Parlano i ristoratori di Ravenna: il 1° giugno è troppo lontano, si facciano i protocolli e si apra in sicurezza prima che si può

I ristoratori sono tutti – chi più chi meno – insoddisfatti e delusi dell’ultimo DPCM del Presidente Conte e della cosiddetta Fase 2. Speravano di riaprire l’11 oppure il 18 maggio. Invece dovranno aspettare il 1° giugno. E c’è chi, come Maurizio Bucci, teme la fregatura, pardon un altro rinvio, anche per quella data lontana. Intanto loro sono fermi da 50 giorni e il lockdown li bloccherà per altri 30 giorni. Possono fare delivery e ora anche asporto. Ma non è la stessa cosa. Sono attività di pura resistenza, per non morire. La primavera, la stagione forse più importante se ne sta andando, tristemente, con i locali vuoti. Gran parte del personale è in cassa integrazione. C’è crisi di liquidità. E tante incertezze, anzi nuvole nere, per il futuro. Eppure loro non vogliono mollare e ci credono ancora, anche se c’è chi va profetizzando che il rito borghese del ristorante apparecchiato e ben servito – nato nell’800 – sia destinato per un po’ a tornare in soffitta se non defunto. Noi crediamo di no. Perché quando potremo finalmente uscire, non vedremo l’ora di mangiare di nuovo un ottimo piatto di cappelletti e bere un bicchiere di Sangiovese, in compagnia. A distanza di sicurezza, s’intende.

GILLES DONZELLINI, LA CAMPAZA: VORREI APRIRE, MA IN SICUREZZA. CAPISCO LA CAUTELA DEL GOVERNO

“È scontato che noi ristoratori vorremmo riaprire il prima possibile. C’è tanta voglia di tornare a lavorare. Però non mi sento di esprimere un giudizio sui tempi della riapertura, – dice Gilles Donzellini patron della Campaza (nella foto di apertura) – non vorrei essere causa con la mia attività economica di problemi per la salute delle persone, quindi vorrei aprire quanto prima ma in condizioni di sicurezza per tutti, del personale e dei clienti. Sarebbe stato nel mio interesse riaprire subito, ma io capisco la linea prudenziale del Governo. Qui ci sono in campo interessi contrapposti, da una parte l’economia, dall’altra la salute. Per riaprire in sicurezza bisogna avere tutti i dati e le idee ben chiare. A me pare si sappia ancora troppo poco di questo virus e quindi bisogna essere cauti. Noi facciamo gli imprenditori, ma non c’è solo il profitto, c’è anche un servizio che noi offriamo alla società, c’è la dimensione sociale, c’è in ballo la salute delle persone.”

La Campaza a Fosso Ghiaia oggi è chiusa, non fa delivery. È fuori mano rispetto alla città, dice il titolare. Normalmente può ospitare fino a mille persone, soprattutto in occasione di eventi e convention. Per il dopo non si sa.

“Stiamo aspettando indicazioni chiare sulle condizioni per riaprire, soprattutto sulla distanza fra le persone nei tavoli. Si deve ragionare poi del singolo o del nucleo familiare o della coppia. Perché se una famiglia mangia insieme alla stessa tavola in casa, credo possa farlo anche al ristorante. Questa cosa fa la differenza. Noi abbiamo tavoli di diametro 170 cm, che oggi apparecchiamo con 6 coperti, invece di 6 ne metteremo 3. – continua il patron della Campaza – Secondo i miei conti molto approssimativi potremmo mettere a tavola fino a 300 persone. Però, finché non ci sono indicazioni chiare su come muoverci non si possono fare previsioni definitive.”

In questo settore non sono stati ancora messi a punto, infatti, i protocolli di sicurezza fatti per i settori economici che hanno già riaperto o che sono in procinto di riaprire il 4 maggio. Eppure i progetti sul tavolo ci sono.

“Sì, ci sono diverse proposte sul tavolo. Se ne parla sia in Regione, sia a livello nazionale. Ma ancora nessun protocollo è stato siglato e noi non sappiamo come muoverci.” Nel frattempo il personale è in cassa integrazione. Mentre per quanto riguarda il tema credito e liquidità, Donzellini dice che sta aspettando il nuovo decreto del Governo, sperando che l’iter burocratico per la concessione dei finanziamenti sia accelerato. Ma dal Governo si aspetta anche un impegno ancora più importante per sostenere il lavoro e l’impresa: “Non vogliamo arrivare a dover licenziare i nostri collaboratori. E non vogliamo essere costretti a chiudere” conclude.

