Rapporto 2019 Unioncamere: l’Emilia-Romagna si conferma come la regione che cresce di più in Italia

L’economia emiliano-romagnola si appresta a chiudere un 2019 positivo, in cui l’Emilia-Romagna si conferma come la Regione che cresce di più in Italia. Tuttavia, visto il rallentamento degli scambi a livello globale, la forte vocazione all’export dell’economia regionale mette la nostra realtà più a rischio di altre a causa di “un forte contagio internazionale”.
È l’analisi contenuta nel Rapporto 2019 sull’economia regionale di Unioncamere, presentato questa mattina, 17 gennaio a Bologna, dal quale emergono luci e ombre: le prime riguardano, appunto, l’export e il rilancio di alcuni settori in difficoltà come le costruzioni, le seconde raccontano, invece, di una contrazione del numero delle imprese e di nuove figure professionali che si fa ancora fatica a formare e a trovare.
Secondo le previsioni di Prometeia, aggiornate a ottobre, la crescita del Pil a fine 2019 sarà del +0,5%, con un incremento che nel 2020 potrebbe salire al +1,1%. In entrambi i casi ben oltre la media nazionale.

Ecco ampi stralci del Rapporto con la parte sull’economia regionale nel 2019.

2.1. Quadro di sintesi. L’economia regionale nel 2019

Il rallentamento dell’economia mondiale e, in particolare, del commercio estero a livello globale, sta penalizzando in misura più sensibile i Paesi a maggior vocazione export, Germania e Italia su tutti. E, all’interno del nostro Paese, sono le regioni più attive sui mercati esteri a essere maggiormente esposte alle incertezze e alle fragilità che caratterizzano lo scenario internazionale.

L’Emilia-Romagna – seconda regione italiana per valore delle esportazioni e tra le prime regioni d’Europa per export per abitante – sembra corrispondere all’identikit della regione a forte rischio di “contagio internazionale”. A ciò si aggiunge l’ormai trentennale ritardo con cui viaggia il “treno Italia” rispetto alle altre nazioni, croniche lacune strutturali e un’endemica debolezza della domanda interna contribuiscono a posizionare il nostro Paese agli ultimi posti al mondo per crescita economica.

Eppure, nonostante questo scenario sfavorevole, il 2019 per l’economia dell’Emilia-Romagna dovrebbe chiudersi positivamente ed essere archiviato come un altro anno di crescita per l’economia regionale1. Crescita a ritmo non sostenuto, con alcuni diffusi segnali di rallentamento, tuttavia sufficiente per confermare l’Emilia-Romagna al vertice delle regioni italiane per incremento del PIL nel 2019 e anche per il 2020. Esattamente come era avvenuto nel 2018, ancora locomotiva dell’arrancante “treno Italia”.

I dati di consuntivo già acquisiti, ancora parziali e relativi ai primi nove mesi dell’anno, compongono un’immagine della regione difficile da decifrare attraverso le chiavi di lettura che siamo soliti utilizzare. Le tradizionali classificazioni settoriali, geografiche o per classe dimensionale restituiscono una fotografia parziale e a volte distorta di quanto sta avvenendo. Al tempo stesso, il più delle volte mancano strumenti (dati) e filtri adeguati per scattare la fotografia in modo differente.

Ne è un esempio l’analisi delle società manifatturiere, il settore di appartenenza è sempre meno esplicativo, come evidenziato da un recente studio di Unioncamere Emilia-Romagna a marcare la differenza tra chi cresce e chi no è la capacità di competere sui mercati esteri, di innovare, di investire nel capitale umano. La stessa voce “industria manifatturiera” sembra definire confini operativi ormai cancellati, sono sempre più numerose le aziende industriali che realizzano quote importanti del proprio valore aggiunto ibridando attività produttive con servizi caratteristici del terziario.

Tuttavia, i nostri criteri classificatori insistono sul comparto in cui opera l’impresa, non su come svolge la propria attività. Se per alcune analisi è possibile tentare di costruire paradigmi di classificazione differenti, per altre elaborazioni i dati a disposizione non lo consentono. Anche il nostro rapporto sull’economia regionale sconta questo limite, i numeri presenti e futuri sono raccolti in capitoli settoriali, le tabelle contengono valori medi che sempre meno riescono ad essere sintesi efficace dell’andamento dell’aggregato che dovrebbero rappresentare. Una “crisi di rappresentanza” della statistica – e non solo della statistica – che riflette un’economia e una società che si stanno trasformando seguendo percorsi inediti e con velocità mai sperimentata in passato.

