Carla Baroncelli e le parole della crisi: non andrà tutto bene, abbiamo rotto il mondo e non si riparte come prima, bisogna cambiare

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Carla Baroncelli, giornalista, scrittrice, femminista, ecologista, attenta osservatrice della realtà, ricercatrice e sarta di parole, ci racconta le parole che le danno fastidio e quelle che le piacciono in questa stagione della pandemia. Smonta l’affermazione (“troppo fideistica”) andrà tutto bene e il linguaggio guerresco. E punta tutto su scuola, ricerca, scienza, cambiamento. Perché una cosa per lei è certa: non si può ripartire con la stessa macchina di prima, come se nulla fosse accaduto. Quella macchina – il mondo – è rotta. E l’abbiamo rotta noi. Adesso ne serve una rimessa a nuovo. E sempre noi ci dobbiamo pensare.

L’INTERVISTA

Carla Baroncelli, tu lavori sulle parole. Da quale parola vuoi cominciare per parlare di questa crisi sanitaria e non solo?

“La prima cosa che mi ha dato fastidio è vedere quei cartelli con la scritta andrà tutto bene, al di là che può essere stato un gioco per i bambini o una forma di incoraggiamento collettivo. Ma quelle parole – andrà tutto bene – mi hanno fatto pensare subito alla crisi delle Torri Gemelle. Anche allora si dicevano certe frasi retoriche. Invece, mentre accadeva che due aerei si abbattevano sulle Torri Gemelle capivi, vedevi lucidamente il disastro che sarebbe venuto dopo: il terrorismo, le guerre, la contrapposizione fra Occidente e Islam. E anche con questa crisi del Coronavirus – pur molto diversa – capisci subito che non andrà affatto tutto bene. E poi tutto bene per chi? Abbiamo avuto più di 30 mila morti. È andata malissimo. L’altra parola che mi viene in mente è mascherina, l’oggetto necessario prima di uscire di casa.”

Tutti con la mascherina. Non significa anche una perdita di identità?

“No. Non in quel senso. Anzi, finalmente ci guardiamo negli occhi. Penso piuttosto al fatto che fuori di casa ci mettiamo la mascherina. Ma poi io penso al dentro casa e penso alle donne. Per loro non andrà tutto bene. Per loro sicuramente andrà peggio. Perché mi sono immaginata subito tutto quello che sarebbe successo, la ricaduta sulle donne di quell’andrà tutto bene. Quanto hanno dovuto e debbono lavorare le donne perché vada tutto bene? Tutto nelle mani delle donne, il loro lavoro è diventato il triplo di quello di prima. Fuori e dentro casa. Ma torniamo alla mascherina. Quando sei in casa te la togli. Ma quando sei in casa senza mascherina per tante ore, allora ecco la ‘smascherazione’. Cosa succede all’interno delle famiglie? E qui mi viene in mente subito la violenza che c’è nella vita domestica.”

Andrà tutto bene. Mascherine. Donne. Violenza domestica. Perché il lockdown ha fermato quasi tutto ma non la violenza domestica.

“Certo che no. Altri femminicidi. Altre violenze. Molto in aumento, anche se oscurate da altre emergenze. Sai cosa vuol dire vivere in casa con un uomo violento? Ti porta via il telefono. Ti impedisce di parlare. Ti umilia. Ti picchia. Perché dentro casa non ha più la maschera, può far vedere il suo vero volto.”

Oltretutto in un luogo chiuso, quasi di contenzione.

“Certo. Non c’è nemmeno la possibilità di chiedere aiuto. Infatti, Linea Rosa e i Centri Antiviolenza hanno cercato di trovare per le donne in difficoltà un codice, un sistema per comunicare.”

E vogliamo parlare della parola task force, cioè di questa pletora di tecnici ed esperti di cui si è circondato il governo, praticamente tutti uomini?

“Maschilismo e sessismo in questi frangenti aumentano, con le donne che vengono viste solo nel loro ruolo di cura della casa per fare in modo che vada tutto bene. E anche adesso si pensa solo a far ripartire l’economia. Ma ripartire vuol dire rimettere in moto lo stesso motore che avevi prima. Magari lo accomodi se si è rotto, cioè questo mondo che noi abbiamo rotto. E che cosa facciamo? Lo facciamo ripartire così com’è? La stessa macchina con lo stesso motore? Non deve andare così. Bisogna aggiustare le cose.”

Tu sei femminista ed ecologista. Quindi l’altra parola è cambiamento.

“Sì. Ci vuole un’altra economia. Un’economia della cura, che si prende cura delle persone ma anche dell’ambiente. E la cura deve partire dall’istruzione, dall’educazione. Invece, purtroppo le scuole si sono fermate. Per ripartire si dice mandiamo tutti i bambini alla classe successiva: e alla classe perduta chi ci pensa? Finiranno per pensarci ancora una volta le donne, a casa.”

