CERCANDO MARIOLA PER RAVENNA / Cosa sarà di noi dopo La Pandemia, che sta per andare via? Ricordare per non ripetere gli errori o dimenticare?

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Il 20 febbraio 2020 l’Italia scopriva a Codogno il Paziente 1 del Covid o Sars-CoV 2. Il 21 febbraio a Vo Euganeo c’era già la prima vittima italiana di quella che, a breve, sarebbe diventata La Pandemia. Sono trascorsi due anni esatti da quei giorni. Dove siamo ora? Dove stiamo andando? Che cosa ci sta insegnando questa grande tragedia collettiva?

Intanto ricordiamo alcuni dati per inquadrare la dimensione del fenomeno (fonte: Fondazione GIMBE e Ausl Romagna). I casi di Covid registrati in Italia in questi due anni sono stati circa 12.500.000 (circa il 20,7% della popolazione complessiva). I deceduti in Italia per ragioni legate al Covid sono stati 153.000 (lo 0,25%, cioè 2,5 persone ogni mille abitanti). I casi di Covid in provincia Ravenna dal 20 febbraio 2020 al 21 febbraio 2022 sono stati 107.500 (circa il 27,6% della popolazione) mentre i deceduti in provincia sono circa 1.200 (lo 0,31%, cioè oltre tre persone ogni mille abitanti). Ravenna dunque ha pagato al Covid un tributo più alto della media italiana.

Covid Italia

Un primo doveroso pensiero va a chi non c’è più e al dolore delle loro famiglie. Anche la nostra comunità è stata duramente colpita. Moltissimi anziani che avevano ancora diversi anni di vita piena davanti a loro sono stati falciati dal virus. Con loro se ne è andato un pezzo della storia di molte famiglie e della nostra memoria collettiva. Una grave perdita. E non sono mancate le morti di persone più giovani, con perdite ancora più strazianti per le famiglie.

Allora la prima cosa da dire è che due anni fa non eravamo pronti. Nessuno si aspettava quello che è accaduto. Eravamo convinti di essere potenti e invulnerabili. Ci siamo scoperti fragili e impotenti di fronte al Grande Contagio. Non dico noi qui a Ravenna. Dico noi umanità. La chiamiamo Pandemia perché riguarda tutti, appunto, al di là dei limiti e delle miserie dei nostri micro-mondi.

Ci sono state colpe? Cioè, si poteva evitare tutto questo? Forse sì e forse no. Sì, nel senso che se l’umanità intera avesse agito diversamente e rispettato diversamente la natura, al di là dei regimi politici e dei sistemi economici, forse non ci sarebbe stato il salto di specie e il contagio planetario. No, nel senso che mentre abbiamo un Paziente 1 non abbiamo un Responsabile 1 a cui dare la colpa. Quindi tutti colpevoli, nessun colpevole.

Certo, c’è anche da aggiungere che se nei 20-30 anni precedenti in Italia non si fossero sistematicamente tagliati i fondi per la sanità pubblica, ci fosse stata una politica di promozione della salute territoriale, si fosse fatta una programmazione seria delle risorse umane in ambito medico e infermieristico, se non avessimo abbandonato ad altri la produzione di presidi sanitari e non avessimo diminuito i posti in terapia intensiva… insomma se non avessimo fatto le scelte scellerate che abbiamo fatto, forse l’impatto del virus non sarebbe stato così grave per il nostro sistema sanitario e per il paese. Subito dopo, dobbiamo aggiungere che però tutto l’Occidente è andato a sbattere come noi, e molti altri più di noi, contro La Pandemia. Come dire, le ragioni di questa crisi trascendono i colori delle bandiere nazionali.