Un primo tuffo all’interno delle pagine e dei numeri del rapporto può aiutare a comprendere meglio questa “crisi di rappresentanza” della statistica. Le indagini congiunturali settoriali, realizzate dal sistema delle Camere di commercio e relative ai primi nove mesi dell’anno, alternano segnali di rallentamento ad altri più confortanti. In flessione la produzione dell’industria manifatturiera, con difficoltà crescenti per le aziende più piccole e quelle artigiane. Tuttavia, aumentano esportazioni e occupazione, come confermato anche dai dati Istat, a ulteriore testimonianza che l’andamento del comparto non può essere spiegato dal dato aggregato ma occorre guardare ai comportamenti delle singole imprese.

La stessa chiave interpretativa dovrebbe guidare nella lettura delle altre dinamiche settoriali. Prosegue il calo del settore del commercio, a soffrire sono i piccoli esercizi commerciali mentre tiene la grande distribuzione. Cresce il settore delle costruzioni, l’agricoltura sembra presentare più ombre che luci, il turismo protrae la sua fase espansiva aumentando arrivi e presenze. Tendenze di fondo, numeri medi che solo parzialmente riescono a misurare la crescita esponenziale del commercio elettronico, della rigenerazione urbana, delle nuove frontiere dell’agricoltura, dell’effetto Airbnb sul turismo, solo per fare alcuni esempi.

Provo ad aggiungere un altro tassello a questa riflessione. Uscendo dalla logica meramente settoriale, export ed occupazione sono le prime voci narranti un’economia regionale in espansione. Nei primi nove mesi dell’anno le esportazioni sono cresciute del 4,8 per cento, l’occupazione nello stesso arco temporale conta oltre 26mila lavoratori in più, la disoccupazione scende ulteriormente attestandosi poco sopra il 5 per cento. Al contrario, si riduce il numero delle imprese, non perché sia in aumento il numero delle aziende che chiudono rispetto al passato, ma perché sono meno quelle che aprono. Si tratta di una dinamica in atto da tempo le cui ragioni sono da ricercarsi nel progressivo invecchiamento della popolazione regionale e, soprattutto, nel mercato del lavoro che, a differenza di altri territori, offre numerose opportunità ai giovani di trovare un’occupazione alle dipendenze e, conseguentemente, li allontana da percorsi volti all’autoimpiego.

Nuovi occupati e nuove imprese che andrebbero misurati non solo dal punto di vista quantitativo ma anche da quello qualitativo, sulle caratteristiche dei nuovi posti di lavoro e delle nuove iniziative imprenditoriali. Numeri differenti raccontano storie diverse, molte imprese cercano figure con una formazione scolastica elevata, inseguono profilli e competenze che in molti casi non trovano, offrono posti di lavoro stabili. Allo stesso tempo altre aziende, altrettanto numerose, puntano su profili meno qualificati, ricorrono ampiamente a contratti a tempo parziale. Tra le nuove imprese si trovano startup di successo impegnate sul fronte dell’innovazione e altre destinate a non compiere l’anno di vita.

Ancora una volta non è il settore dove opera l’azienda a fare da spartiacque, ma il come opera. C’è un ulteriore aspetto che va sottolineato. Circa un terzo dei profili richiesti dalle imprese riguarda figure non ancora presenti in azienda, persone con differenti competenze destinate a svolgere ruoli nuovi, percorsi di crescita non ancora sperimentati dall’azienda stessa.

Larga parte delle imprese nate nel corso degli ultimi due anni svolge attività non contemplate nella classificazione Ateco, l’attribuzione settoriale che viene assegnata dalla Camera di commercio al momento dell’iscrizione al Registro delle imprese. Nuovi lavori e nuove attività che solo pochi anni (mesi) fa non esistevano, segnali di un’economia che sta cambiando, esiti di una trasformazione che i nostri tradizionali filtri statistici faticano a mettere a fuoco.

