Elsa Signorino e l’autunno caldo della cultura. Una stagione ricca di eventi, una festa per Ravenna

Intervista all'Assessore alla Cultura a pochi giorni dall'inaugurazione della mostra del Mar e nel bel mezzo di un autunno densissimo di appuntamenti importanti per la città

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Raggiungiamo Elsa Signorino a Palazzo Rasponi dalle Teste, di lunedì pomeriggio, quando gli uffici del Comune sono chiusi. Il palazzo è vuoto e silenzioso. Gli ambienti appaiono straordinariamente ampi, con soffitti altissimi, inappropriati per uffici moderni e funzionali. Questo doveva essere il cuore pulsante di Ravenna 2019, poi sappiamo com’è andata. Ora nelle vaste stanze ci sono gli uffici della Cultura e del Turismo, più sale espositive, più qualche altra cosa che in questo momento ci sfugge. La Signorino è in pausa fra un’inaugurazione e l’altra: il periodo è incredibilmente denso di iniziative per l’Assessore alla Cultura – oltre 80 – tutte dedicate a Dante. 

Fra pochi giorni s’inaugura l’attesa mostra del Mar ?War is over. Poi sarà la volta della Trilogia d’Autunno del Ravenna Festival. Infine il 1° dicembre sarà inaugurato il Museo Classis Ravenna. È una città ricchissima di offerta culturale, dice orgogliosa la Signorino di Ravenna. Invece la politica non sempre è all’altezza, lamenta. Il dibattito e le polemiche spesso sono asfittici, non ci si confronta nel merito, non si mettono in campo alternative. C’è chi lavora solo per rompere e guastare. Lei non usa queste parole, ma è questo che intende.

È il cruccio di una donna con una lunga esperienza amministrativa e di governo, che ha visto stagioni in cui la politica era obiettivamente un’altra cosa, nel pieno della sua forza e della sua autorevolezza. Altro che post su Facebook o cinguettii su Twitter che durano lo spazio di un mattino e a sera sono già bruciati. Non è nostalgica del bel tempo che fu, ma guarda con un certo stupore la politica attuale e teme alcune derive demagogiche della nuova maggioranza di governo. Teme, soprattutto, che l’Italia perda per strada il riferimento europeo, per lei imprescindibile.

Parla rotondo e morbido, non è in vena di polemiche, ne ha già subite tante. Troppe, più di quelle che si attendeva. Dunque non vuole aggiungere benzina al fuoco, ma non si sottrae alle domande.

 

L’INTERVISTA

Elsa Signorino, lei è stata chiamata poco più di due anni fa a riorganizzare – anzi, si può dire a ricostruire – l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna, dopo la sfortunata campagna per Ravenna 2019. A metà del cammino, qual è il bilancio del lavoro intrapreso? Si ritiene soddisfatta?

“Soddisfatti non si può mai essere. Ma abbiamo lavorato molto. È stato fatto un grande lavoro di riorganizzazione in tutto l’Assessorato e nelle Istituzioni culturali di Ravenna. Dopo la stagione della candidatura per il 2019 dovevamo aprire una fase nuova, mettendo in valore ciò che era stato costruito nei cinque anni precedenti. E lo abbiamo fatto, affrontando le nuove sfide. Per esempio, abbiamo riformato il sistema delle convenzioni culturali: non è stato un percorso semplice, perché l’obiettivo era quello di valorizzare la vasta offerta culturale della città in capo a diversi soggetti, puntando sul principio di valutare il merito dei progetti e non solo dei proponenti. I risultati sono positivi, abbiamo trenta convenzioni sottoscritte, una grande ricchezza di offerta culturale e prime forme di collaborazione fra soggetti diversi, fatto per me molto importante.”

Lei si è mossa puntando proprio a far crescere sinergie e collaborazioni fra le varie istituzioni culturali, e cercando di mettere fine a logiche di campanile che a Ravenna sono sempre state molto forti. Come sta andando?