Mauro Mambelli

MAURO MAMBELLI, LA GARDELA: IL 1° GIUGNO È UNA MAZZATA, CI DICANO COSA SERVE PER RIAPRIRE E NOI LO FACCIAMO

“Sono profondamente deluso del DPCM Conte e della Fase 2. Mi aspettavo un maggiore interesse e un sentimento di maggiore vicinanza alle nostre imprese. Così non è stato – dice Mauro Mambelli, titolare dello storico ristorante La Gardela nel centro storico di Ravenna (nella foto sopra) – Senza contare che la cassa integrazione non è ancora stata erogata ai nostri dipendenti, mentre il discorso con le banche per i crediti e la liquidità necessari ad andare avanti è quasi una presa in giro. Altro che 400 miliardi che arrivano subito per sostenere l’economia. Qui non è arrivato ancora nulla. Le banche mettono condizioni assurde. Non c’è la volontà di venirci incontro. Per noi la situazione è durissima, il fatturato è azzerato. Nessuno ha voglia di ammalarsi o di ammalare gli altri. Ma come hanno aperto tutte le altre attività con i protocolli di sicurezza, così si potevano fare i protocolli di sicurezza anche per i ristoranti, per farci ripartire. Associazioni di categoria e sindacati li hanno già messi sul tavolo di Conte, ma il Governo sta ritardando i tempi. Perché i supermercati sono aperti e noi no? Non mi pare ci siano stai tutti questi contagi nei supermercati, a giudicare dall’andamento dei contagi a Ravenna. Io credo che si possa lavorare in sicurezza, basta fare i protocolli e rispettarli. Perché gli altri sì e noi no?”

“Abbiamo perso quasi tutta la primavera. Costringerci a riaprire il 1° giugno è una mazzata. Noi ci eravamo preparati a partire con l’asporto e pensavamo di lì a una o due settimane di riaprire anche il locale, invece nulla. Sono arrabbiato. Io spero che si rimedi, perchè il 1° giugno è troppo lontano. – continua con un tono insolitamente acceso Mambelli – Ci dicano quali sono le condizioni per riaprire e noi ci mettiamo in regola subito per riaprire. Non ci lascino in questo limbo in cui non sappiamo cosa dobbiamo fare. Ci dicano come funzionano il distanziamento, l’igienizzazione, insomma le regole da rispettare. E ci mettano un po’ di buon senso. Io oggi ho 40 tavoli e dopo immagino che ne potrò mettere 15-16 al massimo. Da 130 coperti dovrò ridurre la capienza del locale a 50 circa. Naturalmente mi dicano anche se ci deve essere una distanza minima fra le persone, oggi ho dei tavoli larghi 80 cm: vorrei sapere se devo cambiarli. Sono tutte supposizioni, non ci sono certezze.”

“La nostra è una piccola attività, il cui equilibrio si basa su una consolidata calibratura fra diversi fattori: coperti, personale di servizio, tipo di clientela, prezzo finale. Se devo più che dimezzare i coperti – conclude Mambelli – quell’equilibrio salta e come faccio ad andare avanti? Chiederemo al Comune di darci la possibilità di utilizzare più spazio pubblico all’aperto, perché la gente deve stare larga. La mia clientela è popolare, certo non posso di punto in bianco aumentare i prezzi per rientrare dei costi. E anche le Amministrazioni locali dovranno venirci incontro di più per le imposte locali, perché finora ci sono state solo promesse.”

Maurizio Bucci

MAURIZIO BUCCI, I PASSATELLI: QUESTO CLIMA DI PAURA NON AIUTA CHI FA RISTORAZIONE, CHE È ANZITUTTO PIACERE

“Più che delusione e rabbia nel mio caso direi che c’è rassegnazione. – esordisce Maurizio Bucci (nella foto sopra), che in centro a Ravenna gestisce tre ristoranti, I Passatelli, Figo e Millelire – Al di là della data di riapertura, che sembrava fosse in tempi più ravvicinati e poi è stata spostata al 1° giugno, molto lontano, è il clima generale che mi preoccupa. C’è un clima di paura, alimentato anche dal Governo. Ci sono queste autocertificazioni anche solo per spostarsi, che sembra di essere in uno Stato di Polizia. E poi ci sono a volte delle interpretazioni vessatorie da parte delle Forze dell’Ordine che si accaniscono sui singoli cittadini. Come se fosse colpa loro se c’è questa pandemia. Si colpevolizza il singolo per spostare l’attenzione dalle colpe e dalle mancanze di chi ci governa. Tutto questo penalizza il turismo, la ristorazione, che sono atti di socialità, d’amore, di piacere. Un’atmosfera così plumbea fa passare la voglia di andare al ristorante.”

