Economia. Federico Marchetti: un po’ americano, un po’ romagnolo. Business globale, cuore ravennate

Intervista all'imprenditore di Ravenna, fondatore di Yoox, festeggiato ieri dal Circolo Ravennate e dei Forestieri

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Benvenuto Federico il Grande. Quando arrivo domenica pomeriggio al Circolo Ravennate e dei Forestieri trovo questa scritta un po’ dappertutto. È il modo giocoso e affettuoso insieme con cui il sodalizio e il suo Presidente Beppe Rossi accolgono un amico e socio del circolo, nonchè ravennate illustre, al pari di altri soci del passato e del presente – così dice Rossi nelle presentazioni – uomini come Serafino Ferruzzi e Raul Gardini, come Riccardo Muti e Antonio Patuelli. Federico il Grande, paragonato a Federico di Prussia, è Federico Marchetti fondatore di Yoox e imprenditore di grande successo. 

 

Federico Marchetti, ravennate, classe 1969, ha creato da zero una sorta di Amazon italiana e internazionale della moda di alta gamma, fondata il 21 giugno del 2000. Qualche anno fa Marchetti ha portato Yoox a fondersi con Net-a-Porter e di fatto a raddoppiare il giro d’affari e i dipendenti. Recentemente, dopo gli eccellenti risultati conseguiti dalla società che vende moda online, il gruppo svizzero del lusso Richemont (fra i suoi marchi c’è Cartier) ha acquisito per 5,4 miliardi la società di cui Marchetti è amministratore delegato, nonché azionista con il 3,9%, come hanno scritto i giornali specializzati. Da un magazzino di Casalecchio di Reno a un grande gruppo del lusso che vale 52 miliardi di franchi svizzeri. Questa è la parabola imprenditoriale di Marchetti. Chapeau.

Nato a Ravenna, si diceva, Marchetti è andato a studiare a Milano alla Bocconi, si è laureato nel 1993, poi è partito per New York per un master alla Columbia University e… poi è diventato mister Yoox. Un brand per il quale – hanno scritto – ha messo in tasca un assegno da circa 200 milioni di euro quando ha ceduto la sua quota agli svizzeri. Ma il successo non gli ha affatto montato la testa, non è uno che “se la tira”. Tutt’altro. Quando lo incontro insieme ad altri giornalisti è sorridente, affabile e amabile. Chissà quante volte ha risposto alle stesse domande che gli abbiamo rivolto noi, eppure lui con calma e con il sorriso risponde tranquillo e amichevole. Un vero signore.

 

 

L’INTERVISTA

Che cosa rappresenta Ravenna per lei, ormai uomo nel e del mondo?

“A Ravenna c’è il cuore. Le braccia e la testa sono a Bologna, Milano, Londra, adesso anche a Ginevra. Ma a Ravenna c’è il cuore perché qui sono nato e qui vive ancora mia madre. Mio padre purtroppo è venuto a mancare un anno fa. E qui ci sono i miei amici d’infanzia. Gli amici del cuore. Ravenna poi è la mia romagnolità. C’è un bell’articolo uscito sul Sole 24 Ore, di Paolo Bricco, che mi ha definito un americano romagnolo: è una definizione che mi piace. Mi ci ritrovo. I romagnoli sono sicuramente determinati. Come me.”

Quindi, malgrado l’internazionalità del suo business, l’anima romagnola non è scomparsa?

“Tutt’altro. Il mio amico Oscar Farinetti dice sempre che i direttori marketing lui li vuole soltanto romagnoli, perché sono riusciti in Romagna con il sistema turismo a fare una cosa eccezionale. A guida dell’economia in Italia dovrebbe esserci un romagnolo. Quello che siamo riusciti a fare noi qui in riva all’Adriatico ha qualcosa dell’incredibile. Se metto a confronto la Romagna al lombardo Lago di Como, in fatto di intraprendenza, non c’è paragone. Sono molto più intraprendenti i romagnoli. Sono più determinati. Non mollano mai. E questa cosa mi contraddistingue, mi sento molto romagnolo.”