“Vedo risultati molto significativi. Ad esempio, anche in virtù della struttura che ci siamo dati come Assessorato, le Istituzioni culturali hanno una pratica di collaborazione ormai consolidata. Le faccio pochi esempi. Per l’autunno sono in cantiere due grandi eventi: l’inaugurazione della mostra ?War is over al Mar e del Museo Classis Ravenna. Noi stiamo promuovendo i due eventi insieme, tramite la progettazione sinergica fra Mar e RavennAntica. Potrei fare l’esempio delle innumerevoli collaborazioni fra Mar e Classense. Potrei parlare dello sforzo di Ravenna Manifestazioni per valorizzare le risorse e le energie creative del territorio all’interno del Ravenna Festival. Penso ancora alla straordinaria collaborazione fra Ravenna Festival e Ravenna Teatro per l’Inferno e per la Trilogia dedicata a Dante. Io credo molto in questa organizzazione di rete: là dove c’è ricchezza culturale, come a Ravenna, la logica del fare rete evita gli effetti dispersivi e diventa fattore moltiplicatore.”

La riorganizzazione voluta dal Sindaco e da lei ha puntato su una figura chiave, quella di Maurizio Tarantino che assume i ruoli di Direttore della Classense, Direttore del Mar e Dirigente della Cultura. Lui si sta facendo in quattro, tenuto conto anche della ricchezza della proposta culturale di Ravenna e della mole di cose da seguire. Ma il punto è questo: sta funzionando bene secondo lei questo accorpamento di funzioni?

“Secondo me sì. E debbo esprimere un apprezzamento convinto per lo straordinario lavoro che sta facendo il Direttore Tarantino (nella foto sotto insieme al Sindaco e all’Assessore, ndr). Avere creato una struttura organizzativa di questo tipo, del resto, ha favorito proprio i rapporti di collaborazione fra le diverse istituzioni. Le stesse istituzioni funzionano al meglio, come dimostra la sempre crescente offerta di servizi e di offerta culturale alla città della Biblioteca Classense, per fare un solo esempio. Naturalmente occorre dotare le istituzioni e i singoli settori di figure in grado di collaborare strettamente con la figura apicale di Tarantino. Ma su questo sono tranquilla, dentro le nostre istituzioni culturali c’è un patrimonio molto grande di professionalità che via via stiamo individuando e valorizzando.”

 

 

In questi due anni lei è stata spesso al centro della scena, avendo un assessorato pesante. Molti onori ma anche molti oneri. È stata spesso attaccata per le sue scelte. Si aspettava le resistenze che ha incontrato e gli attacchi che le sono arrivati? Si tratta di un qualcosa di fisiologico considerata la politica attuale o c’è anche qualcosa di più, qualcosa di spurio rispetto alla fisiologia della battaglia politica?

“L’Assessorato alla Cultura comporta molti oneri, è vero, anche qualcuno in più di quelli che avevo preventivato all’inizio.”

In compenso ci sono poi molti onori.

“Certo. Io sono molto orgogliosa della nostra città e di essere Assessore alla Cultura. Sabato pomeriggio, per esempio, abbiamo avuto ospite a Ravenna Agnes Heller, un monumento del pensiero filosofico, e la Sala Dantesca della Classense era piena. Ancora più numeroso era il pubblico in serata con Lino Guanciale che proponeva le sue “belle parole” in tema di cosmopolitismo e accoglienza. A Ravenna da sempre la cultura è al centro del dibattito, suscita interesse, aspettative molto grandi. Nelle polemiche di questi anni c’è molto di fisiologico, che rinvia alle dinamiche politiche dell’oggi. Purtroppo si sono fatte strada anche impostazioni o accentuazioni che io non condivido: per esempio, quella che la cultura non sia più bene essenziale, fattore di identità e coesione di una comunità, invece la si intende come puro veicolo di promozione di flussi di turismo culturale. Questa cosa è sacrosanta, da perseguire, ma per me non può essere il fine ultimo. Non mi rassegno a un dibattito politico di tipo residuale e povero sul ruolo della cultura. Che tende a immiserire la cultura. Purtroppo poi nel dibattito politico attuale scompare la passione del confronto fra opzioni diverse in campo. C’è chi cerca solo il limite, la rottura, l’attacco, quasi mai è in campo la proposta alternativa. Questo non vale per tutti, sia chiaro. Ma per quanto mi riguarda, penso che alle polemiche sia importante rispondere con i fatti. E di fatti in campo culturale, a Ravenna, ce ne sono tanti.”

