Angelini (Sanità Pubblica Ravenna): trend dei positivi in fortissima crescita, ma il sistema sta reggendo e anche la capacità di tracciamento

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La progressione dei casi Covid positivi in provincia di Ravenna è impressionante. D’accordo, non spiega tutto, ma molto sì. Febbraio: un caso. Marzo: 579 casi. Aprile: 402 casi. Maggio e giugno insieme: 48 casi. Luglio: 120 casi. Agosto: 268 casi. Nei primi sei mesi di pandemia (febbraio non lo consideriamo), in provincia di Ravenna abbiamo avuto 1.418 casi. Poi settembre 369 e ottobre 1.197 casi, quindi in due mesi  1.566 positivi, più casi che nei sei mesi precedenti. Per arrivare infine a novembre: nei primi 10 giorni del mese abbiamo registrato 1.353 casi. Qualcosa è accaduto l’estate appena trascorsa, con il mare, le giornate e serate in libertà, la movida, le vacanze. Infine, con la riapertura delle scuole e tutto quello che ci sta attorno: trasporti, assembramenti post-scuola, frequentazioni fra amici senza tante precauzioni. E qualcosa, anzi parecchie cose, non hanno funzionato nella comunicazione sia da parte delle istituzioni (amministrative, sanitarie, politiche), sia da parte dei media. È passata l’idea del “liberi tutti”, che non dovessimo più temere la seconda ondata, che il peggio era alle spalle. Insomma, abbiamo abbassato la guardia. E così la pandemia ci ha colpito duro, di nuovo. Anzi, mentre la prima ondata ci aveva colpito di striscio, la seconda ondata ci ha colpito in pieno. Ma non ci ha ancora messo al tappeto. Le domande che tutti si fanno sono tante, una su tutte: il sistema regge? La dottoressa Raffaella Angelini, che dirige la Sanità Pubblica dell’ASL, non ha dubbi: il sistema sanitario sta reggendo, gli ospedali stanno reggendo, il sistema dei tracciamenti sta reggendo. Insomma, la situazione non è affatto buona, ma non siamo al tracollo. E le cose possono cambiare: dipende dai nostri comportamenti, ammonisce.

L’INTERVISTA

Dottoressa Angelini, ci aiuti a capire che sta accadendo. Molte persone sono preoccupate, anche Ravenna è messa così male? 

“Il numero di casi positivi che troviamo ogni giorno è molto alto. La circolazione del virus nel nostro territorio è abbondante. Siamo ancora messi meno male di altre realtà, anche a noi vicine, in questa stessa regione: il numero dei ricoveri e altri indicatori ci dicono che in effetti stiamo meno peggio. Ma questo non ha un grande significato. Perché se guardiamo a noi stessi, vediamo che il trend dei positivi a Ravenna è purtroppo in fortissima crescita. E la cosa ci preoccupa. Perché all’aumento dei casi quotidiani, ancora in larga parte asintomatici, però fa da specchio un aumento proporzionale dei ricoveri in ospedale. E purtroppo anche del numero dei decessi.”

L’equazione del resto è molto semplice: più casi positivi, più possibilità anche di ricoveri, più possibilità di evoluzione grave della malattia e infine più possibilità di esiti negativi della stessa. Quindi siamo zona gialla e siamo rimasti in questa zona come tutta l’Emilia-Romagna, ma non siamo messi affatto bene?

“Se le persone fanno il ragionamento che siamo in zona gialla e quindi possiamo stare tranquilli, sbagliano completamente. Il rischio c’è ed è forte anche per chi si trova nelle zone gialle.”

La prima ondata fra marzo e aprile ci ha quasi risparmiato. La seconda ondata invece ci sta quasi travolgendo.

“No, questa non gliela passo. Non è così. Non siamo travolti. Il sistema sta reggendo, malgrado il grande sforzo cui siamo sottoposti.”

Avevo detto quasi, per l’appunto. Ma ci faccia capire, che cosa è accaduto l’estate che ci siamo lasciati alle spalle? Ci siamo portati il virus in casa con le vacanze? E dopo, in settembre, l’abbiamo messo in circolazione con le scuole? Da metà ottobre in poi c’è stata un’impennata fortissima…