Lei è partito dal nulla. Ma alla base del suo successo c’è la Bocconi e poi quel master negli Stati Uniti…

“Qui siamo alla mia parte americana. L’azienda che ho fondato, la Yoox, è un’azienda di innovazione e fortemente tecnologica e, come sappiamo, il binomio innovazione-tecnologia non sono peculiarità propriamente italiane. Yoox poteva essere nata tranquillamente nella Silicon Valley piuttosto che a Bologna o a Milano. Quella parte è molto americana e l’idea è figlia dell’America. Sulla parte preparatoria, posso dire che fin da bambino io sognavo di fare l’imprenditore. Mia mamma mi ha raccontato che parlavo sempre fin da piccolo di tutti questi progetti che avevo in testa, volevo fare questo o quello, avevo questa intraprendenza di fondo, di carattere.”

Insomma, nasce imprenditore e studia da imprenditore.

“Sì. Ho studiato e mi sono impegnato per ciò che sognavo di fare. Perché lavorare duro su un progetto è importante. Oggi in Italia non sembrano più valori così importanti. Le competenze invece per me sono fondamentali, sono quelle che fanno la differenza. Bisogna avere idee e competenze. Competenze senza idee o idee senza competenze, non va bene, non funziona. Quindi sono andato a studiare di qua e di là. Sono andato a lavorare di qua e di là. Tutto per arrivare dove volevo.”

 

 

Ma è proprio vero che ha cominciato in un garage a Bologna, anzi a Casalecchio di Reno?

“In un magazzino. Fosse stato un garage quella sarebbe stata davvero una storia americana. Invece, noi siamo romagnoli e italiani, e quindi siamo partiti dal magazzino. L’idea in fondo è stata semplice. Vendere online capi e beni di alta qualità. Non lo faceva ancora nessuno. La cosa buona è che questa idea è venuta nel 1999, prima che la stessa idea venisse ad altri.”

L’idea è nata negli Stati Uniti ma poi l’ha realizzata in Italia. Perchè?

“Sì. Mentre tanti altri come me sono rimasti all’estero, in America o a Londra, io sono voluto tornare. Volevo realizzare qualcosa nel mio paese. Io sono come i cinesi. Vanno a studiare all’estero. Imparano tantissimo e poi tornano in Cina, a mettere in pratica ciò che hanno acquisito fuori. E fanno grande il loro paese. Infatti, la Cina è piena di tanta gente con un sacco di competenze. Io sono tornato e mi sono detto, su cosa posso fare leva? L’Italia è rinomata nel mondo per la moda e quindi ho unito la moda italiana al web americano e abbiamo cominciato a vendere la grande moda online.”

Ravenna e il mondo. Si parla di Ravenna nel mondo? La conoscono? E di che cosa Ravenna fa parlare di sé nel mondo?

“Io parlo sempre di Ravenna. Quindi io sono un supporter di Ravenna nel mio piccolo. Tutte le volte che posso. Io non dico che sono di Milano, anche se gli uffici sono a Milano, dico che sono di Ravenna.”

Ma non le chiedono Ravenna dove?

“What’s Ravenna? Sì, c’è anche questo (ride, ndr). Però devo dire che le persone più colte conoscono tutte Ravenna benissimo e per la maggior parte sono già state a Ravenna. Sono stato a cena da Bill Gates recentemente e lui, per esempio, la conosce. Naturalmente prima di tutto Ravenna è conosciuta per i suoi mosaici. E anche giustamente, perché alla fine sono i più belli del mondo.”

Lei ha anche dato una grande festa a Ravenna qualche anno fa ai Giardini Pubblici, portando il mondo Yoox a Ravenna.

