Tagiuri (Confesercenti): il centro di Ravenna non è morto ma deve tornare a essere vissuto ogni giorno
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Dici abbigliamento a Ravenna e pensi a Tagiuri. La storica famiglia di commercianti ha vestito generazioni di ravennati. Oggi vanta diversi negozi a Ravenna e non solo. Mauro Tagiuri gestisce il negozio di Via Cairoli, a due passi dalla loggia e dalla scalinata che porta a Palazzo Merlato. Quel palazzo del potere locale a cui i commercianti del centro storico come lui guardano sempre con un misto di speranza e preoccupazione. Perché la situazione del commercio nel centro di Ravenna è difficile, per usare un eufemismo, e gli operatori si aspettano che il Comune dia una mano per sbloccare la situazione. Spesso invece si arrabbiano perché quella mano proprio non arriva, come quando dal palazzo continuano ad autorizzare le aperture di strutture commerciali di grandi dimensioni che mettono in ginocchio quanti operano in centro. Ma, come si dice in questi casi, la questione è più complessa e quindi non semplifichiamo troppo e non buttiamo la croce solo sul Comune. Del resto Mauro Tagiuri, Presidente comunale Confesercenti, ha l’attitudine a non nascondersi dietro un dito, a non mandarle a dire, e nemmeno quella di banalizzare o drammatizzare le cose.
L’INTERVISTA
Mauro Tagiuri, periodicamente e inesorabilmente – come in questi giorni – quando un negozio chiude a Ravenna, ritorna la solita litania, sentita cento volte, che il centro è morto, che la crisi è nera, che il Comune non fa nulla per questa strada piuttosto che per quella. Ma le cose secondo lei stanno davvero così? E, siccome sappiamo che la situazione è difficile ovunque, Ravenna è messa davvero così male in relazione ad altre città?
“Non ho la presunzione di offrire una fotografia definitiva della situazione. Dico quello che vedo e penso io. Obiettivamente il centro di Ravenna in questi anni ha mostrato e mostra grossi problemi e c’è sofferenza fra gli operatori. Però, se paragoniamo il centro di Ravenna a quello di altre realtà simili alla nostra, il nostro centro presenta ancora una sua vitalità e una certa attrattività. Dire che il centro di Ravenna è morto è un’esagerazione. Io non sono d’accordo con questa visione apocalittica che ogni tanto qualcuno propone. Tanto più che le difficoltà riguardano tutte le città e tutti i centri storici: Ravenna non fa eccezione, certo non è un’eccezione negativa.”
Quali sono le ragioni di questa crisi?
“Le ragioni della crisi generale dei centri storici sono molteplici. I centri hanno perso la loro funzione attrattiva non solo per la chiusura dei negozi – che è un effetto e non solo una causa – ma perché progressivamente certe funzioni vitali sono state portate fuori dalle aree centrali delle città. Sono sparite dal centro tante attività che lo rendevano vivo e vitale nella vita di tutti i giorni. Parlo di certi servizi. Parlo della stessa funzione abitativa del centro che piano piano è stata erosa. Per fortuna quest’ultimo effetto a Ravenna, per esempio, mi pare si senta meno. Ma le ferite di questi edifici vuoti di servizi e di residenti in centro è qualcosa che colpisce e impoverisce il tessuto urbano. A volte poi l’accesso in centro non è sempre facile.”
Abbiamo detto che parlare di morte del centro storico di Ravenna è esagerato e, forse, è una sciocchezza, ma restando alla metafora sanitaria, come si può definire il malato: grave? Quanto?
“Non è morto né moribondo, ma è un malato abbastanza grave. Questo sì.”
I commercianti hanno come primo interlocutore il Comune. Allora lo chiedo a lei, che cosa fa il Comune per il nostro malato?
“Purtroppo le scelte di molti Comuni, e non solo del nostro, di spostare fuori dal centro tutta una serie di funzioni ha impoverito e spopolato il centro. Poi ci sono problemi di parcheggi e di accesso. Poi ancora abbiamo l’annoso problema delle grandi superfici commerciali, strutture attrattive alternative al centro che hanno disabituato molte persone a venire in piazza. Ci sono giovani che non vengono mai in centro se non per certi grossi eventi o nel weekend. Come è accaduto negli ultimi weekend eccezionali, dal GiovinBacco alla Maratona, in cui tutti abbiamo lavorato tanto. Il problema è che la quotidianità invece è quella di un centro spento, poco vivo. Noi non possiamo pensare di vivere solo di grandi eventi e di weekend. Questo è il punto.”
E che cosa fate voi commercianti da parte vostra per rilanciare le vostre attività in centro storico?
“Ogni imprenditore ci mette la sua capacità di intraprendere, di rischiare, di innovare, è chiaro. Tutti insieme poi cerchiamo di tirare fuori idee nuove. Come associazioni del commercio e dell’artigianato, insieme allo stesso Comune, stiamo costruendo un Consorzio di Promozione del centro di Ravenna gestito da operatori per accrescere l’immagine, l’attrattività, la reputazione del nostro centro che è sempre stato, commercialmente parlando, qualcosa di importante. È da un po’ che ci lavoriamo e sembra che siamo in dirittura d’arrivo.”
Non è la prima volta che si tenta questa carta della collaborazione fra gli operatori, non sempre con successo. Finalmente si concretizza?
“Penso che adesso la cosa andrà finalmente in porto. Sono fiducioso. Chiamiamolo consorzio o quello che sarà, avrà il compito di promuovere gli aspetti più propriamente commerciali del centro, con il supporto di una agenzia di comunicazione specializzata. Il centro di Ravenna mi pare che dal punto di vista turistico o della ristorazione sia già oggetto di una buona promozione, ora vogliamo migliorare quella che riguarda la quantità, la varietà, la qualità dell’offerta commerciale. Abbiamo una proposta ancora ampia e alta da far conoscere meglio, malgrado le ferite di cui parlavo prima.”
