole! Le ha portate volontariamente allo sfacelo! Così come la SANITÀ Per le ARMI invece, le spese aumentano in modo esponenziale! Chi lavora nei due settori penalizzati e chi li frequenta penso veda bene che disastro sia stato compiuto.

  2. Scritto da gianni

    no…ma dite sul serio ??? L’educatore di Plesso ve lo siete inventato proprio perchè nel complesso sono state ridotte il numero di persone e di ore da dedicare ai ragazzi con più necessità.

  3. Scritto da (San) Michele

    Quando la foga ideologica di includere finisce col fare aumentare le discriminazioni.
    È la nemesi!