CERCANDO MARIOLA PER RAVENNA / Vorrei vedere molto più spesso gli uomini nei panni delle donne e con le scarpe rosse ai piedi

È ora che gli uomini comincino a mettersi nei panni delle donne. Non significa, ovviamente, vestirsi da donne – qualcuno lo fa già del resto e non c’è nulla di male – ma significa provare vera empatia, entrare in connessione profonda, vivere il rispetto per l’altro da sé, di genere diverso. Per la Giornata contro la violenza sulle donne io andrò in piazza con un paio di scarpe rosse. Non le ho e non le comprerò, ma userò un paio di vecchie scarpe e le vernicerò di rosso. Fatelo anche voi.

Succederà sabato 27 novembre, quando un corteo di uomini sfilerà per le vie del centro di Ravenna partendo alle ore 10.30 dalla sede di CittAttiva in via Carducci per raggiungere Piazza del Popolo alle 11: lo scopo è dire no alla violenza sulle donne. L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Femminile Maschile Plurale. Iniziative simili si terranno anche in altre città italiane sotto il titolo “Uomini in scarpe rosse”.

Fra le tante iniziative organizzate per il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, questa mi sembra la più significativa. Perché riguarda gli uomini. Perché è tempo che gli uomini smettano di voltarsi dall’altra parte.

IL 25 NOVEMBRE 1960

Aida Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva, Antonia Maria Teresa Mirabal nacquero a Ojo de Agua provincia di Salcedo nella Repubblica Dominicana da una famiglia benestante. Combatterono la dittatura (1930-1961) del dominicano Rafael Trujillo, con il nome di battaglia Las Mariposas (Le farfalle).

Il 25 novembre 1960 Minerva e Maria Teresa decidono di far visita ai loro mariti, Manolo Tavarez Justo e Leandro Guzman, detenuti in carcere. Patria, la sorella maggiore, vuole accompagnarle anche se suo marito è rinchiuso in un altro carcere e contro le preghiere della madre che teme per lei e per i suoi tre figli. L’intuizione della madre si rivela esatta: le tre donne vengono prese in un’imboscata da agenti del servizio segreto militare, torturate e uccise. Il loro brutale assassinio risveglia l’indignazione popolare che porta nel 1961 all’assassinio di Trujillo e successivamente alla fine della dittatura.

Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 54/134, dichiara il 25 novembre Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne in loro memoria. Non conoscevo la genesi di questa giornata simbolo. E come me penso molti lettori. Per questo l’ho cercata e voluta riprendere qui.

Giovedì 25 novembre non è un giorno di celebrazione. È un giorno di riflessione e di lotta. Per tutti. Donne e uomini. Perché il fatto che tanti, sempre troppi uomini, potenti e no, continuino a considerare le donne come una sorta di proprietà, continuino ad alzare le mani sulle donne, continuino ad ucciderle se non fanno quello che pretendono loro, è un problema enorme che riguarda il consesso che chiamiamo civile (civile?) e interroga sul grado di civiltà della nostra società. Quindi l’acqua in cui tutti nuotiamo.

Scarpe rosse

103 FEMMINICIDI IN ITALIA NEL 2021: ILENIA, ELISA, GIULIA E LE ALTRE

Ad oggi, secondo le statistiche più attendibili, sono 103 le donne uccise in Italia nel 2021 a fronte delle 100 assassinate nello stesso periodo dello scorso anno. A Ravenna ricordiamo in particolare il femminicidio efferato di Ilenia Fabbri, uccisa il 6 febbraio scorso e di cui si sta celebrando il processo a carico del presunto mandante (l’ex marito) e del presunto esecutore (un killer assoldato dall’uomo). Ma prima di Ilenia c’era stata Elisa. E prima ancora Giulia.

I femminicidi sono circa il 40% di tutti gli omicidi commessi nel nostro Paese che hanno toccato quota 252 contro i 256 del 2020. Dunque, nel 2021 i femminicidi sono in aumento del 3 per cento, mentre gli altri omicidi sono in leggero calo. Diciamo subito che l’Italia non è il paese con più femminicidi in Europa, anzi. Nella Ue per questa triste classifica l’Italia è 21^ su 25 paesi classificati. I dati per gli omicidi di donne da parte dei partner si hanno invece solo per 14 paesi, e l’Italia è decima, con lo stesso tasso di Francia, Spagna e Croazia. Tassi migliori di noi li ha solo la Slovacchia. Ma non sono allori su cui cullarsi, non proprio.

Il femminicidio in Italia dal 20,89 per cento di tutti i delitti (anno 2018) è salito al 21,45 di percentuale nel 2019, al 23,50 nel 2020, e al 25,84 tra primo gennaio e fine agosto 2021. Quindi non più femminicidi in senso assoluto, ma in senso relativo nel complesso degli omicidi. Anche per questo colpiscono l’opinione pubblica. Oltre che per il fatto che il femminicidio è un delitto che appare sempre più assurdo, odioso ed esecrabile per una parte crescente della popolazione. Non solo femminile. Naturalmente qui non prendiamo in considerazione i dati sui femminicidi in paesi extraeuropei e soprattutto in paesi dove la condizione delle donne è ancora sottoposta a vessazioni e costrizioni umilianti da parte della cultura patriarcale dominante. Ben oltre quello che accade nell’evoluto (evoluto?) ma ancora patriarcale Occidente.

