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Il Bitcoin verso un nuovo picco

La stagione più difficile dell’umanità dai tempi, forse, della Seconda guerra mondiale, si sta tramutando nel periodo d’oro delle criptovalute. Le monete digitali, infatti, sono state individuate come una sorta di bene rifugio in tempi di pandemia, quando gli scambi azionari e valutari sono ridotti al minimo, la produzione è praticamente ferma, e persino alcuni settori cruciali dell’economia mondiale registrano delle flessioni decisamente preoccupanti, per usare un gentile eufemismo. Basti vedere come hanno reagito i mercati al recente crollo del prezzo del petrolio.

Come ampiamente prevedibile, a beneficiare dell’improvvisa impennata di interesse verso i cosiddetti altcoins, è stata soprattutto la valuta digitale più importante, vale a dire il Bitcoin. È stato quest’ultimo, infatti (assieme all’oro, unico bene rifugio tradizionale a registrare una crescita significativa sui mercati internazionali), a maturare l’impennata maggiore in termini di valutazione, assestandosi oltre la soglia dei 7.000 dollari. Tutto ciò a dispetto di un mercato che, nel corso dell’ultima settimana, a livello di scambi si è sostanzialmente stabilizzato. Segno che il Bitcoin sta entrando di diritto nel ristretto novero delle valute di pregio, marcando al tempo stesso uno scarto, se possibile, ancora superiore rispetto alle altre valute digitali. Questo malgrado le ottime performance, sempre in termini valutari, del suo concorrente più agguerrito, Ethereum, capace di segnare un rialzo, nel medesimo periodo, di oltre il doppio rispetto al Bitcoin.

Ma Ethereum a parte, dall’inizio della pandemia di COVID-19 è l’intero movimento delle criptovalute a essere sottoposto a una sorta di spinta propulsiva verso l’Olimpo dei mercati. Infatti, se il Bitcoin trading sta registrando un upgrade a livello di reputazione sui mercati valutari, se Ethereum sta marciando a ritmi da record, sono ben poche le monete digitali che segnano il passo. Tra queste figurano XRP, EOS, TRON e Litecoin, ma i lievi ribassi – tutti inferiori al punto percentuale – fatti registrare da tali valute negli ultimi giorni non sembrano destare particolari preoccupazioni, né si prestano a essere interpretati come delle avvisaglie di un’imminente inversione di tendenza del mercato. Anzi, le leggere fluttuazioni dei “pesi medi” del settore sembrano fare il gioco dei giganti, che non a caso stanno traendo beneficio dalla situazione.

A riprova di ciò, l’ipervalutazione di Bitcoin ed Ethereum non sembra conoscere battute d’arresto, almeno sul breve termine, neanche di fronte ai primi, timidi segnali di ripresa dei mercati tradizionali. Forse ciò dipende anche dalla volatilità di questi segnali, o quantomeno dallo scetticismo degli investitori, almeno nel breve periodo. Si sa, infatti, che nelle fasi di grande recessione economica anche le più piccole avvisaglie possono essere recepite con un’enfasi sproporzionata. È il caso, ad esempio, dei mercati americani, i quali hanno sussultato alla notizia che in un ospedale di Chicago una terapia a base di Remdesivir – un farmaco antivirale già presente in commercio, che ha già dato prova della sua efficacia nel contrasto all’epidemia di Ebola – abbia avuto effetti positivi su numerosi pazienti affetti da COVID-19 con sintomatologia grave. Ma come si sa, una rondine non fa primavera, e prima di poter battezzare come una vera e propria ripresa economica quella che al momento può essere considerata, al massimo, alla stregua di una scarica elettrica a media intensità, saranno necessari tempo e continuità. Esattamente ciò che quasi nessun mercato – almeno tra quelli tradizionali – è attualmente in grado di garantire.

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