Politica. La sinistra deve ripartire da una parola: cambiamento. D’accordo Visco, Errani e Misiani

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Il confronto a tre svoltosi ieri, lunedì 29 ottobre, a Ravenna fra l’economista ed ex ministro Vincenzo Visco, il senatore di LeU Vasco Errani e il senatore del Pd Antonio Misiani – di fronte ad una folta platea di un centinaio di persone – ha rappresentato una piccola quanto significativa tappa sulla strada del dialogo e della ricomposizione fra le diverse anime della sinistra, dopo lo sconquasso del 4 marzo 2018. Sconfitta storica o epocale, che riguarda tutte le sinistre e non solo il Pd, come è stato ripetuto più volte da tutti i presenti ieri sera. Una di quelle sconfitte che lasciano un segno profondo e da cui – per reagire – la sinistra “deve mettere in campo un cambiamento profondo, un pensiero nuovo”.

Acute e stimolanti le analisi di carattere economico e politico di Vincenzo Visco sulla crisi di questi anni, paragonata per intensità e conseguenze a quella del 1929 – con un parallelo allarmato fra gli anni che stiamo vivendo e gli anni ’30 che portarono al nazismo e alla fascistizzazione di buona parte dell’Europa – con il risorgere del populismo, del nazionalismo e di forme di democrazia autoritaria.

Sul piano sociale e politico la situazione appare sempre più simile a una riedizione degli anni ’30 del secolo scorso.dice ViscoI meccanismi sono identici: la crisi provoca insicurezza, paura, incertezza per il futuro, impoverimento, disoccupazione, sottoccupazione, aumenta le diseguaglianze, cancella il futuro. I governi, oggi come allora, reagiscono con assurde e dannose politiche di austerità. La reazione a livello di massa non può che essere quella di rifiuto, chiusura, della contestazione delle élites considerate responsabili dell’accaduto, della ricerca di colpevoli e capri espiatori, e soluzioni miracolistiche. Ne approfittano i demagoghi, i nazionalisti, i protezionisti, e tutti coloro che considerano inutili, anzi un ostacolo insopportabile, i vincoli posti dai rituali e dalle formalità dei sistemi democratici. Pulsioni autoritarie emergono, l’idea di cancellare le difficoltà usando l’accetta anziché il bisturi si fa strada; la cultura, la scienza, l’esperienza, la conoscenza, vengono negate e irrise a favore di narrazioni semplificate, spesso false fino ai limiti del grottesco, ma ben viste e accettate da masse di persone sofferenti, arrabbiate, e “assetate di sangue”.

Spietata per certi versi anche l’analisi di Visco sulla crisi della sinistra e quella in particolare sulla crisi del Pd.

La sinistra ha sicuramente delle responsabilità in quanto è successo, ma dimenticare quelle primarie della destra non è accettabile.dice ancora ViscoIn particolare la sinistra ha sottovalutato i rischi della globalizzazione che oltre a promuovere e facilitare lo sviluppo dei Paesi da sempre in condizioni di povertà, aveva l’effetto di ridurre i redditi e l’occupazione dei lavoratori dei Paesi sviluppati aumentando diseguaglianza e insicurezza, mentre i profitti restavano appannaggio esclusivo delle multinazionali e degli operatori finanziari. Essa quindi non è stata in grado di proporre un governo del processo. Ma non è certo dai Governi della destra che sono venute proposte e soluzioni per affrontare i problemi di fondo dell’economia italiana, a partire dalla frammentazione del processo produttivo, dalla stagnazione della produttività, dalla difficoltà ad appropriarsi dei nuovi processi tecnologici, mentre su questi Governi pesa la scelta del de-finanziamento dell’istruzione, compresa quella universitaria, l’abbandono progressivo della sanità pubblica, l’incapacità di adottare programmi sociali di ampio respiro in campi cruciali come la povertà e la non autosufficienza.”

 