“Sì. Quando avevamo duemila dipendenti – adesso sarebbe un po’ più complicato perché siamo cinquemila dopo l’acquisizione di Net-a-Porter – ho portato a Ravenna tutti, per festeggiare il compleanno Yoox: dall’America, dal Giappone, dalla Cina, li abbiamo fatti volare tutti fin qua e abbiamo fatto conoscere loro Ravenna.”

Fu un bello spot per Ravenna.

“Sì. Duemila persone sui trent’anni. E molti non la conoscevano. Credo lo sia stato. E a questo proposito mi ricordo che una volta ho portato in visita a Ravenna lo staff che lavorava con Armani. Li ho portati a vedere una delle nostre basiliche e lì, sdraiato sul pavimento della chiesa, ho incontrato Karl Lagerfeld mentre stava fotografando i mosaici, perché poi avrebbe creato una collezione di Chanel ispirandosi ai mosaici bizantini di Ravenna. Una bella reunion della moda a Ravenna, con Armani e Lagerfeld.”

Dopo l’acquisizione del marchio Yoox e Net-a-Porter da parte del gruppo svizzero del lusso Richemont lei è stato definito un dipendente di lusso. Come si trova in questi panni?

“Prima di tutto sono e resto un imprenditore. Yoox Net-a-Porter viene sempre gestita in maniera indipendente e autonoma dal gruppo. Cosa mi cambia? Che ora ho e abbiamo le spalle molto più larghe e robuste per accrescere gli investimenti in tecnologia, logistica, risorse umane e marketing e questo è importante sia per l’azienda sia per il nostro paese, perché un pezzo di Yoox è qui in Italia. Del resto la proprietà era già in larga parte in mani straniere, per il 90%. Non è cambiato molto. Mentre i nuovi investimenti permetteranno di ampliare i magazzini a Bologna e a Milano e di fare nuove assunzioni. Centinaia nel 2018. Quindi per l’Italia è molto importante.”

È vero questo che le viene attribuito: “Non mi serve amore, mi servono risultati”? Lei non sembra affatto così anaffettivo.

“Il mio pensiero è stato proprio travisato in questa occasione. Dissi, e ribadisco, che io non sono un imprenditore vecchio stile che ha bisogno di essere messo su un piedistallo o che deve sentirsi adorato da tutti i dipendenti: non ho bisogno dei signorsì. Io lavoro con tutti. E lavoro in mezzo alla gente. Perché mi confronto ogni giorno almeno con il dieci per cento di quelli che lavorano con me. Non mi serve la loro idolatria del capo. Voglio che lavorino con impegno ed entusiasmo. È molto diverso.”

Torniamo a Ravenna. Ha intenzione di investire a Ravenna? Qualcuno le ha proposto di fare business qui?

“No. Non ci sono ipotesi di questo genere. Però ci sono tante persone di Ravenna che lavorano da Yoox a Bologna. Inoltre, io sono molto focalizzato sul mio lavoro. Sono vent’anni che faccio questo e continuo a fare questo. Non voglio fare nient’altro. Mi sono stati offerti Consigli di amministrazione, istituzioni, però ho sempre deciso di essere con i piedi in due sole scarpe.”

Fare una cosa e farla bene.

“Farne una e farla benissimo.”

Se dovesse dare un consiglio a un giovane ravennate per farcela, seguendo le sue orme, cosa suggerirebbe?

“Di darci sotto. Di metterci tutto l’impegno e di fare i sacrifici necessari. Perché il mio percorso mi ha dato il successo ma è stato un percorso di lavoro duro e di sacrificio. Mi alzavo presto la mattina per andare a Milano, dormivo insieme a un compagno di studi in uno stanzino monolocale, la mamma mi dava il mangiare per la settimana. Per ottenere le cose bisogna fare sacrifici. Non vengono da sé. Purtroppo oggi vedo che gli esempi in Italia vanno in direzione diversa.”

 

Intervista raccolta da Pier Giorgio Carloni

 

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