Alvaro Ancisi (LpRa): “Penosi abusi del comune su un capanno in regola”

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Alvaro Ancisi interviene in merito alla demolizione da parte del Comune di Ravenna di un capanno: “Nella pineta di Marina di Ravenna, in via Trieste, la Regina d’Africa, mitico pub degli anni ’80-’90, non era la sola costruzione esistente. C’era anche un piccolo capanno di 16 metri quadrati, censito col n. 237 dal Comune, il quale ne ha sempre attestato la regolarità, fino all’ultimo rilascio della concessione del terreno per il periodo 2015-2021. Il fabbricato fu edificato regolarmente nei primi anni ’50, su terreno comunale in Pialassa Piomboni”.

“Nel 1957 fu però fatto trasferire, a seguito dell’industrializzazione dell’area, nella pineta retrostante di Marina di Ravenna. Nei primi anni duemila- prosegue il capogruppo di Lista per Ravenna -, il capanno subì numerosi atti vandalici, che ne demolirono il tetto e parzialmente le pareti. Il 22 maggio 2003, la famiglia proprietaria – la stessa dall’origine, legata al capanno anche in ricordo dei suoi ascendenti che l’avevano costruito – presentò allora un progetto di manutenzione straordinaria del manufatto, necessario per poterlo riutilizzare, che (a detta della proprietà stessa) era stato “redatto su indicazioni dell’ufficio comunale competente”. Il progetto fu però respinto dal Comune medesimo, ai sensi del regolamento capanni caccia e pesca allora vigente, “in quanto intervento eccedente l’ordinaria manutenzione”: come se avesse avuto senso l’ordinaria manutenzione di un fabbricato col tetto massacrato e le pareti quasi abbattute. Alle rimostranze della proprietà sarebbe stato risposto: “…non tocchi una tegola poiché è un reato penale”.

CAPANNO SPARITO

“Nell’attesa di tempi burocratici migliori, la proprietà stessa, pur impedita a rimediare il danno, ha continuato a rinnovare la concessione d’uso del terreno comunale su cui il capanno insisteva, pagandone regolarmente il canone. All’inizio del marzo scorso, recatasi in zona, si è però accorta che il capanno era sparito. Contattato l’ufficio comunale competente, avrebbe avuto risposta che: “…il capanno, ormai ridotto a rudere, non risultando in concessione ad alcuno (quindi abusivo), era stato demolito”, senza alcuna spiegazione sul perché non fosse stata nemmeno preavvisata. Che il capanno fosse abusivo non era vero, come dimostra l’atto ufficiale, qui allegato: ragion per cui, dato e non concesso che la demolizione fosse giusta, il Comune avrebbe dovuto comunicarne preventivamente il provvedimento alla proprietà dell’immobile, dopo averla diffidata a compiere gli interventi su cui fosse stata o si mostrasse inadempiente. Di conseguenza, la proprietà è stata impedita ad esercitare i propri diritti patrimoniali nelle sedi amministrative e giudiziarie competenti. Occorre dunque verificarne le cause e le responsabilità, anche perché il Comune, cioè la cittadinanza, ha dovuto pagare i costi delle “operazioni di demolizione del manufatto in oggetto, mediante personale incaricato dall’Amministrazione comunale, ivi compresa la fase di raccolta, separazione e trasporto dei relativi rifiuti”, che sarebbero toccati alla proprietà stessa. Ne chiedo dunque spiegazione al sindaco” afferma Ancisi.

REGOLAMENTO CAPANNI INGIUSTO?

“Il 1° agosto 2014, il Comune ha approvato un nuovo regolamento capanni che consente ai manufatti allora regolarmente esistenti di essere riqualificati, anche previa demolizione, fino ad un massimo di 70 mq. Pur se il capanno 237 è sparito, la sua regolare preesistenza è ben documentata presso gli uffici comunali, ad esempio nel progetto di ristrutturazione presentato nel 2003. La ricostruzione sarebbe dunque possibile, se non fosse che tale facoltà si applica ai circa 800 capanni del comune di Ravenna esistenti “regolarmente” pressoché ovunque negli ambienti naturali protetti, ma non ai 16 metri dell’unico capanno che esisteva regolarmente nella pineta di Marina. Ne chiedo dunque le ragioni”.

REGINA D’AFRICA DIFFERENZIATA

“Il 17 luglio 2017, il Comune produce finalmente l’atto di revoca della concessione del terreno per avere il concessionario omesso “la cura ed una sistematica manutenzione” del capanno e dell’area (che gli erano state impedite dal Comune stesso), in ragione del fatto che il manufatto si trovava “in prossimità di uno stradello della Pineta soggetta al pubblico transito” e “allo scopo di tutelare la pubblica incolumità”. Sono centinaia i capanni tuttora in condizione di incuria e insicurezza, ma, stando anche solo a questa pineta, il Comune non si è altrettanto preoccupato che sullo stesso stradello, nelle immediate vicinanze dell’ex capanno, resiste, di molto maggiore grandezza e volume, e dunque pericolosità, il rudere dell’ex Regina d’Africa. Ultimo quesito: perché tale comportamento differenziato” conclude il capogruppo di Lista per Ravenna Ancisi.

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