Veniamo alle emergenze. Ravenna città di Dante e celebrazioni del settimo centenario nel 2021. In questi giorni c’è un gran fervore di iniziative, come sempre in questo periodo dell’anno, quest’anno più del solito. Il corteo delle celebrazioni dantesche del 9 settembre è stato innovativo e suggestivo. Si è appena concluso un grande convegno di dantisti. Eppure sembra che il progetto della città di Dante non decolli fino in fondo. Abbiamo tante iniziative importanti, ma non si percepisce un progetto d’intervento sulla trasformazione della città capace di lasciare il segno nel lungo periodo, come fu negli anni venti del Novecento per il sesto centenario. È un problema di risorse mancanti? O c’è l’idea che la riorganizzazione degli spazi urbani non sia così urgente oggi come lo fu cento anni fa?

“Noi vogliamo un settimo centenario dantesco che lasci un segno permanente a Ravenna e rafforzi l’identità dantesca della città. Alcune linee di lavoro le abbiamo già indicate, ma è un lavoro in corso. A giorni il nostro sindaco incontrerà il ministro unitamente ai sindaci di Verona e Firenze, proprio per fare il punto sulle celebrazioni dantesche a livello nazionale. Gli interventi strutturali ci sono, e porteranno a un ulteriore ridisegno e arricchimento della cosiddetta Zona Dantesca. La restituzione di Casa Farini (oggi emeroteca, ndr) a una finalità che punta a coniugare il lascito dantesco con alcuni linguaggi artistici della contemporaneità a me pare un intervento di carattere strutturale. Tale è anche il riallestimento del Museo Dantesco, per realizzare un museo all’altezza delle aspettative del pubblico in un’occasione importante come il centenario. Un terzo intervento strutturale è l’apertura della Biblioteca Classense su Piazza Caduti, con un primo ridisegno anche della piazza. Questi sono i tre interventi previsti a breve e sono molto significativi. Poi siamo consapevoli che gli interventi non si esauriscono da qui al 2021 e dovranno proseguire anche negli anni a venire, come fu cento anni fa.”

Qualcuno dice che Ravenna ha un profilo troppo basso e che dovrebbe farsi valere di più sul tavolo nazionale delle celebrazioni dantesche…

“Noi abbiamo concepito queste celebrazioni del settimo centenario con la volontà di affermare il ruolo centrale della nostra città, ma non in splendido isolamento. Le celebrazioni dantesche non possono che essere celebrazioni aperte al mondo. Non possono essere chiuse entro i confini di una difesa campanilistica della nostra centralità. Per questo abbiamo avviato un percorso impegnativo con Firenze e Verona, per iniziative e campagne promozionali coordinate e integrate fra le tre città. Ci saranno iniziative realizzate a Ravenna in dialogo con Firenze e con Verona e così via. Questo avrà implicazioni importanti anche sul piano dell’attrattività della città a livello internazionale. E consentirà di moltiplicare anche la produttività degli interventi e degli investimenti economici.”

A questo proposito quali novità arrivano da Roma in tema di finanziamenti? Se ne arrivano…

“Noi metteremo tutte le risorse necessarie. Poi Ravenna insieme a Firenze e a Verona porrà sul tavolo l’esigenza che arrivino anche adeguate risorse nazionali. Risorse aggiuntive rispetto a quelle, insufficienti, inizialmente stanziate. Anche questo sarà oggetto del confronto con il ministro dei beni culturali.”

Il Dante Design Center è stato ribattezzato da qualcuno con disprezzo con il termine bazar, temendo possa trattarsi di un semplice bookshop che venderà souvenir danteschi. Che ne pensa?

