Massimo D’Alema a Ravenna: una lezione di politica per il NO al referendum del 4 dicembre

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Arriva puntuale quasi come un orologio svizzero Massimo D’Alema all’appuntamento per il NO di ieri sera. Si concede a qualche tv. Poi dopo i 15 minuti di rito sale sul palco, introdotto dal responsabile del Centrosinistra per il No di Ravenna Alessandro Perini e intervistato da Giorgio Stamboulis del Dock 61 il circolo Arci che ha organizzato la serata. Per l’occasione – visto l’afflusso nutrito di pubblico, dalle 200 alle 300 persone – il Dock ha tenuto l’incontro all’Almagià, l’antico magazzino dello zolfo. E a giudicare dalle parole di Massimo D’Alema e dai modi – è apparso in gran forma – per Renzi e il Sì le sue devono essere suonate proprio sulfuree.

 

Naturalmente ad ascoltare Massimo D’Alema non c’era praticamente nessuno dei maggiorenti del PD locale. Noi non ne abbiamo visti. Qualche esponente della minoranza bersaniana. Ma nulla di più. C’era tanta altra gente, ma non loro, gli antichi compagni. Della serie: c’eravamo tanto amati! E dire che una volta il PCI-PDS-DS-PD di Ravenna era tutto suo e quando veniva lui qua si faceva il pienone in piazza o nei palazzetti, e dovevi vedere come facevano la fila per andare a stringergli la mano! Ma tant’è. La politica è crudele. Dà molto ma toglie ancora di più e in poco tempo, se fallisci o se passi di moda e soprattutto se ti additano alla folla come il responsabile di tutti i guai del partito e della nazione. E al povero Massimo D’Alema è capitata proprio questa sorte. Un gioco fin troppo facile per Renzi e i suoi, che hanno approfittato dei tanti errori altrui.

 

Massimo D’Alema si è presentato per quello che ormai, da tempo, è: un separato in casa PD. Sta ancora nel PD ma di questo PD di Renzi e delle sue scelte non condivide praticamente più nulla. A partire dalla riforma della Costituzione. Naturalmente non riempie più le piazze, l’audience è più ridotta e non si sa bene se il suo darsi da fare ora sia più utile al NO o al SI, come dicono i maligni. Ma se stiamo al merito e alla politica… per dovere di cronaca dobbiamo dire che sul referendum D’Alema è stato preciso, puntuale, chiaro e, senza demagogia o slogan facili a raffica, di quelli che vanno oggi per la maggiore condensati in un tweet, ha raccontato le ragioni del suo NO. Un NO di sinistra, che si differenzia per storia e cultura dal NO di Grillo o dal NO di Salvini. E lo ha fatto in modo convincente. La sua è stata più una lezione di politica sulla Costituzione e sulla situazione attuale (si è parlato anche di Europa) che un comizio. Una lezione tenuta senza mai perdere la calma o alzare la voce e, semmai, non risparmiando qualche battuta particolarmente brillante e sferzante verso Renzi e i suoi. Insomma D’Alema non smentisce D’Alema e, se pur rottamato, quando si parla di politica lui sa di cosa parlare.

 

Perchè NO? D’Alema ha detto a più riprese che la riforma voluta da Renzi è pasticciata, sbagliata, confusa e riduce gli spazi della sovranità popolare, perchè svilisce gli effettivi poteri del Parlamento e consegna un futuro Parlamento di nominati al controllo di un capo. Perciò va respinta. 

Più avanti ha detto che la riforma è stata scritta con i piedi, e ha invitato tutti a leggere l’articolo 70 della nuova costituzione: “Prima di andare a votare tutti dovrebbero leggere quell’articolo, così sarebbero chiare e definitive le ragioni del NO a questa pessima riforma.”

