Quaderni della quarantena di un misterioso architetto di nome A.P. / Settima puntata

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Nell’ultima puntata, la vicenda dell’architetto A.P. ha svoltato decisamente. Oramai non siamo più in una dimensione onirica ma siamo entrati in una dimensione psicologica che chiamiamo, per convenzione, follia. Con tale termine si indica genericamente una condizione psichica che identifica una mancanza di adattamento – leggiamo su Wikipedia, il Bignami moderno – che il soggetto esibisce nei confronti della società, spesso in maniera anche non pienamente consapevole, tipicamente attraverso il suo comportamento, le relazioni interpersonali (quelle consentite dal virus e dalla clausura, ndr), e stati psichici alterati ovvero considerati anormali fino a causare stati di sofferenza psicologica per il soggetto. La definizione di follia è influenzata dal momento storico, dalla cultura, dalle convenzioni, quindi è possibile considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era normale e viceversa. Spesso in ambito filosofico e sociologico si preferisce il termine alienazione e devianza. Insomma, siamo a questo punto e non sappiamo più cosa pensare, né dove andrà a parare il nostro. L’imprevedibilità è per definizione la sua cifra. Non resta che seguirne le imprese e i vaneggiamenti. Certo, proviamo un’umana simpatia per il povero A.P., perché nel suo abisso in fondo in fondo riconosciamo un po’ delle nostre paranoie di questi giorni.

LA REDAZIONE

Mercoledì 25 marzo

Ho sognato che bussavano alla porta. Andavo ad aprire e vedevo che tutto il mondo era alla rovescia. Le nuvole al posto del marciapiede, gli alberi appesi alla terra, come tanti enormi pipistrelli verdi a testa in giù. In alto, vedevo passeggiare le capocce pelate dei pochi passanti, lucide come stelle, e saltavo da un cirrocumulo all’altro, cercando di non far caso allo strapiombo blu che si apriva sotto i miei piedi.

Qualcuno che diceva: È tutto storto, è tutto storto: il bello è brutto e il brutto è bello.

Mi sono svegliato tardi. Leggo i giornali e mi sembra che il sogno continui. Un ragazzo si è ripreso col cellulare mentre leccava un gabinetto pubblico per una challenge, qualsiasi cosa significhi. Pare che abbia contratto il virus. Non sono preoccupato per lui: mi sembra giovane e resistente. Temo piuttosto per la salute del gabinetto.

L’unica certezza sono le forze dell’ordine, non c’è che dire: l’ultima categoria che continua ad onorare le buone e sane tradizioni italiane. In una Milano totalmente deserta, due volanti sono riuscite a scontrarsi mentre inseguivano un ladro in scooter. “Non c’è nulla di divertente in questo episodio”, ha dichiarato uno dei poliziotti alla guida, toccandosi il naso rosso.

Oh, rosmarino mio, mio unico compagno. Non lo vedi? Il mondo scivola inesorabilmente verso la follia e lo stordimento. Ti sento spelacchiato e so che non potrai resistere a lungo, ma io ti posso aiutare.

Prima di inviare il progetto dello Zoonosocomio agli uffici tecnici del Comune mi bevo l’ultima bottiglia rimasta in casa. Avevo tenuto da parte un Amarone: bisogna festeggiare la fine di questa quarantena. Sì, presto sarà tutto finito. I malati saranno dentro il mio lazzaretto e torneremo alla normalità. C’è solo un’ultima cosa da fare, ma devo aspettare la notte…

Giovedì 26 marzo, dopo l’alba

Ciò che segue potrebbe sembrare un po’ strano, ma giuro sul mio rosmarino secco che è successo.

Ho aspettato fino alle tre di notte, poi sono uscito. Lo so che è qua in giro. L’ultima tessera del mio Zoonosocomio… Resta nascosto durante il giorno, in chissà quali armadi, ed esce solo la notte, per diffondere il virus mentre tutti dormono. Per questo bisogna uscire da soli, quando non c’è nessuno in giro: solo così si può catturare il paziente zero.

Dunque ho preso con me il nastro da pacchi per legarlo, mi sono messo la mascherina e sono uscito in strada. Ho perlustrato la zona, battendo le strade palmo a palmo. Nessuna traccia. Arrivato in piazza la nebbia ha cominciato ad infittirsi, come venuta su dal nulla per un banale scherzo narrativo.