In definitiva, nel racconto di questo rapporto 2019 convivono due narrazioni differenti. La prima, esposta a voce alta, ricca di numeri, positivi e negativi, parla di settori. La seconda, sottotraccia, guarda ad un mondo “non ancora inventato”, all’economia che verrà. E, probabilmente, la narrazione a due voci è l’unica via per dare conto di un ciclo economico che sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva e di un nuovo ciclo che sembra aver preso avvio, sulla spinta del digitale, della sostenibilità. Un nuovo ciclo ricco di opportunità per chi ha idee, competenze, entusiasmo e coraggio.

2.1.1. Le previsioni per l’economia regionale

Secondo gli “scenari per le economie locali ” di Prometeia, aggiornati a ottobre 2019, la crescita del prodotto interno lordo a fine 2019 rispetto all’anno precedente dovrebbe risultare pari allo 0,5 per cento, mentre per il 2020 si prevede un tasso di incremento più consistente (+1,1 per cento). È il settore delle costruzioni a contribuire maggiormente alla crescita del valore aggiunto regionale con una variazione nel 2019 rispetto al 2018 che dovrebbe attestarsi attorno al 3,9 per cento, mentre per industria e servizi si prevede un aumento dello 0,3 per cento. A sostenere il manifatturiero sono, ancora una volta, le esportazioni  previste in crescita del 5 per cento. Variazione positiva anche per gli investimenti  (+2,9 per cento), la domanda interna  segnerà a fine anno un +1,1 per cento.

Buone notizie sul fronte occupazionale, si rafforza la dinamica evidenziata negli ultimi anni, nel 2019 il numero degli occupati  è stimato in aumento di un ulteriore 2 per cento. Contestualmente il tasso di disoccupazione  si ridurrà al 5,2 per cento nel 2019 e al 5,0 per cento nel 2020.

2.1.2. Demografia delle imprese

Al 30 settembre 2019 le  imprese attive in Emilia-Romagna erano poco più di 400mila, 2.875 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-0,7 per cento), a fronte di un aumento del numero degli addetti nelle imprese dell’1,9 per cento. Una flessione del tessuto imprenditoriale che non va interpretata negativamente in quanto associata a una crescita occupazionale e, quindi, a un rafforzamento delle imprese esistenti.

Le  aziende straniere in Emilia-Romagna sono oltre 49mila, il 12 per cento del totale delle imprese regionali, il 2 per cento in più rispetto all’anno precedente. Si conferma la dinamica che vede il calo delle imprese con titolare italiano e la crescita degli stranieri che avviano un’attività imprenditoriale. Gli imprenditori con nazionalità estera maggiormente presenti in regione provengono dalla Cina che lo scorso anno ha sopravanzato il Marocco, quest’ultimo nel 2019 superato anche dall’Albania. Servizi alla persona, commercio, ristorazione e attività manifatturiere (comparto della moda) i settori di maggior interesse per le quasi 5mila imprese cinesi. Sembra essersi esaurita l’ondata di nuova imprenditoria creata da nordafricani (Marocco, Tunisia, Egitto), cresce la componente asiatica e quella dell’Europa orientale.

Le  imprese femminili costituiscono oltre un quinto del tessuto imprenditoriale regionale, il 14 per cento dell’occupazione. Nell’ultimo anno il numero delle imprese femminili è rimasto pressoché invariato, mentre nel lungo periodo si è registrata una modesta crescita. Le imprese femminili ottengono risultati migliori rispetto alle altre anche sul fronte occupazionale, con una crescita più consistente sia nell’ultimo anno che nel lungo periodo..

Variazioni ancora negative per quanto riguarda le  imprese giovanili, diminuite nell’ultimo anno del 2 per cento in termini di aziende, mentre l’occupazione è cresciuta del 2 per cento. Il calo del numero delle imprese giovanili va correlato sia all’andamento demografico della popolazione, sia al basso tasso di disoccupazione regionale; a differenza di quanto avviene in altre parti del Paese la possibilità di trovare un lavoro alle dipendenze disincentiva scelte volte all’autoimprenditorialità,

I dati sulla demografia d’impresa suddivisi per  settore confermano e prolungano le dinamiche in atto da alcuni anni. Vi sono alcuni comparti interessati da una progressiva riduzione del numero di imprese, in particolare l’agricoltura, le costruzioni e il manifatturiero. In calo anche il commercio, flessione contenuta dalla crescita al suo interno della componente più rivolta al turismo, in particolare le attività legate all’alloggio e alla ristorazione. Crescono i servizi, sia quelli rivolti alle imprese sia quelli alle persone.