“A volte si usano certe espressioni anche in forma di provocazione, alcune felici altre meno. Sono convinta che il lascito dantesco possa e debba essere coniugato con i linguaggi della contemporaneità. D’altronde la gran parte degli eventi che dedichiamo a Dante ogni anno ha proprio queste caratteristiche.”

Insomma Dante non va imbalsamato nella tradizione…

“No. Non solo non può essere imbalsamato. Dante ha la straordinaria capacità di parlare anche a noi contemporanei e noi contemporanei abbiamo l’urgenza di avvicinarci a Dante con tutti i linguaggi e le espressioni artistiche che sono in nostro possesso. E poi voglio rassicurare che il Dante Design Center sarà uno spazio di qualità, che presuppone progettualità e creatività, cosa in cui noi italiani siamo bravi.”

Niente bookshop allora?

“Ma no, ma no.”

Le opposizioni hanno proposto di allargare a quattro nuovi membri il Comitato ravennate per le celebrazioni dantesche. Accetterete questa proposta?

“Il comitato è stato definito. E sulla qualità dei membri del comitato nessuno ha eccepito e può eccepire nulla. Come tutti i comitati, anche quello ravennate al pari di quello nazionale non è esaustivo delle possibili competenze. Nessun comitato può pensare di riassumere in sé tutte le competenze in campo. A maggior ragione in una città come Ravenna dove ogni anno per le celebrazioni dantesche vengono organizzati decine e decine di eventi da oltre quaranta soggetti diversi. Il comitato è una cabina di regia, ma non è chiuso, non è una torre d’avorio. La pratica è quella dell’apertura, della condivisione, del coinvolgimento della città. I membri del comitato sono già al lavoro per coinvolgere realtà creative del territorio e questa è la loro funzione: mettere in valore tutte le risorse e realizzare una progettualità di rete. Il sindaco ha fatto un appello affinché, per il loro alto valore simbolico, sulle celebrazioni dantesche ci sia una convergenza unitaria di tutte le forze della città. Spero questo appello sia accolto.”

 

Opera di Marina Abramovic esposta al Mar in ?War is over

 

Veniamo al MAR. È soddisfatta dei risultati della mostra di Alex Majoli, anche se i numeri sono molto lontani da quelli delle mostre fotografiche dei cugini forlivesi?

“La mostra di Alex Majoli era un progetto originale concepito per Ravenna, anche se poi una sezione della mostra è andata a Parigi. È stata una mostra molto densa, non tradizionale, di straordinaria bellezza, che ha segnato il ritorno a Ravenna di uno dei nostri fotografi a cui faranno seguito altri ritorni importanti. Sulla mostra ho sentito solo giudizi positivi. Addirittura Peter Assmann Direttore del Palazzo Ducale di Mantova quando recentemente è venuto a Ravenna ci ha comunicato che vuole portare quella mostra a Mantova. I numeri sono stati importanti, in rapporto anche alla promozione, che invece non è stata sufficiente. Per questa prima mostra non è stato possibile fare di più per carenza di risorse.”

Qui abbiamo un tema già affrontato tante volte. A Forlì c’è una Fondazione che finanzia quasi esclusivamente i Musei San Domenico, mentre noi a Ravenna abbiamo una varietà di offerta culturale di alto livello…

“È così. È un modello diverso. Là c’è una sorta di cultura monotematica. Da noi c’è una ricchezza di proposte, che vanno tutte sostenute e promosse.”

Si aspetta grandi numeri con ?War is over, la mostra che propone un percorso inedito figurativo, letterario e filosofico su arte e conflitti? E si aspetta che finalmente cessino le polemiche sul MAR o quelle non finiranno mai?

“?War is over è una mostra importante, con opere di grandissimi artisti. Una mostra originale per il contrappunto fra percorso figurativo e suggestioni letterarie e filosofiche. Ci saranno installazioni innovative e suggestive. Una di queste sarà dedicata a Dante e alla sua partecipazione alla battaglia di Campaldino. Un’altra sarà dedicata al Guidarello. Stiamo lavorando perché la mostra abbia anche la giusta promozione. È un progetto che promuove la città in autunno, attraverso le sue emergenze: la mostra ?War is over, la Trilogia verdiana del Ravenna Festival, l’apertura del Museo Classis Ravenna. Nella conferenza stampa che abbiamo tenuto a Roma, nei giornalisti abbiamo riscontrato un certo stupore, perché non sono tante le città italiane che in autunno presentano un’offerta così ricca.”