Che poi con la ripartenza vengono di nuovo penalizzate perché devono accudire i figli e non sanno dove lasciarli, quindi molte rischiano di dover mollare il loro lavoro.

“È così. Mi viene in mente la petizione delle donne tedesche che hanno inviato ai governanti dei propri laender la fattura per la remunerazione di tutti i lavori svolti durante la quarantena. Mi sembra che fossero 8 mila euro a testa. Ma non bisogna essere femminista, bisogna solo essere donna per capire.”

Anche il linguaggio guerresco usato spesso durante questa crisi sanitaria – me ne sono reso responsabile io stesso – ha di fatto indirizzato il dibattito pubblico su una china tutt’altro che favorevole a una prospettiva femminista o anche solo femminile.

“Non parliamo di questo. Il linguaggio guerresco era usato dagli uomini anche prima. Adesso ancora di più. Ma cosa c’entra la guerra? Dobbiamo fare la guerra a un virus? No, dobbiamo capire, studiare, ricercare. Dobbiamo dare più soldi alla ricerca. Puntare sulla scuola. Alla fine, in molti paesi e nella stessa Cina come hanno interpretato questa metafora della guerra? Prendendo misure antidemocratiche, mettendo in galera persone scomode, come il primo medico ricercatore cinese che aveva denunciato la diffusione del virus. Parlare di guerra non serve a niente. Così come fare paragoni con altre epidemie come la peste o la spagnola di 100 anni fa. Oggi abbiamo strumenti diversi. La scienza. La ricerca. Lo studio. Ecco su cosa puntare.”

Oltre a quell’andrà tutto bene c’è stata anche quest’altra affermazione che è andata per la maggiore: ne usciremo migliori. Siamo cambiati o tornerà tutto come prima, come nulla fosse successo?

“Questo dipende dagli individui, da quello che hanno capito. Ma certo la ripresa non può e non deve essere che tutto torna come prima. No. Non voglio che tutto torni come prima. Mi sono accorta che mettendo a posto gli armadi avevo tutto. Troppo. Anch’io ho comprato troppo. Tantissime cose inutili o superflue. Dobbiamo cambiare prima di tutto individualmente. E poi quando andiamo a votare dobbiamo fare delle scelte coerenti con un’altra idea di economia e di società.”

Pensi che sprecheremo questa occasione per ripensare le nostre vite, le nostre società?

“Non voglio essere pessimista, anche se mi verrebbe da esserlo. Invece mi sforzo di pensare che molti individui abbiano capito e che cambieranno. E dobbiamo puntare sulle scuole. Altro che un banco distanziato dall’altro. No. Devono riprendere le scuole, ce ne devono essere di più, meglio organizzate, basta con 30 bambini in una classe e non perché c’è il virus ma perché così non si studia bene, non s’impara abbastanza.”

Tu come sei stata durante la quarantena?

“Io sono stata proprio bene. La quarantena mi corrisponde. Anzi, ho scritto una cosa che mi sembra abbia un senso e quindi sono contenta. Ma ci sto ancora lavorando.”

Quindi hai letto, hai scritto, sei stata con te stessa.

“Sì. E con Barbara, con cui condivido interessi, ritmi, desideri, tutto.”

Ultima domanda a proposito di ripresa. Hai visto gli assembramenti di questi giorni in alcune città, soprattutto di giovani. Che ne pensi? Fai il poliziotto buono o quello cattivo?

“Io non voglio essere un poliziotto. Vorrei che si imboccasse la strada del cambiamento. Questi sono i ragazzi di prima. E saranno sempre quelli se non interviene un’educazione diversa. Tutto parte dall’ignoranza o da un difetto di intelligenza, dal non aver capito perché stiamo al mondo, che cos’è questa nostra vita. Non dobbiamo ripartire da dove eravamo rimasti. E no cari. Per esempio, le Frecce Tricolori che sfrecciano nei cieli il 2 Giugno, non ti dico la banalità che quei soldi si potrebbero spendere in altra maniera, ma ti dico che le Frecce non vanno bene perché sono troppo inquinanti. È sempre lo stesso inquinamento di prima. Non hanno capito un cazzo, allora. Non deve ricominciare tutto come prima. Bisogna mettere tutta l’energia sulla ricerca e sull’istruzione. Solo così cambieremo registro alle nostre vite. Solo così cambieremo il mondo.”

Carla Baroncelli e Barbara Domenichini

Carla con la sua compagna Barbara

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Commenti

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  1. Scritto da Cecilia e Roberto

    Tutto quello che hai scritto lo condividiamo in pieno.
    Grazie