Disagio giovanile. Bilotto (psicologo scolastico): “Lo vivono un quinto degli studenti”. C’è chi si taglia, chi non mangia e chi pensa al suicidio. E gli adulti dove sono?

Nella lettera di un 12enne il grido d'aiuto rivolto a scuola e famiglie

Una lettera durissima, che arriva come un pugno allo stomaco, da leggere più come un disperato grido d’aiuto che come un puro atto di accusa. La scrive un ragazzino di circa 12 anni, che frequenta una scuola media e l’ha consegnata ad Andrea Bilotto, lo psicologo dello sportello scolastico attivo nell’istituto che frequenta e che da settimane accoglie il suo dolore, cercando di aiutarlo ad affrontarlo.

Il dott. Bilotto, psicologo, psicoterapeuta e presidente di AICS, l’Associazione Italiana per la prevenzione di Cyberbullismo e Sexting, si occupa di sportelli di ascolto nelle scuole di Ravenna e Forlì-Cesena da più di 10 anni e di adolescenti e disagio legato alla crescita se ne intende. Dovendo fare una stima, valuta che circa il 20% della popolazione studentesca ne soffra, in forme più o meno pesanti.

Descrive l’autore della lettera come un ragazzino molto intelligente, sensibile e profondo, capace di grande empatia e che va bene a scuola. Da tempo ha mostrato questa forte ferita emotiva, che è sfociata nell’elaborazione di una lettera in cui mette in fila i problemi dei giovani, chiamando in causa gli adulti, incapaci di sostenerli come ci si aspetterebbe da una figura di riferimento.

“C’è un problema di sistema – è la denuncia del giovanissimo, che va ascoltata e non giudicata, se si vuole provare ad affrontare il problema e tentare delle soluzioni -, della scuola che non ci capisce, siamo troppo pressati, stressati, sommersi dai compiti, siamo degli oggetti, dei numeri, non siamo visti come persone. Nessuno ci chiede “stai bene? Come stai?”, non si prendono cura della nostra anima prima di trasmetterci competenze”. Detto da un ragazzino di 12 anni colpisce molto, considerato che la scuola, assieme alla famiglia, dovrebbe essere il primo ambiente protettivo di crescita sano.

L’INTERVISTA

“Dovrete scegliere voi se potete o no rimediare ai vostri errori, perché la colpa non cade solo sugli studenti, perché quello vuol dire che non si è cresciuti”, è un frammento della lettera del 12enne. Vi si legge un’accusa al mondo adulto che non sa svolgere il proprio compito. È quello che si respira tra i giovani? È un punto di vista diffuso?

È un vissuto comune a molti ragazzi non solo sul territorio, ma anche a livello nazionale. Giro molto l’Italia e questa visione si respira ovunque. Da un lato c’è una diffusa angoscia per il futuro, per non riuscire ad immaginarsi un orizzonte verso il quale spingersi, che porta a scarsa speranza e motivazione, a causa delle troppe incertezze sul cammino. Ma dall’altro c’è la forte sensazione di essere poco ascoltati e capiti dagli adulti. Mi viene spesso riportato che i genitori facciano fatica a comunicare e dialogare con i propri figli.

Siamo di fronte ad un fallimento da parte del mondo adulto, sia rappresentato dalla scuola che dalla famiglia?

C’è una forte crisi. Sul lato scolastico, penso andrebbe ampiamente mitigato l’effetto che produce il registro elettronico. Non dico di eliminarlo, ma rimodularlo sì, perché i ragazzi spesso vivono il proprio valore legato ai numeri: “io valgo se ho tutti 7”, “io sono un 7”, “la mia media è 7”. Sono solo numeri, è un’ottica un po’ aziendalista, che porta anche i ragazzi a viversi come numeri, anziché pensare alle conoscenze scolastiche come a competenze da acquisire per il loro bene, per la loro utilità. È una gara al numero più alto. Questo vale anche in ambito sportivo, perché lo sport è diventato sempre più agonistico, mentre i giovani avrebbero diritto a viverselo come passatempo, non solo e non tanto come un risultato da conquistare, pena la delusione di insegnanti e della squadra. Si chiede loro di dare sempre il massimo, mentre a 12-13 anni si ha anche bisogno di vivere con spensieratezza quello che accade. È un loro diritto, che gli stiamo negando.