 

Opera di Pino Pascali esposta al Mar in ?War is over

 

Veniamo al Museo Classis Ravenna che sarà inaugurato il 1° dicembre. Un grande investimento di oltre 20 milioni di euro. Sarà anche un grande museo?

“Classis è un progetto con molti registri e molte letture. Non è un museo tradizionalmente inteso. Prima di tutto è un progetto strategico di Ravenna, che ha recuperato un’area di grande pregio prossima alla Basilica di Classe, fino a pochi anni fa in stato di abbandono e preda del degrado. È un grande progetto di recupero di archeologia industriale in una città che spesso di ciò parla senza concretizzare. Questo invece è un intervento concreto di recupero e valorizzazione. Ed è un museo innovativo perché è capace di raccontare una storia, la grande storia di Ravenna, sia con reperti emblematici sia con apparati didattici e illustrativi di ultima generazione. Certamente è stato un grande investimento. Ma un investimento in linea con altri musei di questo livello. Fra l’altro sarà un museo con molte funzioni: l’attività espositiva, i laboratori didattici, i laboratori di restauro, i momenti formativi per l’università, i laboratori di inclusione digitale. E poi il museo accoglierà anche la sede del Comitato cittadino di Classe.”

In vita mia ne ho sentite tante, ma non avevo mai sentito – come in questa occasione è accaduto – definire temerariamente un museo “inutile”. Un museo si può criticare perché non propone qualità o perché è costato troppo alla collettività, ma per la prima volta qualcuno ha detto, quel museo è inutile. Come giudica tutto questo? Come se lo spiega?

“Anch’io è la prima volta che sento parlare di un museo inutile. L’apertura di un nuovo museo è sempre occasione di arricchimento per una comunità. Solo una concezione miope delle risorse culturali può pensare di mettere in competizione e in contrasto le istituzioni culturali l’una con l’altra. Tutti i progetti che si sono affermati in questi anni di forte riorientamento delle città sulla cultura hanno puntato sulla molteplicità delle risorse e delle istituzioni, da Brescia a Torino a Bologna. Hanno tutti investito in circuiti complessi.”

La città che fa sistema.

“Certo. Dove si affermano più musei, relazioni e collaborazioni fra musei. Flussi di pubblico di cui beneficiano l’intero sistema e la città. L’idea che un museo sia inutile è un’aberrazione che non voglio nemmeno commentare.”

Lei crede che si possa creare finalmente un polo archeologico e artistico a Classe che metta insieme la Basilica, il Museo e l’Antico Porto? E come si realizzerà questo circuito culturale e turistico?

“L’obiettivo è questo: aggiungere allo straordinario patrimonio delle basiliche paleocristiane cittadine il circuito di Classe, incentrato sulla Basilica. Un percorso che propone museo, basilica, antico porto e in prospettiva anche l’altra basilica, quella di San Severo. È un progetto strategico che va coltivato e costruito nel tempo. Con l’apertura del museo siamo a un passaggio chiave. Fra le altre azioni messe in campo in questa direzione c’è anche l’accordo di valorizzazione del patrimonio ravennate firmato con il Ministero dei beni culturali. Io credo che sarà una festa per la città l’apertura del Museo di Classe.”

Lei ha ribadito spesso negli ultimi mesi che il valore della cultura non si può misurare facendo i conti della serva: tot costi e tot ricavi. Questo vale per il Teatro, per Ravenna Festival, per il MAR e per il Museo di Classe, e così via. Ma non le sembra un lusso che non possiamo permetterci investire tanti soldi nella cultura quando i cittadini si lamentano per le buche nelle strade?