Per quanto riguarda la sinistra italiana, un elemento reale di autocritica dovrebbe essere la modalità con cui è stato costruito il Pd, proprio nel momento in cui l’esplosione della grande crisi rendeva evidente la necessità e l’inevitabilità di una svolta radicale nelle politiche fino allora seguite.aggiunge ViscoCon il Pd si è costruito (post mortem) un partito moderato di centrosinistra, privo di identità politica, che si ispirava al Partito Democratico americano, mettendo insieme modelli organizzativi incompatibili, con la conseguenza di rendere il clientelismo, la corruzione e il potere di notabili locali un elemento costitutivo del nuovo partito. Le modalità di elezione del segretario, inoltre, anticipavano un modello leaderistico e populista vanificando il dibattito interno. Tutto ciò, insieme all’errore di aver fatto durare il Governo Monti ben oltre il tempo necessario per varare le misure straordinarie (provocate dalla incapacità di governo della destra), e una subalternità di parte della classe dirigente del Pd, poi confluita nel renzismo, alla visione della cosiddetta “agenda Monti”, ha fornito un contributo rilevante alla nascita e al rafforzamento dei 5 Stelle… Le difficoltà in cui si dibatte il Pd oggi sono figlie di questa storia; la paralisi politica e progettuale deriva dalla divisione dei gruppi dirigenti, incerti tra due diverse visioni del mondo e tra prospettive oggi non conciliabili: quella liberal-liberista e quella neo-socialdemocratica. Da ciò dipende l’incapacità di autocritica, la convinzione che le politiche messe in atto fossero comunque corrette. E vi è anche una difficoltà evidente ad abbandonare il potere e ad investire su gruppi dirigenti rinnovati. E in alcuni vi è il timore che spostando più a sinistra la linea politica, possa aver inizio una deriva verso un radicalismo inconcludente tipico di una certa tradizione della sinistra italiana. In ogni caso è arrivato il momento di valutare l’opportunità di una separazione tra le due componenti del partito: quella neoliberale, e quella che si rifà alla storia del movimento operaio italiano, salvo trovare accordi di collaborazione politica futura.”

Insomma, Vincenzo Visco ha posto il grande tema del cambiamento della sinistra. E di questo hanno parlato in particolare Vasco Errani e Antonio Misiani. Errani ha affermato che la sinistra ha smarrito la sua principale ragione d’essere: redistribuire ricchezza e combattere le disuguaglianze. Ha parlato del fatto che siamo di fronte a un mondo nuovo – delineato anche dalle nuove tecnologie e dalle nuove forme di comunicazione nell’era dei social media – in cui c’è un cambiamento anche di segno antropologico e segnato da un alto grado di indicurezza delle persone a tutti i livelli, in cui affonda il consenso della destra, con la sua ricetta securitaria dai tratti autoritari. Per Errani la ricetta della destra è illusoria e pericolosa, perchè prima gli italiani e il sovranismo portano al risorgere dei nazionalismi contrapposti e di un’Europa percorsa dal demone della guerra. Un film già visto e da scongiurare.

Per Errani bisogna costruire una nuova sinistra con un nuovo pensiero, che sia in grado di porsi in alternativa radicale a questa destra: “Non mi interessa il fronte repubblicano che mette tutti insieme indistintamente i difensori del sistema, perchè è proprio quello che vorrebbe Salvini. Anche noi vogliamo cambiare il sistema, ma all’opposto rispetto alle idee di Salvini. Nè mi interessa una sinistra minoritaria e di pura testimonianza. – ha detto Errani – Dobbiamo mettere insieme un campo largo di forze e costruire un nuovo moderno Partito socialista e ecologista e scrivere un nuovo linguaggio della sinistra, tornando a parlare alla nostra gente, agli operai, a chi rimane indietro, ai giovani, alle periferie. Non voglio più essere etichettato come la sinistra dei Parioli. Per questo serve un confronto ampio, non la chiusura nei piccoli recinti.”

Parlando di campo largo della sinistra non si poteva non parlare del Pd e del suo congresso, un congresso a cui guardano con interesse anche gli esponenti di LeU e Articolo 1 MDP. Antonio Misiani ha ricordato i molti errori commessi in questi anni sia dal Pd sia dal resto della sinistra – e non solo per responsabilità di Renzi – e ha ribadito che il congresso del Partito democratico sarà solo una tappa nella costruzione di questa nuova sinistra di cui c’è bisogno in Italia e in Europa. Misiani guarda in questo senso alla proposta di Nicola Zingaretti: la considera come quella meglio in grado di cambiare i contenuti sui quali fin qui si è mosso il suo partito. Il Pd dunque potrebbe ricominciare e cambiare proprio partendo da un’ipotesi come quella di Zingaretti e dal campo largo dei progressisti. Anche Misiani boccia il cosiddetto fronte repubblicano da Macron a Tsipras di cui si è parlato in queste settimane. Troppo indistinto e troppo conservativo. Per Misiani il Pd e la sinistra devono puntare a un cambiamento radicale dell’Europa, perchè “questa Europa non è difendibile.”

Su questa linea, ha alla fine chiosato Errani, anche a me interessa il dibattito aperto nel Pd per andare oltre il Pd, un progetto sostanzialmente fallito. Su questa strada, insomma, è parso di capire ieri sera si possono riannodare a sinistra i fili spezzati negli ultimi due anni.

 

A cura di P. G. C. 

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