Al via al MIC Faenza la mostra “Nino Caruso. Forme della memoria e dello spazio”

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Il MIC di Faenza celebra, dal 28 maggio al 9 ottobre, un protagonista della storia della ceramica con la prima antologica a lui dedicata dopo la sua morte. Artista, ceramista, designer, scrittore, Nino Caruso è noto in tutto il mondo per il suo contributo fondamentale all’arte ceramica, in ricerca continua tra tradizione e innovazione.

Nino Caruso

La mostra, a cura di Claudia Casali e di Tomohiro Daicho, curatore del MOMAK di Kyoto, con il supporto dell’Archivio Nino Caruso è già stata allestita nel 2020 nei musei giapponesi di Kyoto e Mino, con i quali il MIC di Faenza è coproduttore, e finalmente, dopo due anni di sospensione dovuti alla pandemia, approda a Faenza. Il percorso, costellato da grandi sculture e installazioni, racconta con circa cento opere, oltre cinquanta anni di brillante carriera di un protagonista assoluto della ceramica internazionale.

Caruso ebbe un’attività artistica ed espositiva ricchissima che affiancò a quella didattica ed editoriale. È l’autore dei più importanti manuali di ceramica – tradotti in tutto il mondo – e i suoi interventi pubblici sono disseminati tra la Galerie Les Champs di Parigi e la Chiesa Evangelica a Savona, il Giappone, presso il parco di Shigaraki, l’Ospedale di Tokai e City Hall, e il Portogallo, presso La Rotunda di Coimbra. Le sue sculture si trovano alla stazione ferroviaria di Gijon, in Spagna e nella stazione della metropolitana di Marsiglia.

La sua grande passione per la ceramica si tradusse in un altrettanto impegno promozionale di valorizzazione di questa antica tecnica. Negli anni Settanta fondò il Centro Internazionale di Ceramica e affidò la presidenza a Gio Ponti. Il centro, fino al 1985, fu il punto di riferimento per molti artisti e studiosi di ceramica italiani e stranieri. Inoltre, nel 1982, fu invitato dalla Rai a condurre dieci puntate sull’arte ceramica che lo resero molto popolare anche tra i non addetti ai lavori.

Comincia a dedicarsi all’arte a metà degli anni Cinquanta quando Salvatore Meli, anche lui siciliano, lo introdusse a Villa Massimo a Roma. Qui conosce Guttuso, Leoncillo e Mazzacurati e gli altri artisti dell’avanguardia romana che ovviamente lo influenzarono. “Dall’incontro con Meli, lavorando per lui, – ricorda Caruso – iniziai a sviluppare il mio linguaggio artistico”.

La sua carriera personale si sviluppa a partire dal 1965 quando ebbe l’intuizione di usare il polistirolo per realizzare stampi a colaggio in cui versare l’argilla ideando un metodo di lavoro che si tradusse in uno stile personale fondato sul modulo che poi applicò a tutto il suo lavoro: dalla scultura al design fino ai pannelli decorativi applicati all’architettura.

Fondamentale fu per lui la riscoperta di civiltà antiche e delle loro sapienti tecniche come quella etrusca e quella giapponese che poi applico alla propria ricerca artistica in costante dialogo con il passato.

Il suo lavoro in particolare in Giappone ebbe molto successo. Fu premiato al Concorso Internazionale di Ceramica di Nagoya nel 1973, e nel 1982, venne dedicata alle sue opere una mostra itinerante a Kyoto alla Asahi Gallery, al centro di ricerca di Tokoname, e all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo.

La mostra è realizzata grazie al supporto di Mic-Direzione generale, educazione, ricerca e istituti culturali, Regione Emilia-Romagna, Comune di Faenza, Unione della Romagna Faentina, Hera.

Ogni venerdì di giugno, alle ore 18, visita guidata aperitivo (inclusa nel prezzo del biglietto).

Video di Gianni Zampaglione

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