“Noi ci stavamo preparando alla riapertura, ma Conte la tira per le lunghe. Anzi, io sono convinto che non ci farà riaprire nemmeno il 1° giugno. Si è scelta una linea super-prudenziale ma noi siamo in ginocchio. – continua Bucci – Noi abbiamo scelto di fare il delivery in queste settimane, ma è un’attività di pura resistenza, per non chiudere, per non morire. Serve a far lavorare un po’ il personale e a tenere i contatti con i clienti, ma non è un’attività molto redditizia. Quando riapriremo su tre ristoranti terremo aperto solo I Passatelli. Figo e Millelire, no. Non conviene. Al Millerire in Piazza Kennedy non c’è nemmeno lo spazio per distanziare i tavoli. Ai Passatelli passeremo da circa 400 posti a 120-140 al massimo. Naturalmente ci sarà il problema del personale. Nell’immediato non si licenzia nessuno. Ma alla lunga come si fa? A proposito, la cassa integrazione non era ancora arrivata, poi grazie al finanziamento che la BCC mi ha concesso ho potuto anticipare il primo mese di cassa integrazione ai ragazzi che ne avevano bisogno. Agli altri ho detto di aspettare, perché qua di liquidità non ce n’é.”

“Io ho chiesto a molte banche – conclude Bucci – ma qualcuna non ne vuole sapere di aderire a queste misure di sostegno del Governo, altre pretendono la garanzia del 100% o mettono una serie di condizioni assurde, con pratiche su pratiche. Soldi non se ne vedono in giro. Ci sono solo alcune banche più vicine al territorio – nel mio caso la BCC – che mi hanno dato fiducia e sostenuto grazie alla garanzia Confidi. In generale, le banche aspettano la copertura dello Stato e lo Stato aspetta la copertura della UE e della BCE. E anche il Comune dice che sposta in avanti le scadenze, ma poi anche quelle arrivano. È durissima. Comunque, non abbiamo altra scelta che andare avanti e inventarci ancora qualcosa. Per esempio, quest’estate aperture serali della città, negozi aperti, tanto molta gente non andrà in vacanza e si godrà Ravenna: allora diamogli i negozi aperti così diluiamo anche l’afflusso, e i ristoranti con più spazi all’aperto. Sarebbe un modo per noi e per i negozi per recuperare parte del terreno perduto.”

RISTORANTE MOLINETTO

ALAN RICCI, IL MOLINETTO: SIAMO TUTTI CON L’ACQUA ALLA GOLA, ABBIAMO BISOGNO DI RIPARTIRE AL PIÙ PRESTO

“Anch’io sono deluso e un po’ arrabbiato. 11 o 18 maggio: avevamo tutti questa aspettativa per riaprire. Ora vien quasi voglia di non riaprire più. Però alla fine prevarrà sempre la spinta a riprovarci. Anche con tutti i cambiamenti necessari. Noi abbiamo un locale con 300 posti. Non ho ancora fatto delle stime precise, perché non si sa quali siano le regole d’ingaggio, diciamo così, però ipotizzo di poter mettere a sedere 150 persone. – dice Alan Ricci, titolare del grande ristorante pizzeria sulla via che collega Ravenna a Punta Marina (nella foto sopra) – Aspettiamo di avere anche noi finalmente i protocolli di sicurezza per poter partire con il nostro lavoro, come fanno gli altri. Senza regole chiare è difficile sapere come muoversi. Intanto facciamo manutenzione, il delivery, l’asporto.”

