In uscita “Annali Romagna 2015” della rivista Libro Aperto

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Sta uscendo “Annali Romagna 2015” di Libro Aperto, la rivista culturale diretta da Antonio Patuelli ed edita a Ravenna dalla omonima Fondazione senza scopo di lucro e frutto soltanto di volontariato.

Il cospicuo volume di grande formato (196 pagine) è aperto dalla rubrica “Europa in cammino” con saggi di Walter Della Monica su “1265-2015 – 750 anni dalla nascita di Dante. Le prime edizioni a stampa della sua ‘Comedia’”; di Adalberto Scarlino sulle Bandiere di Dante; di Mirella Falconi Mazzotti “Dalla fuga alla circolazione dei cervelli. Prospettive per invertire il flusso delle risorse intellettuali”; di Antonio Iammarino sul Medio Oriente da San Paolo ad oggi; di Sauro Mattarelli sulla Romagna in cammino.
Nella rubrica “Libertà Economiche” appaiono scritti di Ferruccio Fronzoni su “Romagna: notevoli potenzialità per uscire dalla crisi”; di Stefano Silvestroni sulle prospettive per il Porto di Ravenna: dallo sviluppo del Gas Naturale Liquefatto nella propulsione delle navi; di Mario Boccaccini sulla Romagna solidale; di Beppe Rossi su Ravenna, capitale del volontariato, dove la normalità è fare il bene.

Nella particolarmente rilevante rubrica “Il tempo e la storia” appaiono saggi di Mons. Giovanni Montanari sui tre mausolei ravennati: comparazioni storico-artistiche; di Osiride Guerrini su un viaggio di secoli sulla via Romea: storia di una via costiera; di Umberto Zaccarini sulla lunga storia delle “scholae” ravennati; di Massimo Ragazzini su Marradi 1358: gli abitanti sconfiggono la grande compagnia di Corrado di Landau; di Giovanni Celletti su Ravenna città cosmopolita; di Ugo Mongardi Fantaguzzi sulla nascita del Castello medioevale di Riolo; di Giovanni Gardini su “Santi e virtù nella Chiesa di San Carlino a Ravenna; di Alessandro Bazzocchi sulla confraternita ravennate di San Carlo Borromeo presso la Chiesa dei santi Fabiano e Sebastiano; di Roberto Campisi sull’attualità del pensiero di Evangelista Torricelli; di Claudia Giuliani sui tre secoli di Biblioteca Classense; di Donatino Domini su Pietro Canneti, l’abate letterato; di Daniela Poggiali su Antonio Martinetti e la decorazione in stucco nell’Aula Magna della Biblioteca Classense; di Romano Pasi su Luigi Rossini, emulo del Piranesi; di Angelo Varni sullo Stato pontificio fra Napoleone e la restaurazione; di Antonio Patuelli sul Cardinale Legato Luigi Amat; di Anna Maria Valli Spizuoco sui misteri del Palazzo Apostolico: un itinerario inedito nella Ravenna che pochi conoscono; di Federico Lasagni Manghi su Silvestro Gherardi fisico, matematico e patriota; di Alessandro Pilotti su Gaspare Finali, statista romagnolo; di Paola Novara su “Per la formazione del Museo Nazionale di Ravenna”; di Lanfranco Gualtieri su Palazzo Guiccioli; di Giorgio Amadei sulla storia dell’agricoltura romagnola; di Alberto Bucchi e Valeria Vignali sulla ferrovia Faentina; di Desideria Pasolini dall’Onda su Montericco; di Luciano Contessi sui circoli dell’ ‘800; di Enrico Baldini su “Agosto-Dicembre 1914: cinque mesi di neutralità; di Claudia Bassi Angelini sulla mobilitazione civile delle donne ravennati durante la prima guerra mondiale; di Mons. Piero Altieri su “Quando i polacchi combatterono per la nostra libertà”; di Ottavio Righini su Confcommercio che compie 70 anni; di Franco Gàbici sulla morte 50 anni fa di Achille Rotondi, detto “Zambutéen”, l’ultimo degli erboristi; di Paolo Mengoli sui 180 anni di Angelo Cuccoli.

Nella sezione “Ricordi” appaiono scritti di Giovanni Lugaresi su Don Fuschini, di Egisto Pelliconi sulle sorelle Lega di Brisighella; di Roberto Campisi e Zeffiro Ciuffoletti su Natale Graziani, di Ermanno Cicognani sul Caffè Vespignani di Faenza; di Daniele Sangiorgi sui 50 anni di Scienze Politiche a Bologna; di Francesco Mario Agnoli su Ravenna 1966, di Camillo Venesio su “Antonio, io e l’ABI”.
Infine, nella sezione “Uomini Donne e Libri”, appaiono tra gli altri scritti di Gianni Ravaglia, Dino Mengozzi e Sisto Finessi.
Il numero è concluso dalla rubrica “Letture e riletture” con uno scritto di Daniele Bulgarelli che riscopre Fausto Saporetti che resse la direzione della Biblioteca Classense: ora viene pubblicato uno stralcio del carteggio fra Corrado Ricci e Gabriele D’Annunzio in particolare sulla visita del poeta a Ravenna e sulla preparazione della sua “Francesca da Rimini”.

