I lavoratori ravennati sono quelli che guadagnano di più in tutta la Romagna

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L’indagine svolta dal CAF CISL Emilia Romagna sui redditi dichiarati nella scorsa campagna fiscale evidenziano come i cittadini romagnoli abbiano redditi inferiori a quelli del resto della Regione. Nelle tre province, Ravenna la migliore, Rimini la peggiore, Forlì-Cesena quella che segnala il maggior aumento dall’anno precedente.

I lavoratori dipendenti della provincia di Ravenna sono quelli che anche nel 2019 registrano il reddito più alto in Romagna, benché in forte diminuzione rispetto agli anni precedenti. La Romagna rimane sempre fanalino di coda rispetto al resto della Regione, davanti soltanto alla provincia di Ferrara. E nella campagna fiscale appena iniziata ci aspettiamo purtroppo che la crisi avrà ulteriormente aumentato il divario con l’Emilia. E’ necessario investire nella formazione e in un chiaro programma di politica industriale, per migliorare la qualità del lavoro nei nostri territori ed aumentare così anche la capacità reddituale di tutti i romagnoli” afferma in sintesi Francesco Marinelli, segretario generale della Cisl Romagna, analizzando i dati emersi dallo studio svolto dal CAF CISL Emilia Romagna, che esamina un campione di 38 mila dichiarazioni dei redditi 2019 effettuate da lavoratori dipendenti presso il CAF CISL in Romagna nel 2020, 1240 in più rispetto all’anno precedente.

“Questi dati sono estremamente interessanti– continua il sindacalista – ed il campione utilizzato è assolutamente rappresentativo della realtà perché analizza circa il 10% dei dipendenti presenti in provincia.

REDDITO MEDIO LAVORATORI DIPENDENTI RAVENNA

“I lavoratori dipendenti della provincia di Ravenna che si sono rivolti al CAF CISL hanno avuto nel 2019 un reddito medio di euro 21.353 euro – illustra Marinelli – il più alto tra le province romagnole, ma inferiore di 230 euro rispetto a quello registrato dall’indagine CAF nel 2017. La provincia di Ravenna si classifica solo al 6°posto in Regione, con un reddito medio inferiore del 8% rispetto alla media regionale. Le province romagnole si classificano agli ultimi posti in Regione, davanti solo alla provincia di Ferrara (Ravenna al 6° posto; Forlì-Cesena al 7° posto; Rimini all’8 posto in Regione). Le motivazioni di questo- specifica Marinelli- sono da riscontrarsi principalmente nella presenza nei territori emiliani di settori merceologici a più alto valore aggiunto, che offrono stipendi più altri, determinando quindi anche redditi maggiori. Ma non solo, anche la qualità del lavoro incide sui bassi redditi e questo vale purtroppo soprattutto per le donne ed i giovani. Sono loro infatti ad avere il maggior numero di contratti a tempo determinato e stagionale, che determinano stipendi più bassi ed un minor numero di giornate lavorate”.

DONNE E GIOVANI

Il reddito medio delle donne nella provincia di Ravenna è più basso del 21% rispetto alla media delle retribuzioni totali, dato in linea con quello regionale. “La qualità del lavoro svolto dalle donne incide fortemente sul loro reddito – evidenzia il segretario cislino – impiegate principalmente nei settori dell’ortofrutta, dei servizi alle persone, del commercio e del turismo. Purtroppo ci aspettiamo un peggioramento, visto che i dati sull’occupazione femminile in Emilia Romagna evidenziano un calo a settembre 2020 del 3%, che equivale a circa 13 mila posti di lavoro in meno tra le lavoratrici dipendenti. La pandemia infatti ha determinato la perdita di numerosi contratti di lavoro a tempo determinato e stagionali, dove in maggioranza sono impiegate le donne.”

“Esaminando anche le denunce dei redditi dei lavoratori under 35 di Ravenna – precisa Francesco Marinelli – si riscontrano posizioni reddituali più basse del 45% rispetto alla media di tutti gli altri lavoratori.  “Questo dato- afferma Marinelli- è principalmente dovuto a tipologie di lavoro precarie, ma soprattutto di una cultura dell’organizzazione del lavoro che vede i giovani penalizzati per molto tempo, anche oltre i 30 anni di età, senza possibilità di accedere a posizioni lavorative più gratificanti”.

CONCLUSIONI

“I numeri del dossier CAF CISL ci preoccupano- sottolinea il segretario della CISL Romagna Francesco Marinelli- soprattutto poiché ci aspettiamo che dall’analisi dei redditi 2020 emergeranno ulteriori difficoltà. Ma tanto è possibile fare per invertire la tendenza negativa e come CISL proponiamo tre azioni che riteniamo siano fondamentali”.

“Prima di tutto a livello romagnolo servono alleanze forti tra lavoratori, sindacati, aziende e Istituzioni per progettare insieme un piano di investimenti in Romagna, adeguato ad una robusta politica industriale, che possa creare un maggiore valore aggiunto dalle specifiche vocazioni industriali di ogni territorio. Se in Emilia Romagna l’89% delle imprese è una micro impresa- continua Marinelli- è evidente quanto sia indispensabile fare rete, ad esempio per utilizzare al meglio i fondi strutturali europei, integrando interventi dei piani operativi regionali FSE (Fondo di Sviluppo Europeo) e FESR (Fondo europeo di sviluppo regionali). Inoltre sarà importante supportare le filiere, favorendo forme di collaborazioni organizzative, tecnologiche e formative”.

 

E’ necessario inoltre un “Patto per le Competenze”, come già richiamato dal recente Patto per il Lavoro e per il clima. “Questo- afferma il segretario- dovrà portare ad un forte rilancio della formazione professionale e ad una formazione continua per i lavoratori. La pandemia ha infatti velocizzato un processo di digitalizzazione che non possiamo abbandonare e che coinvolgerà sempre più le nostre realtà lavorative. I lavoratori devono così poter rimanere aggiornati e conseguire nuove competenze durante tutto il loro percorso professionale”.

Infine- conclude il Segretario della CISL Romagna- “una riforma indispensabile sarà quella fiscale, poiché in Italia la pressione fiscale è insopportabile, in particolare per i dipendenti e pensionati, che contribuiscono al 95% del totale del gettito Irpef. Una riforma fiscale deve essere basata sulla progressività e sulla lotta all’evasione, non sui condoni come invece il Governo ha previsto con il Decreto Sostegni. I 110 miliardi di euro che ogni anno vengono evasi nel nostro Paese- sottolinea il Segretario cislino- significano tantissime risorse in meno che potrebbero essere usate per infrastrutture sociali, sanitarie, e mai come in quest’ultimo anno sappiamo quanto sia importante investire in queste risorse”.

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