Marcella Nonni (Ravenna Teatro): del bando e della trasparenza, del Rasi e dell’Alighieri

Intervista sul bando per la gestione del Teatro Rasi e per la programmazione dell'Alighieri e sull'imminente Stagione dei Teatri

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Riassumiamo. Dieci giorni fa c’è stata la discussione in Consiglio comunale circa il passaggio della convenzione per la gestione del Teatro Rasi e la programmazione dell’Alighieri a bando pubblico, motivato dall’Assessora Elsa Signorino come un “di più” di trasparenza rispetto al passato. Il bando parla di 465mila euro annuali per 5 anni, fino al 2022, e ha fatto clamore in consiglio comunale, sollevando critiche da entrambe le opposizioni. 

La nostra intervista parte da qui. Che cosa pensa del bando e della discussione in Consiglio comunale Marcella Nonni, Direttrice di Ravenna Teatro?

«C’è una premessa da fare, perché spesso, quando si discutono questi temi, non si ha ben chiaro di che cosa si sta parlando. Quando si stabilisce un atto pubblico, come ad esempio una convenzione, l’impresa o la cooperativa che ottempera ai suoi obblighi stila un bilancio, una relazione, un preventivo o un consuntivo. Da 3 anni a questa parte il Comune ci chiede le fatture di tutte le spese. E noi componiamo un bilancio per temi. Quindi, tutti gli atti sono pubblici. Dopo la discussione in consiglio ho chiesto ad Alberto Ancarani (capogruppo di Forza Italia, N.d.R.) di venire a parlare con noi, con gli atti alla mano. A noi farebbe solo piacere confrontarci con loro. Fino a 5 anni fa il Comune aveva portato caparbiamente avanti l’idea che la cultura non andava messa a bando. Poi si è trovato “circondato” da altri comuni che invece utilizzano i bandi, a ha fatto questa scelta.»

Perché?

«Quando si affida un bene comunale, secondo la giurisdizione, è sempre meglio andare a bando. Noi pensavamo che, data la massima trasparenza nella consegna dei bilanci e nell’ottemperanza dei nostri obblighi, questo poteva anche non essere necessario.»

Come giudica le parole della Signorino sul bando? Il bando assicura o no una maggiore “trasparenza e qualità” nell’assegnazione della convenzione?

«Secondo me la trasparenza c’era anche prima. Si entra adesso in un altro meccanismo che norma questi affidamenti. I bandi vengono utilizzati in moltissime parti d’Italia, il Comune di Ravenna si è adeguato a questa prassi, ma noi abbiamo costruito e sostenuto nella massima trasparenza anche la convenzione, e questa stessa trasparenza ci sarà anche in futuro.»

Il problema sollevato da Ancarani riguardava anche quella che ha definito, cito “una contiguità politica tra associazioni culturali e amministrazione al potere, nella quale sono premiati gli amici degli amici”.

«Il Comune tiene conto della fecondità che ha interessato questo luogo in questi anni. È giusto che il Comune, lavorando e facendo i suoi bandi, abbia fatto anche un percorso di indagine intorno a tutto quello che c’è stato in questi vent’anni. Il lavoro di Ravenna Teatro è stato riconosciuto da tutte le appartenenze politiche del Consiglio comunale. Ci sono arrivati tanti attestati di stima. Siamo sereni da questo punto di vista.»

Come avveniva la scelta della convezione in passato?

«Avveniva attraverso affidamento diretto dall’assessore. In occasione dell’ultimo bando, 5 anni fa, l’assessora Bakkali aveva impostato una serie di convenzioni, circa 30, con diversi soggetti. E il Comune aveva scelto direttamente il proprio interlocutore.»

Secondo lei il bando è una garanzia di maggiore “libertà” nella concorrenza in campo culturale?

«Questo sicuramente. Si tratta di un bando europeo a cui possono partecipare vari soggetti. È una gara. L’importante è che non sia una gara al ribasso, perché ponendo quella cifra, che non è certo grande…»

La cifra è stata abbassata rispetto alla convenzione di 5 anni fa?

«No, è la stessa da più di 5 anni.»

Questa cifra riesce a soddisfare le esigenze di Ravenna Teatro?

«No, occorre sempre investire qualcosa. Noi compiliamo un budget intorno a un milione di euro. Ci sono risorse che vengono dalla Regione, dal Ministero. Gli spettacoli che portiamo all’Alighieri si aggirano attorno a una media di circa 8.000-9.000 euro a recita. È tutto scritto sui bilanci. Questi 465mila devono essere distribuiti per tante voci distinte: gestione, programmazione, produzione, laboratori… Per gestire delle situazioni devi investire e rischiare. Bisogna rendere conto di tutti i contributi pubblici e privati: e a partire da come lavora la nostra cooperativa, dal tipo di scelte che ha fatto, dagli stipendi che ci siamo dati, mi pare che la trasparenza sia massima. Bisogna sempre intendere il teatro come un servizio alla città e alle persone.»

Cosa risponderebbe ad Ancisi quando parla di un bando costruito ad hoc su di voi? Realisticamente, esistono altri soggetti in grado di rispondere ai requisiti del bando?