Ha attaccato sulle cattive compagnie di Renzi in questo referendum: JP Morgan e la finanza, Confindustria, Marchionne e i poteri forti, mentre CGIL e ANPI stanno dall’altra parte, sono per il NO. Con sarcasmo ha aggiunto: “Stare con la finanza e i poteri forti probabilmente è un modo nuovo di essere di sinistra.”

Ha ricordato la riforma di Berlusconi del 2005, bocciata nel referendum del 2006 proprio dal centrosinistra (“Non è vero che da trent’anni ci si sta provando e che solo lui, Renzi, l’ha fatta. Anche l’altro l’aveva fatta.”). Una riforma quella berlusconiana che in molti punti era simile proprio a quella voluta oggi da Renzi ma che per fortuna fu bocciata, perchè anche quella come questa era una cattiva riforma. Poi ha ironizzato sugli slogan di Renzi: “Il governo del fare, l’eliminazione dell’Imu, il Ponte sullo Stretto… sono slogan che abbiamo già sentito e prima o poi quell’altro verrà a chiedere i diritti sul copyright”.

 

 

Ha parlato anche del metodo con cui questa riforma è stata fatta, a colpi di maggioranza, spaccando il Parlamento e il Paese. Un clima completamente diverso da quello della Costituente del 1946-47 quando i partiti si dividevano sulla politica ma erano uniti sulla Costituzione. “Perchè la Costituzione è un bene comune e non si può fare a colpi di maggioranza o per calcoli politici, per i voleri di un capo. – ha ribadito D’Alema – Perchè poi i capi passano ma le Costituzioni restano. E magari una Costituzione realizzata pensando a un capo finisce per diventare la Costituzione di un altro capo. E possono essere guai.”

 

E qui l’attacco a Renzi arriva fino all’Italicum, la nuova legge elettorale pensata per far vincere il partito della nazione di Renzi ma che, se si votasse ora, rischierebbe invece di consegnare l’Italia a Grillo e al Movimento 5 Stelle. “Sono dei geni quelli che hanno ideato questa legge elettorale e sono gli stessi geni che hanno scritto la nuova Costituzione.” Poi ha aggiunto: “E poi ci vengono a dire che se vince il NO noi diamo l’Italia ai 5 Stelle. È Renzi che lo ha già fatto a Roma e a Torino. È Renzi che ha perso tre milioni di voti al PD dalle elezioni europee del 2014 ad oggi. È Renzi che ha trattato come un ladro di polli un galantuomo come Marino e ha fatto vincere la Raggi.”

È vero che non si vota sull’Italicum, secondo D’Alema, ma è del tutto evidente che se vince il SI l’Italicum non si toccherà, mentre se vince il NO il Parlamento sarà costretto a varare una nuova legge elettorale migliore dell’Italicum, che è una brutta legge elettorale e non permette nemmeno di eleggere i propri deputati.

 

L’ex Presidente del Consiglio ha attaccato anche sul fatto che la nuova Costituzione accentra i poteri dello Stato, crea un nuovo centralismo, riducendo i poteri delle autonomie e delle Regioni e, anzi, paradossalmente aumenta il divario fra Regioni a statuto ordinario – come l’Emilia Romagna – e quelle a statuto speciale come la Sicilia, i cui poteri non sono affatto intaccati. La nuova Costituzione intacca ed esproria di molti poteri solo le regioni a statuto ordinario ed è paradossale. “I Presidenti delle Regioni dovrebbero opporsi a questa riforma se non avessero una deformazione alla spina dorsale”, ha commentato con verve polemica.

Infine ha detto che questo non è un vero referendum ma voto voluto e inteso da Renzi come un plebiscito, per approvare riforme imposte dall’alto. “Di solito ai plebisciti si vota NO – ha detto Massimo D’Alema – perchè i plebisciti sono sempre una sorta di investitura populista. E il populismo è una brutta bestia quando viene dal basso ma se viene dall’alto lo è ancora di più.”

 

A cura di P. G. C.

 

 

 

 

 

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