Di seguito anticipiamo il testo dell’articolo di Antonio Patuelli sul Cardinale Legato Luigi Amat.

“Emergono nuovi elementi sul Cardinale Luigi Amat di San Filippo e Sorso che nacque in provincia di Cagliari nel 1796 e che nel 1837 fu nominato da Papa Gregorio XVI Legato Pontificio a Ravenna. Il Cardinale Amat si caratterizzò negli anni della Legazione a Ravenna come sensibile alle tendenze liberaleggianti, nel 1840 fu fra i cento benemeriti sottoscrittori di azioni per la costituzione della Cassa di Risparmio di Ravenna e negli stessi anni strinse amicizia con i più illustri esponenti liberali del luogo a cominciare da Luigi Carlo Farini cui, nei primi anni Quaranta, consigliò la fuga in esilio prima che fosse materialmente raggiunto dal mandato di cattura di cui il Cardinale Amat aveva avuto anticipata notizia.

Ora da uno studio di Carlo M. Fiorentino pubblicato sull’autorevole rivista “Studi Piemontesi” (volume 42°, fascicolo primo, giugno 2013) emergono nuovi interessanti elementi su questo illustre prelato liberaleggiante che dal 1819 al 1823 era stato Vice Legato Pontificio a Bologna. A Ravenna rimase fino al 1844 quando venne nominato prefetto di Propaganda Fide per divenire nel 1847 Legato Pontificio di Bologna fino al 1852, in anni di particolare complessità con il 1848-1849, per avere, poi, ulteriori importanti incarichi a Roma e divenire nel 1876 anche Decano del Sacro Collegio dei Cardinali.

In questo studio emerge che “durante tutta la sua carriera ecclesiastica l’Amat mostrò qualità diplomatiche, moderazione, ma anche pugno di ferro in ogni circostanza, anche la più scabrosa, come per esempio a Ravenna e poi a Bologna, in una situazione di fermento politico assai acceso. In particolare, il suo ruolo politico fu di notevole importanza durante la prima guerra di indipendenza (….). Infatti, l’Amat, legato ormai da anni all’ambiente liberal-moderato dell’Emilia Romagna, con il proclama del 4 maggio (1848) tentò di edulcorare la portata deflagrante dell’allocuzione pontificia” di Pio IX del 29 aprile 1948 con la quale ritirò l’appoggio alla causa nazionale italiana nella prima guerra di indipendenza. Proprio in quei frangenti del ’48 il Cardinale Amat e Luigi Carlo Farini operarono “di concerto” per cercare di salvare il sistema statutario appena concesso da Pio IX nello Stato Pontificio e per rinnovare l’impegno politico e militare in Lombardia a fianco dell’esercito piemontese nella prima guerra di indipendenza.

Nell’importante saggio di “Studi Piemontesi” emerge che nel 1853 il Cardinale Amat cercò di favorire da parte pontificia i contatti con il governo di Torino, guidato da Cavour, per dirimere le questioni insorte nei rapporti fra Stato e Chiesa nel Regno Sardo Piemontese. A fine 1860 il Cardinale Amat tentò ugualmente di favorire costruttivi rapporti con il governo di Torino, sempre guidato da Cavour e che si avvicinava alla proclamazione dell’Unità d’Italia dopo il quasi “miracoloso” biennio risorgimentale 1859-1860. Il Cardinale Amat tentò di convincere Pio IX che occorreva impegnarsi nella difesa del potere spirituale, invece di quello temporale che Pio IX difendeva con forte vigore.

Anche negli ultimi anni di vita, quando era anziano e malfermo di salute, il Cardinale Amat apparve a Visconti Venosta come uomo “di sentimenti liberali e conciliativi”. Ma nel conclave del febbraio 1878, dopo la morte di Papa Pio IX, il Cardinale Amat, per problemi di salute, dovette lasciare anche le funzioni di decano del Sacro Collegio. Insomma Luigi Amat di San Filippo e Sorso, cagliaritano, pur realizzando una carriera ecclesiastica di grandissimo prestigio, non dimenticò mai la sua formazione di suddito del Regno di Sardegna col quale moralmente mantenne sempre un rapporto costruttivo.”

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