“Io non credo affatto sia un lusso investire in cultura. Dove c’è cultura, una comunità vive, lavora e cresce meglio. Fra i tanti paradossi di questo scorcio d’epoca, vedo che oggi c’è una consapevolezza nuova del valore della cultura proprio fra gli operatori economici. Molte imprese sono consapevoli dell’importanza della cultura perchè dove c’è più cultura c’è più coesione sociale, più creatività, più intelligenza, un ambiente più favorevole alla crescita delle persone – che è il fine fondamentale – ma anche alla crescita economica. Tutti sappiamo che in tema di cultura non si può fare un’analisi di tipo aziendalista del tipo costi/benefici. Se così fosse si fallirebbe l’obiettivo primo della cultura: quello della diffusione, della inclusione, dell’allargamento ai tanti. Detto questo, la cultura ha anche importanti ricadute economiche. Perchè genera flussi di turismo culturale di prim’ordine. Ce lo dice anche lo studio di sostenibilità economica del Museo di Classe commissionato da RavennAntica. In ogni caso, io credo al valore fondante e costitutivo della cultura per una comunità.”

E questo non ha prezzo.

“Sì. Questo non ha prezzo.”

Il ministro Dario Franceschini ha fatto cose importanti per la cultura. Che cosa si aspetta dal nuovo governo? Ha mai incontrato il nuovo ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli? Sa che cosa ha intenzione di fare? In definitiva, lei pensa che continuerà la linea Franceschini – con la cultura si mangia, o si tornerà a quella di Tremonti – con la cultura non si mangia?

“Non conosco il ministro Bonisoli e, salvo qualche presa di posizione sulla gratuità domenicale dei musei, non ho ancora capito come ha intenzione di muoversi. Noi veniamo da una stagione in cui abbiamo investito molto in cultura – e continueremo a farlo – in totale sintonia con la Regione, che ha duplicato e punta a triplicare gli investimenti in cultura, e con il Ministero. Questa sintonia ha prodotto brillanti risultati. Da quello che capisco, invece, questo governo ha altre priorità rispetto alla cultura.”

Che cosa pensa della stagione politica che stiamo vivendo, quella dell’avvocato del popolo, del governo del popolo, della finanziaria del popolo? Quando s’invoca così spesso il popolo, personalmente io sento puzza di bruciato. Lei che ne pensa?

“Anch’io non amo particolarmente questo appello continuo e costante al popolo. Ci vorrebbe una credibilità di governo che si misura con i fatti e sui fatti, senza bisogno di fare ricorso al popolo a parole, con accenti chiaramente propagandistici, con promesse accattivanti difficili o impossibili poi da tradurre in pratica. Penso poi che per l’Italia l’Europa sia un orizzonte fondamentale. Sono molto preoccupata che la dimensione europea venga messa in ombra e in discussione. Sono preoccupata anche di vedere messe in discussione le istituzioni democratiche, per esempio quando addirittura si parla di inutilità del Parlamento. Sono preoccupata infine che si metta mano ai diritti civili: sento venire avanti proposte che rappresentano un ritorno al passato di cui non abbiamo bisogno. È una stagione politica carica di incognite e per me densa di preoccupazioni.”

Come mai il Pd, il suo partito, è diventato così impopolare?

“Il Pd è diventato impopolare perchè in questo paese è passato il discorso di chi punta sulle paure della gente, senza porsi il problema di governarle. Il Pd ha cercato di governare e di dare risposte, non ha cavalcato la paura. Ha ottenuto dei risultati ed evidentemente ha avuto dei limiti nella sua azione di governo. Altrimenti la paura non avrebbe prevalso. Ma resta il tema di affrontare i grandi problemi dell’Italia, e non solo dell’Italia, dando risposte ai bisogni e alle paure delle persone senza cavalcare quelle paure. Perchè sulle paure non si tiene insieme e non si governa un paese. Il compito di trovare questa strada di cambiamento e di speranza spetta alla sinistra. Ma non sarà un compito facile.”

A cura di P. G. C. 

 

Disegno ricostruttivo di Port’Aurea a Classis Ravenna

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