C’ero anch’io su quel treno: Giovanni Rinaldi presenta il suo libro al Chiostro Dal Monte di Lugo

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Giovanni Rinaldi presenta il suo “C’ero anch’io su quel treno” sabato 18 giugno alle 21.15 al Chiostro Dal Monte di Lugo.

Il libro ripercorre le vicende dei bambini del Sud Italia, salvati dalla miseria e dalla povertà all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, dai “treni della felicità” organizzati da Udi e partito comunista.

Sinossi del libro

«I bambini affamati erano tanti. Cominciava il tempo umido e freddo e non c’era carbone. I casi pietosi erano molti, moltissimi. Bam­bini che dormivano in casse di segatura per avere meno freddo, senza lenzuola e senza coperte. Bambini rimasti soli o con parenti anziani che non avevano la forza e i mez­zi per curarsi di loro.» Così scrisse Teresa Noce, dirigente dell’Udi, Unione donne ita­liane, che fu l’anima del grande sforzo col­lettivo avviato all’indomani della Seconda guerra mondiale per salvare i piccoli del Sud condannati dalla povertà. Li accolsero fa­miglie del Centro-Nord, spesso a loro volta povere ma disposte a ospitarli per qualche mese e dividere quel che c’era. Un’incredibi­le espressione di solidarietà che richiese un intenso lavoro logistico, con il coinvolgimen­to di medici e insegnanti. E che non fu priva di ostacoli, tra cui la diffidenza della Chiesa timorosa dell’indottrinamento filosovietico, con qualche parroco che avvertiva: «Se an­date in Romagna i bimbi li ammazzano, se li mangiano al forno».

Giovanni Rinaldi raccoglie queste storie da oltre vent’anni: partendo dalla sua terra, il Tavoliere delle Puglie, ha viaggiato in ogni regione d’Italia parlando con tanti ex bam­bini dei «treni della felicità». Franco che non aveva mai dormito in un letto pulito. Seve­rino che non era mai andato in vacanza al mare. Dante che non sapeva cosa fosse una brioche. Rosanna che non voleva più toglie­re l’abito verde ricevuto in regalo, il primo con cui si sentiva bella. Con le loro voci e un’accurata ricostruzione storica disegna un mosaico di testimonianze di prima mano, di­vertenti e commoventi: il ritratto di un’Italia popolare eppure profondamente nobile.

 

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