La scuola è consapevole di questo gap che la separa dagli studenti? È in atto un processo di ripensamento di quello che fa e di come lo fa, per sintonizzarsi sulle esigenze dei giovani?

Mi vien da dire di no. Penso a tanti progetti, anche molto belli, che vengono fatti a scuola: spesso però non arrivano ai giovani per problemi di metodo o di linguaggio. E dire che i giovani avrebbero tanto bisogno di riconnettersi alla realtà dei fatti, visto che vivono una buona parte della loro vita sui social, in un mondo virtuale che spesso è fittizio, lontano da quello in cui si muove la gente comune, in cui si muoveranno loro, una volta usciti dalle loro classi. Faccio un esempio sul mondo del lavoro: sono molto scollegati da quello che è in concreto, pensano ai grandi guadagni (di pochi) che vedono sui social, ma se chiedi qual è lo stipendio medio non sanno immaginare una cifra reale, pensano che ci siano tante persone che guadagnano 10mila euro al mese. Se porto loro l’esempio di multe sostanziose comminate ai genitori per reati commessi dai figli minorenni, magari nell’ambito dei social e del bullismo, pensano che si possano ripagare in poco tempo, perché non hanno idea della relazione tra lavoro e soldi. Magari pensano che 100mila euro si possano pagare in 3 anni di lavoro dei genitori, ma non è così.

Quindi, si fa tanto, ma non sempre quel che serve. E il linguaggio usato, non è quello giusto per farsi capire?

Spesso è così. Nelle scuole io mi occupo anche di educazione digitale, uso molti esempi pratici, porto gli studenti a provare in prima persona, in modo che possano mettere in pratica quello che ascoltano a livello teorico. A volte, la modalità di dialogo degli esperti non tiene conto del linguaggio che arriva agli adolescenti e di come suscitare il loro interesse.

Nella lettera, il ragazzo fa riferimento ad un disagio profondo, a cui alcuni adolescenti rispondono con gesti di autolesionismo o addirittura con tentativi di suicidio. Quanto sono diffuse queste risposte, dal suo punto di osservazione?

Purtroppo molto diffuse. Soprattutto tra le ragazze, che arrivano a procurarsi tagli sul corpo. C’è un malessere che viene agito sul corpo, come se fosse un modo per nascondere dolore emotivo. Come se il dolore emotivo fosse così forte, da produrre l’esigenza di spostarlo sul corpo e allo stesso tempo per nasconderlo agli occhi degli adulti, sotto le maniche lunghe di maglie e felpe, anziché esternato in un pianto, che i giovani mi riferiscono di non potersi permettere.

Ma perché questo dolore non viene comunicato agli adulti?

Faccio l’esempio concreto di una ragazzina, che si è rivolta a me tramite lo sportello scolastico e ogni volta che viene piange tantissimo, esprimendo questo forte dolore emotivo che prova. Però dice di farlo solo in questo contesto e di non farsi vedere dagli adulti, perché è convinta che non la capirebbero. Fare atti di autolesionismo ha questo significato per loro: provano un grosso disagio, che gli adulti non capiscono e si tagliano per “far uscire” in qualche modo questo dolore.

Perché gli adulti non capiscono?

Spesso in famiglia si vivono situazioni molto conflittuali: i genitori finiscono per essere fortemente impegnati nella risoluzione dei loro problemi e non si accorgono di lasciare indietro i figli. Si assiste sempre più spesso ad una vera e propria crisi genitoriale, che vede gli adulti sempre meno disposti a porsi come figure di riferimento.

In tutta questa confusione, entra in gioco anche la difficoltà di dialogo intergenerazionale, acuita da due fattori: da un lato le sempre più numerose separazioni, che portano spesso i ragazzi ad essere sballottati da una casa all’altra; dall’altro, genitori sopraffatti da carichi di impegno esagerati (lavoro e incombenze varie), con sempre meno aiuti esterni a cui affidarsi. Ci sono genitori che, pur desiderando stare di più con i propri figli, finiscono per non averne il tempo e questo alimenta la solitudine.