«Esistono certamente altri centri ed altre realtà, a seconda delle loro esperienze di gestione e dell’anzianità di esperienza.»

Quando saprete se hanno partecipato altri soggetti a questo bando?

«Ancora non ho visto nessuno in teatro! Il bando è uscito il 29 settembre e resterà aperto per un mese. Il Comune dovrà fare massima pubblicità attorno al bando. Noi chiaramente parteciperemo, come possono partecipare altri che hanno simili caratteristiche di esperienza di gestione teatrale.»

Come commenta invece i problemi sollevati da Ravenna in Comune, che ritiene i criteri del bando penalizzanti per i giovani gruppi teatrali?

«Massimo Manzoli (rappresentante di Ravenna in Comune, N.d.R.) ha fatto una premessa importante. Ravenna in Comune crede fortemente nel sistema delle convezioni e per loro sarebbe stato importante dargli continuità rispetto alle realtà che sono a Ravenna, non solo da un punto di vista associativo, ma anche gestionale.»

Ravenna in Comune non era favorevole al bando pubblico.

«Sì, lo critica. Ma fu critica anche 5 anni fa, nei confronti della convenzione… Le difficoltà per i giovani ci sono. Noi dialoghiamo con loro continuamente, siamo a disposizione per collaborare. Cerchiamo di capire le loro necessità. Da sempre alimentiamo la concorrenza: è stata una delle frasi che abbiamo coniato e continuiamo a crederci, continuiamo a fare in modo che le nuove generazioni ci tolgano la sedia.»

C’è chi ha detto che sarebbe meglio dividere la gestione del Rasi e la produzione teatrale da quella della programmazione del cartellone. Cosa ne pensa? È giusto dividere i campi?

«Per me no. Noi non abbiamo mai realizzato una gestione tout court. Da quando siamo entrati grazie a Mario Salvagiani, non abbiamo mai concepito il Rasi come uno spazio di prove e scambio di spettacoli. È molto di più: è uno spazio in cui hai costruito una relazione con le scuole e gli adolescenti, che abbiamo messo a disposizione per la creazione di una visione complessiva. La gestione pura e semplice non ci interessa: ci deve essere un progetto. Per questo le due cose devono andare assieme. Nel nostro disegno c’è uno sguardo diverso. Come per la prossima Stagione dei Teatri, che unirà i due teatri cittadini e li farà dialogare maggiormente.»

La rassegna sarà infatti unica come l’anno scorso. Cosa ci aspetta?

«Ci aspetta un intreccio fra linguaggi che va sempre più nella direzione di mischiare classico, contemporaneo, moderno e antico. Va nella direzione di mostrare volti nuovi, ensemble di quarantenni, volti non noti ma dalle caratteristiche e qualità molto interessanti.»

Ad esempio?

«Ad esempio la Bottega degli Apocrifi. Una realtà di Manfredonia che ha costruito un lavoro su don Lorenzo Milani, una figura fondamentale sia per noi che per la nostra malata nazione, incentrato sul rapporto del prete con la madre atea. Si tratta di un gruppo teatrale meno conosciuto, molto radicato nel suo territorio, che lavorerà con alcuni ragazzi della non-scuola in un percorso artistico davvero interessante. Sarà la prima volta per loro a Ravenna. Un’altra artista molto brava, premio Ubu nel 2015, Monica Piseddu, porterà in scena un romanzo che conosciamo in tanti, Accabadora di Michela Murgia, per la regia di una 45enne, Veronica Cruciani, la stessa del Preamleto dell’anno scorso.»

Altri nomi?

«Penso a La classe operaia va in paradiso diretto di Claudio Longhi e tratto da Elio Petri. Longhi lavora qui con un gruppo di giovani attori fra i 30 e i 40 anni, e con un volto conosciuto della sua generazione come Lino Guanciale che farà la parte di Volonté. Poi ci saranno anche Deflorian-Tagliarini, che hanno vinto l’Ubu come miglior novità italiana per lo spettacolo Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni. A Ravenna porteranno il loro lavoro Il cielo non è un fondale, sulla quotidianità e sull’urbanizzazione dei paesaggi, un lavoro che sta girando più in Europa che in Italia, prodotto da realtà europee come il Teatro Odeon di Parigi, il Teatro di Lione e il Teatro di Lisbona. Non mancherà qualche incursione nel comico, con Ale e Franz, che raccontano della Milano di Gaber e Jannacci.»

Ho visto qualche spettacolo molto interessante fuori abbonamento. Ad esempio West dei Fanny&Alexander, che finalmente avrò la possibilità di vedere.

«Sì. Nei giorni in cui sarà in scena West, la cooperativa E farà un percorso in occasione dei 25 anni di Fanny&Alexander, con incursioni in altre discipline, film, teatro e libri. Torna con molto piacere anche Ella di Maurizio Lupinelli ed Eugenio Sideri, al Vulkano di San Bartolo. Per la Notte d’Oro i Menoventi porteranno al Rasi il loro Ascoltate! Romagna Relax. Poi ci saranno gli Ortographe, un’altra realtà che ospiteremo sempre al Teatro Rasi, ma in un luogo “diverso” che ancora non voglio svelare.»

 

A cura di Iacopo Gardelli

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