Morte del rugbista, l’autopsia: fatale un colpo alla testa durante il gioco

La magistratura ha dato il via libera ai funerali

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Contatto durante il gioco: è questa, secondo l’autopsia, la causa dell’emorragia cerebrale che ha portato al decesso di Jones Jonatan James Glyn, il 44enne rugbista di origine gallese deceduto lunedì scorso dopo quattro giorni di agonia. Lo riportano il Resto del Carlino e il Corriere di Ravenna in edicola oggi.

John che risiedeva ad Alfonsine insieme alla moglie e al figlio di due anni si era sentito male giovedì sera durante un allenamento con la squadra I Passatelli Old Ravenna Rugby all’Ippodromo ravennate. Era uscito dal campo lamentando malessere e si era poi accasciato sulla panchina. Trasportato d’urgenza all’ospedale di Ravenna era stato trasferito all’ospedale Bufalini di Cesena. Lunedì il decesso.

La famiglia ha autorizzato l’espianto degli organi e la magistratura ha dato il via libera ai funerali che si terranno in forma privata.

Intanto sul sito della squadra in cui John militava si legge: 


Ciao John

E’ accaduto.
Potremmo dire, come tanti, “non ci sono parole”.
Ma le parole ci sono.
Eccome.
Sempre uguali, le stesse che si usano per queste giornate.
Hanno il suono del dolore, del cordoglio, dello sgomento.
Improvvisamente ti appaiono però puerili, inadeguate a descrivere “il tuo” dolore, “il tuo” smarrimento.
Ti appaiono parole di altri, distanti, che pare impossibile che siano servite allo stesso tipo di angoscia. Ti accorgi che sono drammaticamente diminuite di spessore ora che provi a farle tue.
Sono lì. Le ritrovi sempre lì, pronte, come soldati da mandare al fronte.
Quel fronte che si fa linea che ti separa dal dolore.
Dalla fine.
Dal “lui non è più con noi”.
Quel fronte che tu non avresti mai voluto vedere e dal quale non c’è trincea che ti protegga.
Eppure è accaduto.
E’ successo a uno di noi. A casa nostra. Sulla nostra terra.
Non lo aspetteremo più.

E’ scomparso Jonathan.
Il suo futuro da ieri, sarà solo nei racconti di chi lo ha conosciuto.

Il Rugby.
Era il suo sport.
E’ il nostro sport.
Resisteremo alla tentazione di tanti di condannarlo.
Noi sappiamo che non c’è colpa in esso.
Ma è nell’ordine universale delle cose, che la vita improvvisamente soccombe alla sorte. Amara, perché inesorabile. Vile perché senza scelta. Estrema perché irrevocabile.
Restiamo così, stretti nella solitudine in cui ci obbliga la fine, a cercare di comprendere come quella terra così accogliente, così famiglia, così nostra da chiamarla casa, si sia fatta legge fatale, inesorabile cagione.
Addio John.
Lasci la tua anima e il tuo amore profondo, in tuo figlio e tua moglie; il nostro abbraccio sentito e affettuoso va a loro, a misera, parziale compensazione dell’assenza del tuo.
E a te, amico caro di molti di noi, l’addio commosso che non avremmo mai voluto pronunciare. Non a te.
Non oggi.
Non qui.

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