Ravenna Festival. La musica e le “canzoni mistiche” di Franco Battiato esaltano e incantano il Pala De André foto

È difficile spiegare quanto la musica possa toccare le corde. Te ne accorgi quando ascoltando un’aria, una melodia o una canzone ti commuovi fino alle lacrime. Ti si bagnano gli occhi, letteralmente. È successo esattamente questo ieri sera al Ravenna Festival per l’omaggio a Franco Battiato. La sua grande anima è ancora con noi e la sua carezza è scesa sul Pala De André per regalare al pubblico due ore e mezza di autentico godimento. Grazie anche alla bravura dei musicisti e degli interpreti. Su tutti una menzione speciale per Alice, la cui voce continua a rappresentare un miracolo di eleganza, forza e profondità.

Omaggio a Battiato

Franco Battiato se ne è andato il 18 maggio 2021, ma la sua musica – che è stata per tanti di noi la colonna sonora di una vita – continua a risuonare nelle sfere celesti di cui si è fatto portavoce attraverso un’incessante ricerca musicale e filosofica. A un anno dalla sua scomparsa, Ravenna Festival ha tributato al compositore siciliano l’omaggio forse più aderente alla sua sensibilità, con una composizione sacra e alcune canzoni definite “mistiche”, che hanno rappresentato un filo rosso nella carriera di Battiato, artista poliedrico, dalle tante facce e contaminazioni, dove si intrecciano continuamente l’alto e il basso, il colto e il popolare, il sacro e il profano, la sperimentazione e la hit. Ma dove nulla è banale.

Nella prima parte della serata al Pala De André è stata eseguita la Messa Arcaica, una produzione originale di Ravenna Festival e Sagra Musicale Malatestiana, che ridà vita al grande progetto di musica sacra composto per la Basilica del Santo ad Assisi nel 1993 e riproposto al Teatro Greco Romano di Catania nel 2017, nell’ultima apparizione pubblica di Battiato. L’esecuzione è stata affidata all’Orchestra Bruno Maderna diretta da Guido Corti e al Coro della Cattedrale di Siena “Chigi Saracini” sotto la guida di Lorenzo Donati. Con loro le voci di Juri Camisasca (che ha preso il posto di Battiato, primo interprete della Messa) e di Cristina Baggio, entrambi vicini al cantautore, che agli amici amava ripetere: “Non sono cattolico ma neppure musulmano, buddista, o induista. Ho una mia spiritualità, una mia ricerca dell’ascesi. Sono un uomo religioso. Non ho una parrocchia, non mi piacciono le etichette”.

La Messa Arcaica comincia con una nota alta, tesa, vibrante, che dura un tempo interminabile, quasi insostenibile, tanta è la tensione. È una tensione verso l’alto, verso la luce, per stabilire un contatto con ciò che di più profondo è dentro di noi e oltre di noi. Poi la Messa cresce come una rappresentazione sacra antica e ti trasporta in un’atmosfera medievale, che noi allevati ai riti cristiani, immaginiamo come un’austera chiesa romanica o una svettante cattedrale gotica, e la musica ti trascina allora fino a farti toccare vette sublimi, con la voce divina di Cristina Baggio.

Nella multiforme ricerca musicale di Franco Battiato, l’arco tra il 1987 ed il 1994 può essere definito “periodo mistico”. È di questi anni, infatti, la composizione di tre opere liriche (Genesi, Gilgamesh e Federico II – Il Cavaliere dell’intelletto) e di molte canzoni intrise di spiritualità. L’inizio di questa fase coincide col ritorno di Battiato nella sua Sicilia, che aveva lasciato 22 anni prima per raggiungere Milano. Del periodo mistico, l’apice è la “Messa Arcaica” commissionata dalla Sagra Musicale Umbra. «Mi è costata una fatica immensa, in certi momenti mi sono sentito prosciugato», dichiarò il compositore. Ma alla fine l’opera venne eseguita il 23 ottobre 1993 nella Chiesa di San Bernardino all’Aquila e replicata il giorno seguente nella Basilica Superiore del Santo ad Assisi. La Messa segue la canonica suddivisione dell’Ordinarium (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei) ed è concepita per due voci soliste, coro e orchestra.

Perché “arcaica”? È Battiato a spiegarlo: «È il percorso compositivo che è arcaico. Ho voluto restituire al testo un significato primigenio». Musicalmente la Messa si veste di sonorità essenziali e rarefatte. È una composizione che aiuta ad avvicinarsi al silenzio interiore, uno degli orizzonti perduti dei nostri tempi.

Dopo la Messa Arcaica nella seconda parte della magnifica serata ecco le “Canzoni Mistiche” di Battiato sempre frutto di quella sua inquieta serena ricerca spirituale e filosofica. Titoli importanti, alcuni più popolari, altri meno conosciuti, tutti ancora straordinariamente vicini e intimi. Franco Battiato è sempre qui, con la sua musica immortale e le sue composizioni: sembra riduttivo chiamarle solo canzoni, anche se tecnicamente questo sono, perché musicalmente sono estremamente ricche e i testi, beh i testi sono poeticamente inarrivabili. Canzoni “difficili” si sarebbe detto una volta. Canzoni impegnate, altrimenti. Insomma, non solo canzonette. Eppure canzoni che toccano l’anima, che arrivano e quindi canzoni popolari nel senso più alto del termine.

Parliamo di “Come il cammello in una grondaia”, “L’ombra della luce”, “Le sacre sinfonie del tempo”, “L’oceano di silenzio”, “Lode all’inviolato”, “E ti vengo a cercare”, “L’animale”, “La cura”, ma anche dei tre eccezionali bis concessi: quindi “Gli uccelli”, “Prospettiva Nevski” e “L’era del cinghiale bianco.” Bravissimi gli interpreti, tutti accomunati dall’amicizia e dalla condivisione di progetti con Battiato. È il caso di Carlo Guaitoli, Cristina Baggio, Simone Cristicchi, Juri Camisasca e Alice.

Franco Battiato è stato una sorta di pigmalione per diversi artisti, ma su tutti spiccano certamente due donne dalla voce eccezionale. Giuni Russo che ci ha lasciato prematuramente qualche anno fa. E Alice che ha saputo farsi interprete del pensiero di Battiato, spaziando in un repertorio immenso, dal classico al pop, e continuando la ricerca del maestro intraprendendo una sua strada personale, artisticamente importante anche se non sempre coronata dal successo e dal riconoscimento popolare.

Ad Alice interprete di Battiato ieri sera è toccato il compito di cantare la canzone più intensa e struggente a chiusura del programma: “La cura”. Il pubblico l’ha accolta e salutata con grandissimo affetto e calore, con infiniti applausi e stringendo in un ideale abbraccio musicisti, cantanti e Franco, che di lassù certamente sorrideva.