Mi vergogno a scriverlo, ma mi sono perso. La nebbia copriva le sagome dei palazzi, accorciava le strade là dove le credevo lunghe, cancellava gli angoli che mi aspettavo vicini. Allora, in mezzo a quel bianco, ho sentito un rumore. Un rumore sottile, come di acqua che scroscia da una grondaia. E ho visto una sagoma, confusa fra i vapori. Il paziente zero? Possibile?

Fermo lì!, ho detto. Non ti muovere di un passo o ti lego con il nastro! Alza le mani, tienile bene in vista, e fatti più vicino.

Chi è che mi disturba mentre orino?

Alza le mani ho detto! Cos’è, fai finta? Non mi vedi?

Se non lo tengo fermo con le mani,

Io rischio di pisciarti sopr’i piedi.

Dante! È proprio lei! Oh santa Madonna! Ma cosa ci fa a spasso a quest’ora, è matto? Non sa che siamo tutti in quarantena?

Mi stava per scoppiare la vescica!

Per anni ho sopportato questa pena,

Stavo male: che vuole che le dica?

Ma si figuri, quando scappa, scappa. Anzi, mi scusi per i modi un po’ bruschi. Mi dispiace di non poterla accogliere come si deve. Se consente, la inviterei volentieri a prendere qualcosa da bere…

Preferisco questo saluto scialbo

all’ossequio delle camicie nere:

Cent’anni fa ad accogliermi fu Balbo.

Scusi, eh, ma cosa si aspettava? Non sa che è arrivato un virus dalla Cina? La gente deve restare in casa per contenere la malattia!

So del virus che chiamasi Corona;

ma anche prima d’oggi, per la via,

non si vedeva mai passar persona.

 Sì, ha ragione: la città non è cambiata molto per la pandemia… Le assicuro però che si stanno preparando grandi eventi per il Centenario! Ritorni fra un anno, vedrà che roba, vedrà quante persone!

Lei forse mi vuol prender per coglione?

S’io risento parlar del Dantedì,

le giuro che non apro più ‘l portone.

Ma come, non apprezza queste cose? Per tutto l’anno teniamo conferenze, facciamo bandi in suo onore, concerti, ospitiamo menti elevate…

Pel suo silenzio scelsi questa palus,

Non per sentir suonar queste cazzate!

I’ penso che non virus sia, ma salus:

ché forse, senz’eventi né follie,

potrem tornare a legger le poesie.

Senza dubbio, la capisco benissimo. Ora mi scusi, ma devo proprio lasciarla, devo andare via…

Mi vuole almeno dire chi lei sia?

Mi chiamo A. P., sono un architetto. Sto cercando il paziente zero per fermare questa malattia, ma devo far presto! È già quasi mattina, e se non lo trovo non finisco il mio lazzaretto.

Allora le propongo un bel progetto:

Se vuole farmi onor, e alla Divina, 

rada al suolo sta merda di tempietto…

Sepolcro un cazzo: questa è una latrina!

E badi di comporre senza falle…

Adesso me ne vo: ne ho pien le palle.

 

Tomba di Dante
Dante Alighieri

 

(IL SEGUITO ALLA PROSSIMA PUNTATA – GIOVEDÌ 9 APRILE)

QUI LA I PUNTATA: https://www.ravennanotizie.it/cultura-spettacolo/2020/03/26/quaderni-della-quarantena-di-un-misterioso-architetto-di-nome-a-p-prima-puntata/

QUI LA II PUNTATA: https://www.ravennanotizie.it/cultura-spettacolo/2020/03/28/quaderni-della-quarantena-di-un-misterioso-architetto-di-nome-a-p-seconda-puntata/

QUI LA III PUNTATA: https://www.ravennanotizie.it/cultura-spettacolo/2020/03/30/quaderni-della-quarantena-di-un-misterioso-architetto-di-nome-a-p-terza-puntata/

QUI LA IV PUNTATA: https://www.ravennanotizie.it/cultura-spettacolo/2020/04/01/quaderni-della-quarantena-di-un-misterioso-architetto-di-nome-a-p-quarta-puntata/

QUI LA V PUNTATA: https://www.ravennanotizie.it/cultura-spettacolo/2020/04/03/quaderni-della-quarantena-di-un-misterioso-architetto-di-nome-a-p-quinta-puntata/

QUI LA VI PUNTATA: https://www.ravennanotizie.it/cultura-spettacolo/2020/04/05/quaderni-della-quarantena-di-un-misterioso-architetto-di-nome-a-p-sesta-puntata/

Immagine di copertina: Caterina MorigiQuaderni, 2015, inchiostro su carta (per gentile concessione dell’artista)

All’interno, due immagini del tempietto progettato da Camillo Morigia

 

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