“In totale ho 31 dipendenti in cassa integrazione, a cui ho anticipato il primo mese. Nei tre giorni in cui facciamo il delivery, il venerdì, il sabato e la domenica, ne richiamo al lavoro tanti, quasi tutti. Il delivery è andato bene, ma non è molto remunerativo, serve a sopravvivere un minimo, e poi ti serve tanto personale per le consegne. La cosa che preoccupa di più è la redditività dell’attività dopo, con le nuove condizioni, con meno clienti. Immaginare di lasciare a casa dei collaboratori non mi piace, ci sono persone che lavorano con noi da venti anni. Ma navighiamo a vista, ci aspettiamo più sostegno e ossigeno dal Governo e dalle banche. Anche se da queste ultime finora non abbiamo avuto soddisfazione. Siamo tutti con l’acqua alla gola, noi, gli albergatori, i bagnini. Una volta a proposito dei soldi nella nostra attività si diceva ‘pochi, maledetti e subito’. – conclude Ricci – Adesso siamo fermi praticamente da due mesi e perderemo un altro mese. Mi rendo conto che è difficile prendere decisioni per chi sta al Governo, ma noi abbiamo bisogno di ripartire al più presto.”

Commenti

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  1. Scritto da Giancarlo

    Io non sono un ristoratore, e da cittadino sono molto deluso delle decisioni prese da Conte e dagli scenziati. Manca il coraggio a Conte e company di far riaprire chi ha un attivita’. Secondo me con le dovute precauzioni dell’uso della mascherina e della relativa distanza di 1 metro bisogna aver fiducia nelle persone e fare in modo che chi gestisce un ristorante, un salone di bellezza,una palestra ecc non cada nel dramma di non poter piu’ riaprire. Ci si aspettava che le banche avessero aiutato questi imprenditori ma ancora una volta le stesse banche si sono rivelate assenti come sempre.Distinti saluti.

  2. Scritto da obezio

    Purtroppo da frequentatore di pizzeria e risto(che tristezza la sera cenare a casa) non sono per niente ottimista. La ristorazione è finita. Sopravviveranno i forti. Anche le riaperture non saranno di conforto. Se un locale potrà ospitare un terzo dei coperti per i noti problemi, non sopravviverà perchè subentra un problema di costi/ricavi. Inoltre la ripresa sarà molto timida, può durare anche un anno. Peccato.

  3. Scritto da antonio

    Srivo da avventore , ed espongo i miei dubbi sulla questione di aprire o no i locali di ristorazione.
    Il fatto è che se vai in un locale per pranzare o cenare , primo; non puoi indossare la mascherina ovviamente, secondo; il tempo che rimani al tavolo di solito non è inferiore ad un’ora per cui in un ambiente chiuso e magari con i palettoni al soffitto in funzione o i condizionatori che fanno ricircolare l’aria nel locale ,voi capite che anche la distanza di un metro o anche più in pratica non serve a niente, e considerando che se uno è contagioso ed è asintomatico non possiamo saperlo e rischiamo il contagio. Altra cosa i tavoli all’aperto dove probabilmente il rischio diminuisce ed in questo caso si potrebbe iniziare a lavorare.

  4. Scritto da mg

    Io, come cliente, aspetterò a tornare al ristorante …distanze o non distanze.

  5. Scritto da Dc

    Purtroppo bisognerebbe capire che la colpa non è del governo ma del virus…tutti bravi, ma il rispetto delle nuove regole e il profitto del passato non vanno insieme e se riaprire in fretta portasse a un incremento repentino dei contagiati?
    …si tornerebbe ad elogiare i medici eroi?
    È molto triste ma nostro malgrado la società è cambiata pesantemente in soli due mesi.

  6. Scritto da Cornelio

    I ristoranti riapriranno ma solo per chi se lo potrà permettere. La maggior parte delle persone é a casa in cassa integrazione o non guadagna da marzo ma me lo spiegate come posso andare a mangiare fuori se non ci sono soldi.

  7. Scritto da Alex

    Io andrò al ristorante e penso che una volta che camerieri e baristi saranno dotati di mascherina ,guanti e i tavoli messi a distanza di sicurezza non ci sia alcun problema , se poi vado a mangiare da solo , con famigliari o persone che abitualmente frequento sono tranquillo. Sono più preoccupato quando vado a fare la spesa al supermercato dove l’areazione dei locali non avviene e porto a casa prodotti che tutti hanno toccato .

  8. Scritto da Andrea

    La colpa di questa chiusura temporanea e dell’adottamento delle misure di sicurezza è sicuramente del virus,ma per il fatto che diverse strutture si trovano costrette a chiudere definitivamente,a mio avviso, non riguarda solo il virus,ma la mancanza di sostegno adeguato da parte delle istituzioni e dal fatto che si continua a considerare le imprese come bancomat da cui continuare ad attingere.