“La prima ondata ci ha sfiorato perché da noi il virus è arrivato più tardi che altrove. E quando aveva cominciato a circolare è arrivato subito il lockdown, il “fermi tutti” che ci ha preservati in larga parte dalla pandemia. Abbiamo avuto qualche settimana di crescita e poi abbiamo visto quasi subito gli effetti di misure restrittive veramente molto dure: ricordiamo sempre che il virus circola con le persone e allora la circolazione delle persone era stata quasi azzerata. L’estate scorsa sicuramente abbiamo fatto più cose di quelle che dovevamo fare. Anche certi messaggi contraddittori lanciati dal mondo medico e scientifico oltre che dal mondo politico, non hanno aiutato a capire cosa era meglio fare e cosa era meglio evitare. Penso alle semplificazioni sul virus clinicamente morto, al minimizzare su una possibile seconda ondata o alla polemica sull’inutilità delle mascherine. C’è stata confusione e poi si è creato questo clima di fiducia esagerata che fosse tutto finito. I più avveduti che invitavano alla prudenza non sono stati ascoltati. Si sa, le persone preferiscono ascoltare chi dà buone notizie piuttosto che le Cassandre, e così c’è stato il “liberi tutti”. In realtà, noi abbiamo visto che il virus non si è mai azzerato, ha continuato a circolare: poco, ma circolava. L’estate con i viaggi, gli spostamenti, il divertimento, gli assembramenti, ha innescato una forte circolazione del virus.”

E le scuole?

“L’apertura delle scuole, non le scuole in sé, con tutto quello che circola intorno alle scuole – i trasporti, gli amici che si ritrovano, i club sportivi, i ricreatori, gli aperitivi – ha contribuito alla forte curva di crescita dei contagi. E se andiamo a vedere le fasce di età che stanno trainando questa crescita, troviamo prima di tutto la fascia 14-18 anni che è quella che cresce più rapidamente, e poi la fascia subito successiva 19-24 anni. Quindi parliamo dei ragazzi delle scuole medie superiori e poi dei giovani in generale che escono, che fanno gli aperitivi, la movida, attività sportiva. Mettiamoci tutto. Ma c’è dell’altro. Se quest’estate ci dovevamo guardare dagli assembramenti troppo numerosi fuori casa, adesso siamo a un altro livello di attenzione: dobbiamo prendere precauzioni anche quando siamo fra le mura di casa, con gli amici. A parte il discorso dei conviventi, con tutti gli altri dobbiamo stare attenti, tenere la distanza e usare la mascherina. Insomma, bisogna mettersi in testa che adesso dobbiamo ridurre i contatti, ogni occasione di contatto è un’occasione in più di circolazione del virus. Purtroppo è così.”

La socialità, la vita sociale, in questo momento va ridotta: molti non riescono ancora a farsene una ragione…

“È così. Bisogna muoversi meno che si può. E anche quando si sta in casa bisogna prendere delle precauzioni se incontriamo persone che non vivono con noi. Se invito amici a cui voglio bene, devo proteggermi, usare la mascherina. È difficile, ma bisogna farlo.”

La sua preoccupazione traspare, ma come mi diceva prima, lei non si sente sopraffatta. Non siamo travolti?

“La situazione è difficile, ma non drammatica, perché i nostri Ospedali reggono e hanno margini per i ricoveri. Però se non invertiamo la tendenza, questo aumento delle ultime settimane rischia di portarci a un livello in cui non sarà più possibile curare tutti e quindi rischiamo di dovere rimandare le cure di altre patologie per curare tutti i pazienti Covid. Non vorremmo trovarci in questa situazione. Le persone devono capire che dipende anche dal loro comportamento. Non siamo noi che vogliamo curare questo invece di quello, arriva un momento in cui semplicemente non riesci più a fare tutto.”

Quando si aspetta il peggio?

“Non lo so.”

Siamo già al picco o la curva continuerà a crescere?

“Dipende da diverse cose e anche da quello che faremo da adesso in poi. Adesso dovremmo cominciare a vedere i primi risultati delle prime restrizioni introdotte a metà ottobre, con i primi Dpcm. Anche se per ora non vediamo nessuna inversione di rotta.”

Anche perché le misure più restrittive sono state prese appena una settimana fa…

“Sì. E poi non sono nemmeno così drastiche.”

Lei avrebbe preso misure più dure?

“Non lo so. Per fortuna non devo decidere io. Certamente non vanno bene le cose che abbiamo visto nell’ultimo fine settimana di bel tempo in giro per l’Italia, con le passeggiate affollate sul lungomare o nelle vie delle città, i ristoranti stipati. Tutte queste situazioni in questo momento sono pericolose, continuano a far circolare il virus.”

Tracciamenti, tamponi, trattamenti a domicilio, perché ricordiamo che gran parte delle persone sono in isolamento a domicilio. Qual è la situazione? Stiamo reggendo?

“Noi a differenza di altri territori non abbiamo perso la capacità di tracciare. E questo ci consente di fare fronte meglio alla situazione. Però stiamo reggendo con molta fatica e siamo molto meno performanti rispetto a un mese fa. Non siamo in grado di garantire il livello di accuratezza che sarebbe necessario e che vorremmo. Giornate in cui abbiamo fino a 180 casi positivi, come oggi, comportano di dover tracciare da mille a duemila persone, perché per ogni positivo mediamente ci sono dai 7 ai 10 contagi. Ci sono quelli che ne hanno solo 2 ma anche quelli che ne hanno 25. Il lavoro di tracciamento per essere efficace va fatto in poche ore, purtroppo non ci si riesce sempre nell’arco delle 24 ore che sarebbe lo spazio temporale ottimale. Poi ci sono quelli che guariscono e finiscono la quarantena e si lamentano perché non ricevono le risposte il decimo giorno e semplicemente hanno ragione.”