Ma non c’è solo solo il femminicidio, che è la punta dell’iceberg. Basta pensare che le statistiche ci dicono che le donne italiane tra i 16 e i 70 anni vittime di violenza, fisica o sessuale, almeno una volta nella vita sono 6 milioni e 743 000, cioè il 31,9% della popolazione femminile; considerando il solo stupro, la percentuale è del 4,8% (oltre un milione di donne in Italia).

​Sono in ogni caso numeri impressionanti. Che rivelano una realtà dura e deprimente. E al di là dei numeri, sappiamo che purtroppo le cose stanno così. Lo sappiamo, da sempre. Allora dobbiamo smettere di voltarci dall’altra parte. Noi uomini. Soprattutto noi uomini.

​Ecco perché il 25 novembre è una Giornata simbolo che deve assumere sempre maggiore importanza, per le donne e per gli uomini. Come è un’altra giornata simbolo l’8 marzo. Ma come possono e devono diventare giornate importanti – mi piacerebbe che non ci fosse più bisogno di questi simboli – tutti gli altri giorni dell’anno, in cui gli uomini e le donne si interrogano e agiscono per vivere gli uni accanto alle altre rispettandosi e senza che qualcuno si senta in diritto di alzare le mani (o qualcosa d’altro) solo perché è nato maschio.

Ed ecco perché voglio fare un accenno all’occasione mancata del DDL Zan – un atto grave averlo bloccato – che metteva al centro la sanzione contro l’odio, la discriminazione e la violenza di genere, ma metteva al centro anche il tema dell’educazione nelle scuole. Educazione al rispetto e alla convivenza fra diversi in senso lato. Un tema centrale nella battaglia contro il patriarcato e le vecchie idee che ci incatenano al passato.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE BONACCINI

In questa occasione faccio mie le autorevoli parole del Presidente della Regione Stefano Bonaccini pronunciate davanti all’Assemblea regionale. “Nessun rapporto interpersonale – ha detto il Presidente della Regione – può fondarsi sul concetto di proprietà, di controllo. Non esiste alcun individuo ‘mio’, ‘tuo’ o di qualcuno. Una donna è solo di se stessa: libera, così come lo è, e lo dovrebbe essere, qualsiasi persona. In questi giorni si sono susseguiti nuovi femminicidi. Donne e non solo: figli, nuclei familiari cancellati. Uomini che uccidono, spesso dopo aver minacciato, usato violenza fisica, psicologica, economica nei confronti di donne. Donne che magari avevano anche denunciato, non trovando però protezione adeguata. Occorre un cambiamento culturale che coinvolga tutti noi e tutto il Paese: politica e istituzioni, famiglie, scuole, università e centri educativi, parti sociali e luoghi di lavoro, volontariato, associazioni, parrocchie. Per questo serve aprire una riflessione diffusa, che passi per l’intera società, che porti a un cambiamento radicale nei comportamenti, nel linguaggio, nella formazione”.

“Non si può chiedere alle donne di avere coraggio e di denunciare senza garantire loro condizioni di sicurezza e ascolto, di sostegno e autonomia. Non si può chiedere loro di uscire allo scoperto e poi lasciarle sole. Dopo due anni di pandemia che hanno acuito lacerazioni sociali e personali, con le donne fra i soggetti maggiormente penalizzati, la violenza contro di loro e il suo contrasto devono diventare una grande questione nazionale: servono leggi più incisive e stringenti, anche per mettere magistratura e forze dell’ordine nelle condizioni di  utilizzare strumenti di tutela più efficaci; servono provvedimenti di inclusione; bisogna investire di più su centri anti-violenza e case famiglia, rafforzando la rete territoriale; servono campagne diffuse di sensibilizzazione” ha concluso il Presidente.

Gli uomini. Parliamone. Perché non insorgono contro i loro simili che si macchiano di crimini orrendi? Perché assistono spesso distratti, inermi quando non complici alla pratica maschilista e patriarcale così diffusa nella società e in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana? Perché continuano a crogiolarsi nel loro privilegio biologico di essere nati maschi, senza fare la loro parte fino in fondo per la parità di genere? Quella parità che migliorerebbe il genere umano. Ci sono tanti modi per farlo. In casa, quando un figlio viene trattato in un modo e la figlia in un altro. A scuola. Sul lavoro. Per strada. Invece di voltarsi dall’altra parte per vigliaccheria, per pigrizia, per ignavia, perché così va il mondo, perché non alzarsi in piedi, non muoversi, non prendere la parola per dire a se stessi e agli altri: “No, così non va più bene. È ora di cambiare”.

Proprio per tutte queste ragioni ho voluto qui sottolineare la bella iniziativa che sarà organizzata sabato 27 novembre a Ravenna: il corteo degli uomini con le scarpe rosse che sfilerà per le vie del centro di Ravenna partendo dalla sede di CittAttiva in via Carducci per raggiungere Piazza del Popolo è un bel segnale. Ecco, vorrei vedere molto più spesso gli uomini nei panni delle donne e con le scarpe rosse ai piedi.