Lido Adriano. Cisim, rassegna Approdi parte con lo spettacolo “Pane e Petrolio”

La rassegna Approdi ospita venerdì 27 e sabato 28 agosto a partire dalle 20 lo spettacolo Pane e Petrolio, una coproduzione Teatro delle Ariette, Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, di e con Paola Berselli, Luigi Dadina, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini.
Ingresso unico 15 euro. Durante lo spettacolo si preparerà il cibo per il pubblico, i posti sono limitati, la prenotazione è obbligatoria. L’ingresso al CISIM prevede la tessera annua AICS (5 euro) che si può sottoscrivere anche online su www.ccisim.it

Ogni attività verrà svolta nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di prevenzione e contenimento del Covid-19. Per accedere agli eventi in programma, sarà necessario presentare, insieme al biglietto anche il proprio Green Pass – Certificazione verde COVID-19 leggibile dall’app di verifica nazionale “VerificaC19”.

“Pane o petrolio?”, è la domanda che Stefano Pasquini del Teatro delle Ariette pone al pubblico raccolto attorno a un tavolo imbandito di tortelli, frutta, formaggio, vino: si tratta dell’unico momento del lavoro in cui l’attore e regista esce dalla partitura scritta per entrare in modalità improvvisativa pura, cercando di coinvolgere gli spettatori a prendere posizione in merito a questi beni.

In una scena condivisa da attori e spettatori, intorno a un grande tavolo-mensa, si dipana il racconto di una generazione che ha attraversato il guado dalla civiltà contadina a quella operaia, per ritrovarsi in un mondo in cui tutto sembra sbriciolarsi e dove, tra i resti, si fanno spazio diverse intolleranze, quelle alimentari come quelle sociali. Il progetto Pane e Petrolio nasce dal desiderio di un incontro umano e artistico, un incontro preparato nel tempo, quasi senza volerlo, perché i percorsi di ricerca teatrale del Teatro delle Ariette e del Teatro delle Albe sono stati già da molto tempo (20 anni) percorsi paralleli, che si osservavano, si chiamavano, dialogavano e avevano bisogno prima o poi di convergere.

“In tutti questi anni – spiegano Berselli, Dadina, Ferraresi e Pasquini –, con il teatro, abbiamo interrogato un’identità comune per trovare risposte alle nostre inquietudini. Abbiamo abbandonato le strade maestre del teatro per inoltrarci in sentieri lontani dai sipari e dai velluti. Grazie a questi sentieri abbiamo ritrovato le nostre radici, le umili origini di figli di quel mondo contadino e operaio, incarnato nei simboli della falce e del martello. Un mondo oggi apparentemente scomparso”.

Di queste radici la società contemporanea, che viaggia a velocità supersonica, ne conserva incrostate le tracce nelle periferie e nelle province. “Lì abita il nostro popolo e stanno i nostri spettatori ideali – dicono ancora gli autori – lì vivono i ragazzi e i cittadini che frequentano i nostri laboratori, che fanno teatro con noi, da Lido Adriano a Valsamoggia, da Diol Kadd a Calais. Siamo cresciuti mentre si sbriciolava tutto. Pasolini lo racconta con dolore e lucidità. Siamo venuti al mondo generati dalle viscere di una civiltà morta (o morente). Di quella civiltà continuiamo a portare i segni, negli occhi, nella voce, nel corpo, nelle mani e soprattutto nella testa, dentro.

Da queste radici nasce il percorso parallelo delle Ariette e delle Albe, due compagnie che si muovono nelle periferie e nelle province, alla ricerca di quelle tracce, parlando con la gente per strada, nei bar, nelle piazze, raccogliendo storie per creare un racconto collettivo con un lavoro quasi manuale, da teatranti artigiani, contadini e operai. «Da quel punto di partenza guardiamo il mondo con gli occhi di oggi, rievocando i nostri genitori, i nostri padri, reali e spirituali, pensieri e presenze che tornano in vita attorno al nostro tavolo, dove siedono gli spettatori mentre noi prepariamo i tortelli con la ricetta della mamma di Gigio. Si delinea così un percorso autobiografico che dalla nostra storia abbraccia le parole, i protagonisti, le vicende di un’epoca, e la vita degli spettatori È così chiaro! Quando facciamo teatro siamo artigiani, contadini, operai. Portiamo in scena noi stessi, con le nostre storie, le nostre esperienze di vita. E la scena è uno spazio intimo e condiviso con gli spettatori. È un grande tavolo attorno al quale ci muoviamo per preparare il cibo che poi mangeremo insieme, i tortelli, il pane”.

Attorno a quel tavolo si compie il rito laico e quotidiano del nutrimento. E i gesti, gli sguardi, i suoni e i silenzi si intrecciano alle parole, “le nostre parole di vita, quelle che raccontano i fatti esclusi dai libri di storia. Alto e Basso, Passato e Presente, Grande e Piccolo, Vicino e Lontano, Tragico e Comico si danno appuntamento attorno a quel tavolo per il tempo di uno spettacolo che assomiglia a un pranzo o a una cena che potrebbe essere l’ultima, la prima, oppure soltanto una cena qualsiasi, come in famiglia”.