Questo spiega anche perché diverse persone lamentano il fatto che aspettano troppo a lungo la comunicazione, il tampone o l’esito del tampone stesso.

“Certo, purtroppo è così. Sono ritardi che non dipendono dal personale: molti ritengono che i dipendenti pubblici lavorino poco, ma io posso assicurare che facciamo turni di lavoro durissimi per cercare di fare fronte a tutte le richieste.”

Tracciamenti e tamponi: quanto personale ASL è impegnato sul campo?

“Una cinquantina di persone per il tracciamento e altrettante per i tamponi. Suddivisi in turni. Lavoriamo anche il sabato e la domenica. Dalla mattina fino alla sera alle otto. Adesso per fortuna stanno per entrare in servizio come tracciatori altre persone che stiamo reclutando con il bando della Protezione civile.”

Dopo un lungo periodo in cui non avevamo avuto decessi, nell’ultima settimana ne sono stati registrati circa una ventina. Altrove si stanno già registrando situazioni in cui i medici si trovano di fronte al drammatico dilemma di chi curare e di chi lasciare andare. Qui, per fortuna, non siamo a questo punto…

“No. No. No. Noi non abbiamo al momento un sovraccarico ospedaliero. Le persone che non ce la fanno sono quelle più anziane e più fragili. E come sa, nelle ultime settimane abbiamo purtroppo avuto tre grossi focolai in altrettante strutture per anziani.”

Anche su questo fronte siamo stati più fortunati in primavera, meno in autunno.

“È difficile mettere queste strutture in sicurezza al cento per cento, perché sono comunque aperte. Il personale, una volta che ha terminato il turno di lavoro, va a casa e fuori dalla struttura fa la vita che fanno tutti. Si presume che gli addetti assumano comportamenti molto responsabili, data la delicatezza del lavoro che svolgono, e dentro i centri per anziani si prendono misure molto accurate, ma la certezza della sicurezza assoluta non si può garantire. D’altronde, non c’è misura interdittiva presa dalle autorità che possa funzionare di per sé, se non c’è un’adesione conseguente – con comportamenti appropriati – da parte dei cittadini.”

L’impressione è che in alcune aree di popolazione prevalgano oggi – cosa che non accadeva in primavera – spinte irrazionali. Da una parte abbiamo una fascia di giovani che ama il pericolo, sfida il virus e dice, a me il virus non fa nulla, io non sono a rischio. E poi c’è una fascia di persone più adulte che negano addirittura l’esistenza del virus.

“È vero, purtroppo. Ci sono anche ragioni che spiegano questi comportamenti irrazionali. Le persone cominciano a essere stanche, arrabbiate, frustrate, ci sono dinamiche sociali di un certo tipo per cui l’efficacia di certi richiami comportamentali oggi è più scarsa di ieri. Tuttavia, se anche possiamo spiegare il perché di questi comportamenti, certo non possiamo approvarli: purtroppo sono atteggiamenti pericolosi. Quando una malattia si trasmette in questo modo c’è bisogno del senso di responsabilità di tutti. Non si scappa. Non basta che il Governo faccia un provvedimento. Ognuno di noi deve fare la propria parte.”

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Commenti

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  1. Scritto da Aldo

    Fate arrivare anche i vaccini antinfluenzali che non si trovano anche per le categorie cui avete giustamente mandato sms di vaccinarsi. Buon lavoro.

  2. Scritto da ST

    Purtroppo se tutti noi rispettassimo un po’ le prescrizioni (e oserei dire anche solo il buon senso) si potrebbe continuare a muoversi abbastanza liberamente, ad anche l’economica non sarebbe costretta a fermarsi completamente. Invece vedo ragazzi che stanno in gruppo (certo: a scuola stanno a distanza, ma prima e dopo?) come se nulla fosse, o compagnie di amici che prenotano tre tavoli del ristorante perchè sono in 12… poi, ovvio, che a casa il virus circola e contagia pure persone meno sane, più anziane o solo più sfortunate… e così facendo si costringono le Istituzioni a chiudere in casa tutti, provocando ulteriori danni a livello economico e occupazionale. Ma non ce la facciamo, non ce la facciamo proprio a metterci un po’ di impegno, a rinunciare a stare in gruppo. Inutile dare la colpa solo alle Istituzioni, quando è soprattutto nella nostra vita privata che siamo irresponsabili 🙁