Lei parlava prima di un problema generale di accesso e fruibilità dei centri storici che riguarda anche Ravenna. A questo proposito la sua famiglia fu al centro di un episodio che rimane negli annali della storia della città: quando il Comune decise di pedonalizzare Via Cavour, malgrado quasi tutti i commercianti gridassero allo scandalo, suo padre fu l’unico o uno dei pochi a dire: ben fatto! Quanta lungimiranza in quella presa di posizione!
“Erano altri tempi. Il nostro centro fu pedonalizzato negli anni ’70 ancora prima di altre città come Roma. Fu il primo o uno dei primi centri storici pedonalizzati in Italia, una scelta coraggiosa, che guardava lontano. Anche perché, chi ha una certa età lo ricorda, da via Cavour si arrivava in macchina in Piazza del Popolo.”
Un’oscenità.
“È così. Ma in questi ultimi anni è venuta avanti l’idea che il nostro centro sia chiuso e inaccessibile, un’idea che io non condivido, secondo me non è così. La dotazione di parcheggi a servizio del centro non è così povera, e possiamo lavorare ancora per migliorarla. Ma nei giorni normali i parcheggi a ridosso del centro soddisfano la domanda, da quello di Via Port’Aurea a quello di via Guidarello, da Largo Firenze e Piazza Baracca e così via. Si potrebbe piuttosto pensare a ulteriori facilitazioni per chi vuole venire in centro per fare acquisti lasciando la macchina in questi parcheggi.”
Le elenco 4 nemici che possiamo definire storici del commercio nei centri storici: grandi superfici commerciali, vendite online, centri storici poco vissuti e fruibili e crisi economica che ha colpito quasi tutte le famiglie. Li metta in fila in ordine d’importanza.
“Non riuscirei a metterli in fila per stilare una classifica (ride, ndr). Ma direi che sono proprio i quattro elementi costitutivi della crisi che vive il nostro centro storico, e non solo il nostro. La crisi economica è forte, lo sappiamo. Gli stipendi sono rimasti fermi.”
Vale per chi ce l’ha.
“Già. C’è anche questo. E le vendite online, soprattutto fra i giovani, stanno creando un grosso problema di concorrenza. Al quale cerchiamo di rispondere: molti commercianti aderiscono anche a piattaforme online, cioè innovano e diversificano. Della concorrenza delle grandi superfici è inutile parlare, ma anche quelle soffrono nella situazione di crisi attuale. Io conosco la realtà dell’Esp, dove abbiamo un negozio, e quindi anche lì ci sono dei problemi, è chiaro, perché quando la gente non ha soldi da spendere non ce n’è per nessuno.”
Quindi, in definitiva il più grande problema o nemico è rappresentato proprio dalla crisi economica…
“Sì. E io aggiungerei il fatto che il centro non sia più considerato e vissuto come un quartiere come gli altri, quotidianamente. Sta diventando via via il luogo del divertimento, degli eventi, del weekend, non della vita quotidiana. E questo per me è un problema.”
La riapertura del Mercato Coperto che cosa può rappresentare per Ravenna centro?
“Ci contiamo molto. Fummo critici all’epoca quando i vecchi commercianti di fatto furono espulsi dal mercato, ma adesso che sta per aprire quella storia è chiusa e noi speriamo che il nuovo Mercato Coperto sia una bella iniezione di vitalità per tutto il centro storico. Ecco, perché non fare rientrare in centro attività e funzioni sull’esempio di questo grande edificio recuperato? Perché non andare un po’ controcorrente smettendo di portare fuori dal centro i servizi? Perché non riportare in centro anche l’Anagrafe, per esempio?”
Il Comune di Ravenna in fin dei conti fa abbastanza o no?
“Sinceramente potrebbe e dovrebbe fare di più.”
Tre cose che chiedete al Comune o che vi aspettate siano fatte.
“Una politica per riportare le aziende in centro. Con sgravi fiscali per chi apre un’attività. Lavorare per riportare certi servizi in centro e ridare una maggiore vivibilità quotidiana alla città storica. E naturalmente uno stop alle concessioni per le grandi superfici, qui ci vorrebbe davvero una moratoria.”
E invece che cosa vorrebbe chiedere al governo?
“Naturalmente una politica fiscale che non penalizzi gli operatori economici che lavorano seriamente e onestamente. Ma soprattutto far ripartire l’economia per rimettere dei soldi nelle tasche dei cittadini, per far riprendere i consumi. Con la leva fiscale o con altre leve, ma bisogna ritornare a far girare l’economia del paese e quella delle famiglie.”
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Secondo me i negozi di abbigliamento devono avere innovazione, idee, presentare un corpo di offerte che attiri clienti da fuori, certo da fuori anche, perché no, da Bologna, Ferrara. E vendere capi di pregio e con prezzi concorrenziali ma fino ad un certo punto. Conosco le realtà di Forli, Cesena, Bologna (non Rimini) Ferrara e devo dire che Ravenna sarà perdente con Bologna (ma non poi di tanto) ma con le altre città romagnole e Ferrara vince alla grande. E non preoccuparsi dei centri Commerciali. Chi cerca una giacca bella, fatta bene, che si distingua va in Centro Città. Tra l’altro l’acquisto on Line penalizzerà sempre più i Centri Commerciali ma non i negozi di qualità. La zona dei Bar e ristoranti via Ponte Marino, Fresco ecc. ed ora il nuovo Mercato Coperto sono una realtà eccezionale da cui secondo me il settore abbigliamento deve trarre spunti . Auguroni