Giunta regionale, in commissione report su Covid e lavoro: la pandemia penalizza le donne

stanno di più in smart working e si occupano del lavoro domestico più degli uomini

La relazione della Giunta regionale, illustrata in commissione Parità, presieduta da Federico Alessandro Amico, sull’impatto della pandemia sulle donne e riguardo le azioni promosse dalla Regione, dimostra ancora una volta come, a livello occupazionale, sia stato il genere femminile a pagare il prezzo più alto. Questo, in particolare, perché le donne lavorano nei settori occupazionali più colpiti dalle chiusure obbligate dalla pandemia, come il settore del commercio, alberghi e ristoranti: su 100 posizioni perse, 55 riguardano le donne. Inoltre, emerge che le donne lavorano fuori casa in media 5 ore di più di quanto accade nel resto del paese, ma pur sempre in misura inferiore rispetto agli uomini: 25 contro 36 ore settimanali. Mentre il lavoro di cura e domestico continua a restare in misura sostanziale sulle loro spalle: 23 ore contro le 7,38 ore maschili, un dato non troppo diverso da quello registrato nel resto del Paese (26 ore contro 7). Una disomogeneità dei carichi di lavoro messa in evidenza in questi mesi anche della distribuzione dello smart working. A fronte di un incremento del 23% di quello maschile, è cresciuto del 58% quello femminile per far fronte alla chiusura di scuole e servizi per l’infanzia.

L’aumento del tasso di inattività in Emilia-Romagna è tutto ascrivibile alla componente femminile. Nel secondo trimestre 2020 il gap di genere è di quasi 14 punti percentuali, contro gli 11 punti del secondo trimestre dell’anno precedente. Nel terzo trimestre il tasso per gli uomini rimane sostanzialmente invariato, mentre per le donne cala di 2,4 punti percentuali. Fra le donne che nel terzo trimestre in Emilia-Romagna sono alla ricerca di un lavoro 42mila erano in precedenza occupate, 20mila sono rientrate fra la popolazione attiva dopo un periodo di mancata ricerca, 15mila non hanno mai avuto esperienze di lavoro. Nei mesi di marzo e di aprile, per effetto del confinamento, le assunzioni femminili sono diminuite rispettivamente del 47,1% e del 70,5% in termini tendenziali, per far poi registrare un non meno anomalo ‘rimbalzo’, al riavvio delle attività, nei mesi di maggio, giugno e luglio 2020. Inoltre, su 7mila posizioni femminili perse ben 6mila sono part-time e riguardano in netta prevalenza le professionali commerciali e dei servizi. Se si analizzano i dati di dettaglio per mansione, fra i profili professionali che risultano più penalizzati si trovano le commesse delle vendite al minuto, le bariste e le cameriere. Ma si registrano perdite
significative per le donne addette alle pulizie negli alloggi, per le insegnanti precarie della scuola secondaria inferiore e superiore e, benché il dato sia ancora incerto, per le braccianti agricole.

Per quanto riguarda la cassa integrazione, le ore autorizzate mensilmente rimangono ingenti per il mese di maggio e iniziano a calare dal mese di giugno, con la contestuale riapertura graduale delle attività: degli oltre 307 milioni di ore di Cig ‘causale Covid’ autorizzate in regione tra aprile e settembre 2020, oltre il 55% è stato autorizzato nei mesi di aprile e maggio. Una prima stima effettuata a inizi ottobre 2020 indica che nei mesi di aprile e maggio in regione oltre 214mila dipendenti sono stati beneficiari di indennità mensile a pagamento diretto e, per il fatto che i lavoratori delle imprese che per ultime hanno ripreso l’attività occupavano più donne che uomini, le indennità mensili a pagamento diretto per il mese di maggio hanno riguardato circa 115mila lavoratrici e 99mila lavoratori.

Una fotografia, questa, che secondo la consigliera del Partito democratico Roberta Mori “fa emergere ancora una volta divergenze e un gap su cui ci si confronta e si lavora da molto tempo. L’eccezionalità della pandemia ha fatto sicuramente emergere ancora di più la disparità di genere e proprio per questo non possiamo permetterci inerzie regressive”.