Questo tempo che manca, i ragazzi lo sentono: io ho liste d’attesa di 70-80 ragazzi agli sportelli scolastici e non riesco a sentirli tutti! Quando vengono da me è sempre una valle di lacrime, piangono tantissimo per sfogare il loro dolore. C’è un diffuso e profondo disagio giovanile che affonda le radici nell’assenza di dialogo e nel non riuscire a capirsi. Molti giovani oggi sentono di essere soli, senza nessuno che li voglia capire, aiutare, amare. Si sentono abbandonati dal mondo. A volte, basta anche solo fargli capire che il brutto momento che stanno vivendo è destinato a finire e non durerà per sempre, è già un grande sollievo.

Come se ne esce?

Penso che l’alleanza educativa scuola-famiglia dovrebbe funzionare di più. Vedo tante unità distanti: scuola, famiglia, altre realtà di riferimento per i giovani come società sportive, parrocchie e quant’altro. Serve fare più rete per supportare i giovani.

La richiesta di intervento psicologico negli ultimi anni dopo la pandemia è raddoppiata. Il disagio è spesso più femminile che maschile, anche per le maggiori pressioni che le ragazze subiscono legate al proprio corpo e alla prestazione scolastica.

Quel che serve è soprattutto aprire gli occhi davanti al disagio dei ragazzi, non minimizzarlo e prestare loro attenzione, con un punto di vista più aperto e orientato al dialogo. I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di parlare e di sentirsi valorizzati.

La lettera integrale

(NON) POTETE RIMEDIARE

Ogni anno in Italia si registrano molti suicidi, anche tra i più piccolini, dovuti non solo dalla depressione, solitudine, bullismo … ma anche dalla SCUOLA.

Sì, la scuola è fondamentale per garantire una cultura personale, però al suo interno troviamo molte delle cause dei decessi tra i più piccoli:

• depressione: perché vai male, per vari motivi non solo perché non hai voglia di studiare ma anche perché non si ha il giusto aiuto da famiglia (a volte) o amici, vieni preso in giro per vari motivi perché non riesce bene a scuola, ti

vesti poco alla moda, indossi capi non originali, come scarpe, felpe … , bullizzato perché non fai determinate cose come lanciare petardi, cose del genere oppure qualcosa di non adatto alla propria età dopo le precedenti … ;

• solitudine: dovuta dagli esagerati compiti che i professori danno, però non se ne accorgono, non si rendono conto che a volte ad alcuni studenti cancellano la propria vita sociale per studiare in una verifica o interrogazione, però facendo ciò provocheranno solo ansie e stress inutili perché finita la scuola molte delle cose in cui andavamo in ansia svaniranno;

• preferenza alle ragazze o viceversa: certe volte i professori non si rendono conto che preferiscono un sesso rispetto all’altro quando entrambi i sessi devono essere IMPARZIALI, per entrare nel dettaglio succede che le ragazze vengono viste come più mature e brave, impedendo ai professori di vedere come siano veramente i ragazzi, non solo per i propri errori e come vanno nella propria materia;

• bullismo: certe volte i professori non si accorgono che gli alunni soffrono per via del bullismo fisico e psicologo, non si accorgono perché sono impegnati a fare il lavoro in modo sbagliato perché non si rendono conto del cambiamento psicologico e non solo, se ne accorgono solo quando gli capita davanti o se gli alunni scoppiano in fronte a loro e iniziano a parlare e raccontare ciò, tranne se sono state minacciate oppure hanno paura che la situazione peggiori e diventi più difficile di quanto sia, come una situazione di rissa quando il povero ragazzo sia solo e non si aspetti che succeda il peggio.

Certi professori non si rendono conto che NON tutti gli studenti sono e saranno dei fisici, matematici e altro ma sono e saranno quello che vogliono essere ciò che vogliono essere loro, e i professori non si devono azzardare a dire o

giudicare un lavoro che vorrebbero fare i propri studenti a meno che non vorrebbero farli ragionare su lavori non molto “corretti”, come i mafiosi.

