Interrogazione di Ancisi (LpRa) su problemi di vivibilità legati alla presenza di un chiosco in Piazza Baracca

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“Fin dalla metà del 1800, l’area iniziale di via Maggiore, accanto a Porta Adriana dalla parte di via Don Minzoni, ha ospitato la nota locanda della Zabariona, locali dedicati alla ristorazione, con strutture mobili poste fin sotto il perimetro dei bastioni. Una di queste era un banco con tenda, di circa due metri, per la vendita della piadina. Mezzo secolo fa, il Comune volle liberare Porta Adriana dai manufatti ingombranti dell’area antistante, riuscendo ad allontanarli tutti. La titolare del banco di piadina finì per essere trasferita in piazza Baracca davanti al numero civico 16, dove si collocò con un chiosco mobile a ruote di 6 metri quadri e 12 metri cubi. Il villino lì situato, tipico dell’architettura deco razionalista del primo ’900, apparteneva alla nota famiglia repubblicana dei Poggiali, che viveva all’estero al seguito del capostipite Arnaldo. Nel 1998, quando già c’erano dei balordi che impiegavano malamente le zone d’ombra del manufatto, come aveva segnalato al sindaco Arnaldo Poggiali, il Comune concesse alla titolare del chiosco di triplicarne le dimensioni, ignorando proteste molteplici, tra cui quella di Lista per Ravenna. Sorse dunque un vero e proprio fabbricato fissato al suolo, con tanto di impianti fognario, elettrico, di riscaldamento e di condizionamento, canna fumaria e numero civico 15/a. Fu così chiusa la vista della piazza al villino retrostante, ma si diede soprattutto via libera al degrado pesante di questo fazzoletto di terra, occluso a sua volta alla visuale da ogni altro lato della piazza.” Così Alvaro Ancisi nella sua interrogazione in cui ripercorre la storia che oggi è al centro del suo interesse.

“Dotato di toilette pubblica, fontanella, contenitori per caschi, cestini per rifiuti, casse del parcheggio attiguo, impianti di affissione, panchine, panettoni e paletti, ma privo di qualsiasi manutenzione, con l’asfalto dissestato e i platani abbandonati, questo luogo offriva, tra aree coperte ed aree scoperte, anfratti strategici per bagordare e delinquere in pieno centro senza essere scorti. Non tardò dunque a diventare terra di nessuno, pericoloso al transito e ancor più a sostarvi. Tanto che gli abitanti del villino, passato di proprietà dopo la morte di Arnaldo Poggiali in Argentina, vivono da allora come reclusi in casa. Il chiosco ha dunque funzionato come innesco di un degrado vistoso, favorito dalla totale noncuranza dell’amministrazione comunale. La sua zona retrostante è perfetta per urinare, defecare, scambiare stupefacenti, drogarsi, fumare di tutto, ubriacarsi, vomitare, aggredire chi protesta civilmente, compiere atti vandalici, dormire, urlare e schiamazzare sino a tarda notte. Il tutto alloggiati sulle panchine messe a disposizione ultimamente dal Comune o sui cofani delle auto in sosta, potendosi servire anche di un nuovo kebab. La documentazione di questa situazione, ben conosciuta dalla Polizia locale, è poderosa. Verso la fine del 2020, la Polizia locale ha messo a segno, sulla base di filmati che le erano stati consegnati, un’operazione antidroga di rilievo proprio in quest’area” continua Ancisi nel racconto.

Dopo l’esposizione Ancisi chiede al sindaco: “se non ritiene giunta l’ora di spostare il chiosco di piadina, mezzo secolo dopo l’improvvida attuale collocazione in piazza Baracca, contestata già allora, ma tanto più disdicevole oggi per la copertura che offre, suo malgrado, ad uno spazio urbano in preda al disdoro ed alla malvivenza; se non ritiene altrettanto doveroso attuare un progetto di completa riqualificazione del comparto piazza Baracca/Porta Adriana con le finalità sopraindicate.”

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