I sindacati chiedono un incontro al presidente Conte per parlare di transizione energetica e gas

I sindacati confederali, attraverso le loro sigle Filctem (Cgil), Femca (Cisl) e UilTec (Uil), hanno scritto una lettera al presidente del consiglio Giuseppe Conte, che dovrebbe essere a Ravenna entro fine mese, anche se la data esatta non è ancora stata confermata, per chiedergli un incontro sul tema della transizione energetica e della centralità del gas. La riportiamo integralmente.

Onorevole Presidente,
con la presente le Organizzazioni Sindacali Provinciali di settore Filctem CGIL, Femca CISL e Uiltec UIL chiedono, in occasione della Sua visita a Ravenna per inaugurare il progetto pilota di ENI relativo alla produzione energetica dal moto ondoso, di poterLa incontrare al fine di esporre le nostre preoccupazioni rispetto alle prospettive industriali, occupazionali e ambientali derivanti dai mancati investimenti conseguenti alla moratoria di 18 mesi sulle attività di esplorazione e coltivazione dei giacimenti di idrocarburi, compresi quelli di gas dell’Adriatico.
Siamo consapevoli che il processo di transizione verso le energie rinnovabili sia ineludibile, ma crediamo che ciò possa e debba avvenire anche con l’utilizzo delle importanti risorse che il nostro Paese possiede come il gas naturale presente nel nostro mare.
La transizione energetica per essere equa e giusta necessita, a parer nostro, di un piano energetico nazionale/europeo in cui, oltre a fissare obiettivi e regole condivise, siano previsti investimenti e linee di sviluppo.
La forte incertezza che caratterizza questa fase, invece, determina forti contraddizioni come l’utilizzo da parte di altri Paesi dei giacimenti di gas che insistono anche sul nostro territorio (Fortuna Prospect), rendendoci meno competitivi e autonomi, e di conseguenza meno protagonisti di un cambiamento epocale: la conversione ecosostenibile del nostro sistema produttivo.
Il settore energetico è strategico per tutti i paesi, e lo sarà sempre di più. E lo è soprattutto per l’Italia, che paga a caro prezzo la dipendenza energetica da altri stati a discapito delle nostre aziende e delle nostre famiglie costrette a pagare l’energia elettrica circa il 30% in più rispetto la media Europea.
Rischiamo invece di perdere un settore strategico della nostra economia che possiede grandi competenze, riconosciute in tutto il mondo, e che produce ricchezza sia a livello locale che nazionale.