Dovrebbero quindi aiutare a realizzare il loro sogno, così facendo infonderanno gioia al proprio alunno e un senso di comprensione per l’aiuto che i prof danno.

Alcuni studenti sono in una situazione familiare molto complessa e difficile, i genitori litigano spesso o stanno divorziando, ci sono vari litigi fra i parenti e dopo tu non possa più vederli perché ti è vietato, perché i tuoi genitori iniziano a prendere dei vizi poco belli come iniziare a bere, fumare in quantità eccessiva, uscire la sera a tal punto di dimenticarsi di avere dei figli fino a farli credere che per loro sono solo un peso e un errore dalla nascita; poi, genitori, i vostri figli inizieranno a pensare: che sia davvero colpa loro, quando VOI non sapete cosa vuol dire essere un genitore, essere un pezzo del cuore del proprio figlio,

essere un mentore, un idolo per i vostri figli.

Per loro essere un mentore fallito è come per un bambino vedere un film in cui il supereroe muore.

I figli proveranno le sensazioni più brutte dell’intera esistenza, ciò non li farà più essere se stessi, sia a scuola che nella propria personalità, ciò preoccuperà gli amici alcuni prof ma non tutti perché hanno dimenticato come si svolge realmente il lavoro dell’insegnante: un vero insegnante non aiuta i propri alunni quando sono in difficoltà perché sono più grandi e più maturi, devono farlo

perché sentono il bisogno proveniente dal cuore di aiutare il proprio alunno perché gli si vuole un bene vero, realistico.

Oltre a dei problemi familiari, ci sono quelli con gli amici, come litigi e altro, oppure quelli con la propria cotta che vieterà molta attenzione allo studente/studentessa perché si penserà sempre a lui o lei perché si penserà alla propria vita se te e la propria cotta vi fidanzaste, però nel mezzo di tutto questo ci sono pianti e bassi e alti di autostima perché si inizierà a pensare che lui o lei sono troppo per te oppure che meriti di meglio perché non prova le stesse cose per te o che tu rilevi il tuo amore per lui/lei, per poi essere giudicati,

criticati perché si è brutti, non studiosi, perciò si faranno a volte azioni molto tristi che ti segneranno a vita, come iniziare a tagliarsi per sfogarsi se non si ha nessuno o tentare il suicidio affacciandosi sulla finestra, con lo stesso coltello

con cui ti ferisci alle braccia o gambe oppure inizierai a fumare per gestire l’ansia e la tristezza provata durante tutto il giorno, qualche volta anche durante la notte, questo bloccherà le ore di sonno e aumentando quelle di pianti, oppure ci sono tantissimi metodi per gestire nel modo sbagliato l’ansia per sentirsi accolti dalla società che prima ci aveva rifiutati.

Un altro brutto segno della mancanza istruzione sia scolastica che culturale e quella d’obbligo, come segni di aiuto in caso di pericolo, il numero della polizia, servizi sociali, ambulanza … , è quella sulla prevenzione di pericoli nelle chat, applicazioni e siti di incontri perché si finirà molto probabilmente con un rapimento, omicidio, stupro da parte di malintenzionati che prendono in considerazione ragazze minorenni che soffrono per la scuola … , così si offrono di

aiutarle dicendole che ha la sua età e che la aiuterà a farla uscire dalla situazione che sta vivendo.

Queste ragazze da quanto soffrono non sprecheranno l’opportunità ed inizieranno a parlare di quello che stanno passando, di loro, un metodo per provare a scappare e sfuggire con il pervertito, che si fingerà un ragazzo della

nostra età disposto a farci stare meglio.

DOVRETE SCEGLIERE VOI SE POTETE O NO RIMEDIARE Al VOSTRI ERRORI, perché la

colpa non cade solo sugli studenti, perché quello vuol dire che non si è cresciuti, che si è infantili e non si comprenda il fatto che si hanno delle maggiori

responsabilità e perché caricano di colpe ingiuste e non gli studenti che poi li porteranno a fare scelte più sbagliate della loro vita, come pensare a farla finita

in base a cosa siano stati sgridati e a cosa siano stati vietati di fare, come un anno all’esterno perché ti hanno vietato di farlo.