2.1.2. Mercato del lavoro

Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, i primi nove mesi del 2019 si sono chiusi positivamente per l’occupazione in regione. Tra gennaio e settembre l’ occupazione dell’Emilia-Romagna è mediamente ammontata a circa 2.031.000 persone, vale a dire oltre 26.000 occupati in più rispetto all’analogo periodo del 2018, per un incremento dell’1,3 per cento.

Il  tasso disoccupazione, che misura l’incidenza delle persone in cerca di occupazione sul totale delle forze di lavoro (cioè di coloro che hanno un lavoro o lo cercano attivamente), nei primi nove mesi del 2019 è stato pari al 5,4 per cento in discesa rispetto all’analogo periodo del 2018, quando era pari al 5,7 per cento.

Il  tasso di occupazione, che misura il peso delle persone che tra i 15 ed i 64 anni lavorano sulla popolazione complessiva della medesima fascia d’età, nei primi nove mesi del 2019 ha raggiunto il 70,4 per cento. Nello stesso periodo del 2018 il valore era pari a 69,6 per cento. Da punto di vista del genere va notato come i buoni dati sull’occupazione dell’Emilia-Romagna derivino anche dall’elevata partecipazione al mercato del lavoro della componente femminile. Nei primi nove mesi dell’anno il tasso di occupazione femminile è stato del 64 per cento, in crescita rispetto all’anno precedente, 62,7 per cento. Il tasso di disoccupazione femminile si è attestato al 6,7 per cento (6,9 per cento nel 2018).

Le ore di cassa integrazione autorizzate nei primi 10 mesi del 2019 risultano in aumento rispetto allo stesso periodo del 2018 (27 per cento in più). Cresce il ricorso alla cassa straordinaria nel manifatturiero e soprattutto nell’edilizia, per le artigiane aumenta considerevolmente la cassa integrazione in deroga.

PER IL RAPPORTO INTEGRALE:

https://www.ucer.camcom.it/studi-ricerche/news/studi-e-ricerche-news-2019/2019-rapporto-economia-regionale

Commenti

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  1. Scritto da Claudio

    Ok, ma che Ravenna sia passata dal primo posto per qualità della vita (classifica del Sole24ore) nel 2014, all’undicesimo nel 2018 e al 39esimo nel 2019 vi è sfuggito???
    O non è notizia degna di essere divulgata ?? O siete diventati l’organo del PD ?

  2. Scritto da Direttore

    Se si prendesse la briga di leggere l’articolo, si renderebbe conto che quelle cose di cui lei parla nel pezzo ci sono e dunque la sua affermazione è puramente pretestuosa. LA REDAZIONE

  3. Scritto da Claudio

    Egregio Direttore,
    il titolo recita: “Regione al Top, l’Emilia Romagna è la regione che cresce di più in Italia”. Non metto in dubbio che sia tutto vero, ma da Ravenna Notizie mi aspettavo che si evidenziasse una notizia purtroppo negativa su Ravenna, non mettendola tra le righe del pezzo, che lei sa benissimo che in pochi leggono, mentre tutti si soffermano sul titolo. E il 26 gennaio ci sono le Regionali. Sarò pretestuoso ma a pensar male…..

  4. Scritto da Direttore

    Ci scusi signor Claudio, non capiamo bene cosa intenda dire con le sue parole. 1) Se entra nel pezzo legge molto di più oltre il titolo che è per forza la sintesi di un discorso più complesso; questa stessa sintesi è stata fatta da tutti i media, non solo da noi di Ravenna Notizie. 2) Se vuole sapere ancora di più, può leggere l’intero Rapporto (c’è link allegato). 3) Non abbiamo capito quale sia la notizia cattiva per Ravenna se la Regione è al top in Italia per crescita economica. 4) Se si riferisce alla notizia della classifica negativa per Ravenna sulla qualità della vita del Sole 24 Ore, lunedì abbiamo dato la notizia con lo stesso rilievo di quella data ieri sulla Regione. LA REDAZIONE