A Ravenna la mostra collettiva “Lo Zibaldone dell’arte nella figurazione contemporanea”

È in programma fino all’1° dicembre, alla Galleria d’arte interna al Terme Beach Resort di Punta Marina, la mostra collettiva “Lo Zibaldone dell’arte nella figurazione contemporanea”, curata da Andrea Petralia.

Di seguito un testo del critico d’arte Anna La Donna sulla mostra, aperta ogni giorno 24 ore su 24.


Lo Zibaldone dell’arte nella figurazione contemporanea: quando l’arte dialoga con la filosofia

Lisandro Ramacciotti

Salvo Messina

Antonio Sgarbossa

Giorgio Plebani

Ennio De Rosa

Luisa Riceci

Stefano Bianchi

Maila Stolfi

Ospite: Daniela Sangiorgi.

Il 9 novembre, al Beach Resort di Punta Marina Terme, Andrea Petralia, direttore della galleria, ha inaugurato una mostra collettiva di nove artisti, creando uno spazio di riflessione visiva dove la pittura parla il linguaggio della filosofia leopardiana. Ogni artista, pur non rinunciando alle proprie linee, forme, colori e tematiche, partendo dalle ‘criticità’ appuntate dal poeta nel corso degli anni sul suo diario, si è interrogato, in modo libero e approfondito, sui temi cari al recanatese.

In questa esperienza pittorica, le intuizioni personali di ognuno si intrecciano, intimamente, con il pensiero del Leopardi. Mentre si procede per la sala, quella vita consumata inseguendo una realtà bramata, che fin da subito gli apparve inafferrabile e troppo presto infelice, prende forma sulle tele; ogni parola scritta si realizza in immagine; il colore si libera dal significato e diventa poesia. E incontriamo la ‘donna’, odi et amo di Giacomo che, in un crescendo di tensione dualistica, lo porterà a negarle qualsiasi forma consolatoria.

Da imago, ricordo muto e sogno “o come viva in mezzo alle tenebre/sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi/la contemplavano sotto alle palpebre” (Il Primo Amore) a esperienza erotica, capace di accendere la parola di passione e spegnere la più grande delle illusioni, l’amore eterno, “inganno estremo” lo chiama per approdare, infine, alla concezione materialistica di una natura maligna “o natura, perché non rendi poi/quel che prometti allor? Perché di tanto/ inganni i figli tuoi?” (A Silvia).

Una metafora tanto cara a Goethe che, ancor prima di Leopardi, Schopenhauer e Nietzsche la descrisse come una danzatrice che, nella sua danza dionisiaca, accoglie tra le sue braccia gli uomini per poi lasciarli cadere, immemore e noncurante dei loro destini. In alcuni di questi dipinti, la natura implacabile, esplode di materia e in un gioco di luci ed ombre, sembra impietosamente inghiottire l’uomo nel suo vortice, liberandolo dalla sofferenza dell’esistenza.

Ma la speranza si sa è figlia del mondo cristiano e la “volontà di vivere”, scriveva Nietzsche, l’essenza stessa della vita così, contro l’inesorabile necessità (Ananke la chiamavano i Greci), emerge “onesto e retto il conversar cittadino” (La Ginestra) e in questa meccanica destituita di ogni valore, si sente la voce dell’illusione più grande: la solidarietà fra gli uomini.

E con delle mani che si cercano, trovandosi, verso l’alto si chiude questa rassegna pittorica che prende il suo nome da una probabile voce onomatopeica derivante da zabaione, un composto di diversi ingredienti che, mescolati insieme, producono una vivanda deliziosamente amalgamata.

Anna La Donna