Ravenna. Si aggrava l’impatto del Covid19 sull’economia: + 21% i ravennati coinvolti da reddito o da pensione di cittadinanza

Dopo la diffusione delle previsioni del Fondo Monetario Internazionale, che lo scorso ottobre ha rivisto il proprio Outlook stimando, per il 2020, un’economia globale in contrazione del -4,4%, arrivano dall’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio le consuete valutazioni degli effetti della pandemia sull’economia ravennate.

Secondo l’Ufficio Studi e Statistica della Camera di commercio:
– il valore aggiunto provinciale subirà, nel 2020, una contrazione di 11,7 punti percentuali (-10% in Emilia-Romagna), recuperando poi nel 2021 solo parte di questa caduta (+6,4%);
– il valore delle esportazioni, ancora in crescita nel 2019, subirà quest’anno una riduzione a due cifre (-13,5%), per poi rimbalzare l’anno successivo in terreno positivo (+11,1%);
il mercato del lavoro potrebbe registrare un calo dell’occupazione del -2,5%, che corrisponderebbe ad un saldo occupazionale di circa -4.421 unità ed un tasso di disoccupazione, nel 2021, in aumento di 3,2 punti percentuali rispetto al dato certificato da Istat nel 2019 (4,6%);
– tra i settori, forte la contrazione del valore aggiunto per l’Industria (-13,9%), i Servizi (-8,5%) e per l’Edilizia (-7,4%). Atteso, nel 2021, un rimbalzo – ridotto – in tutti i comparti: se le Costruzioni registreranno un +14,2%, anche grazie alle misure di incentivazione adottate dal Governo a sostegno del settore, della sicurezza sismica e della sostenibilità ambientale, l’Industria si attesterà a un +13,4%, mentre gli effetti negativi dello shock da Coronavirus si faranno sentire più a lungo nel settore dei Servizi, che, il prossimo anno, dovrebbe attestarsi su un +4,3%. Stabile il Commercio alimentare, mentre ancora pesanti saranno gli effetti per i Servizi turistici (alloggio e ristorazione;
in termini di fatturato, il 2020 potrebbe far registrare un calo di circa 3.300 milioni, che per azienda corrisponderebbe a circa 97 mila euro, ma con andamenti molto diversificati tra filiere. Nel 2021, la crescita del fatturato non coprirà tutta la perdita dell’anno in corso, che si stima sarà di circa 1,8 miliardi;
– quest’anno le imprese della provincia di Ravenna che necessiteranno di liquidità aggiuntiva saranno il 33% del totale. A queste imprese serviranno, per coprire i costi, 528 milioni, ossia circa 46.912 euro per impresa;
– a settembre 2020 sono 449 le imprese attive in meno rispetto alla stessa data del 2019;  -181 in Agricoltura, -129 nel Commercio (di cui -91 nel Commercio al dettaglio), -66 nell’Edilizia, -57 nei Servizi turistici, -36 nella Logistica e -32 nell’Industria Manifatturiera. Segnali positivi per le Attività immobiliari, con 30 aziende in più, per Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+26), per Servizi di informazione e comunicazione (+22) e per i Servizi di fornitura di acqua, gestione reti e rifiuti  (+1);
– quasi dimezzati (24) il numero di fallimenti registrati nei primi 9 mesi dell’anno (-45,5%; nel 2019 erano stati 44); fenomeno in caduta anche secondo quanto rilevato in Emilia- Romagna (-34,5%) ed in Italia (-41,5%). In calo, pur se con una minore intensità, il numero di scioglimenti e di liquidazioni rispetto allo scorso anno: 365 contro i 377 del 2019 (-3,2%).  Tendenza in discesa anche in l’Emilia Romagna (-14,9%) ed in Italia (-13,9%);
i ravennati coinvolti da reddito o da pensione di cittadinanza, a settembre 2020, sono stati 7.899, 1.382 in più rispetto alla stessa data del 2019 (+21,2%), e che corrispondono al 2% della popolazione provinciale. L’ammontare mensile complessivo, pari ad oltre 1,58 milioni, è così cresciuto in un anno del 34,1%.

Come stanno reagendo le imprese ravennati all’emergenza da Covid-19? Solo il 36,7% degli imprenditori prevede un recupero dei livelli produttivi pre-covid entro i primi sei mesi dell’anno prossimo. Tra le imprese con almeno un dipendente, quasi 98 su 100 hanno ripreso l’attività, ma per quasi la metà dei casi con regime ridotto. Le imprese che prevedono cali di occupazione sono il 17,2%, mentre quelle che prevedono problemi di liquidità sono il 44,2%.

Le imprese esportatrici reagiscono alla crisi meglio di quelle non esportatrici (54,5% contro il 49,8%). Vanno meglio anche le imprese digitalizzate (56%) rispetto a quelle che non hanno intrapreso alcun percorso verso la transizione digitale (45,4%).