E allora forse “il Covid-19 era il nostro destino”, come qualcuno ha scritto. Ma se è così dovremmo sfruttarlo almeno come opportunità, come hanno detto in tanti, e primo fra tutti il Papa. Opportunità per governare meglio, a partire dalla giusta attenzione da dare al bene pubblico della salute e del sistema sanitario. Opportunità di imparare a rispettare la natura e l’ambiente e di fare subito qualcosa per contrastare la crisi del clima. Opportunità di comprendere le disuguaglianze economiche e sociali e le fragilità individuali e di saperle affrontare mettendo in campo la giustizia sociale, la solidarietà, la comunità, l’aiuto reciproco. In questo modo, almeno, questa tragedia sarà servita a raddrizzare il percorso, a metterci su una strada migliore.

andrà tutto bene - farmacie

Purtroppo dubito che tutto questo avverrà. Nè in alto, fra chi ci governa. Né in basso, fra noi cittadini. I segnali di questi mesi e giorni non sono affatto incoraggianti. Se penso che i paesi ricchi si sono accaparrati i vaccini a scapito dei paesi poveri e che le multinazionali del farmaco non hanno voluto “mollare” i loro brevetti non posso essere ottimista. Se penso ai balbettii sulle politiche di contrasto all’emergenza climatica e alla crisi energetica non posso sperare su un futuro meno nero per la terra. Inoltre, in queste ore ci sono tutte le condizioni perché scoppi una nuova grande guerra nel cuore dell’Europa a causa delle solite pulsioni nazionaliste e imperialiste. E quindi la risposta è no, non abbiamo capito. Non ce la faremo.

Se penso poi alle cose di casa nostra, alla recente vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica, mi cascano le braccia (e per fortuna che alla fine è stato rieletto Sergio Mattarella). Mentre la navigazione del Governo Draghi è ogni giorno preda di fibrillazioni e turbolenze, come se l’esercizio della responsabilità – il bene più prezioso – fosse poco amato e frequentato da molti nostri politici. Dunque le speranze che i potenti possano avere davvero capito la lezione dei due anni di Covid è molto flebile, per non dire nulla. La cosa più probabile è che tutto torni alle solite politiche, nel più breve tempo possibile, come se un’altra politica non fosse possibile. There is no alternative.

E noi qua in basso, come siamo messi? Siamo entrati in questa pandemia con un lockdown affrontato in maniera perfino spavalda, con uno slancio quasi romantico, coniando uno slogan di speranza “andrà tutto bene”, cantando sui balconi e chiamando eroi i medici e gli infermieri. I più temerari aggiungevano che La Pandemia ci avrebbe resi migliori. Siamo stati ligi e rispettosi per diversi mesi. Poi ci siamo un po’ persi, via via. Come è normale che sia. Non si può reggere così tanta tensione troppo a lungo. Né si possono tenere troppo a lungo sulla corda – in conflitto – libertà e sicurezza, bisogni individuali e interesse comune come la salute pubblica. E poi troppe misure, troppi decreti, troppi virologi in tv e troppe chiacchiere a vanvera, una gran cagnara. Molti non ci hanno capito più nulla e alla fine ognuno per sé.

Vaccino

Certo, nel frattempo ci siamo messi in fila da bravi a farci vaccinare. E meno male che la stragrande maggioranza di noi ha avuto almeno questo sussulto dell’istinto di protezione e del senso di responsabilità. Tutti o quasi. Tutti tranne qualche milione di esagitati. Che hanno cominciato vociare e farneticare in piazza, a insultare e minacciare i medici. A imbrattare i centri vaccinali e a inquinare la campagna di vaccinazione. La piaga dei no-vax resta uno dei punti più bassi della crisi della nostra società. È un fenomeno globale, interessa tutto l’Occidente. Anche nel peggio non siamo soli. Cova la rabbia cieca contro la medicina e i farmaci, non tanto e non solo per quello che sono intrinsecamente, quanto soprattutto per quello che rappresentano: il potere delle istituzioni e dell’establishment. Il no al vaccino nasconde il no anarcoide e ribellista a ogni autorità, dalla politica all’economia, dalla cultura alla scienza. Un problema non da poco per chi deve tentare di tenere insieme la società ed evitare che l’uomo diventi lupo per l’altro uomo.

No Vax

Che cosa accadrà ora, quando sembra abbiamo il peggio alle nostre spalle? Ora che circola ovunque un certo ottimismo sulla fine della Pandemia. Ci riprenderemo le nostre vite? Torneremo alla vita di prima, magari facendo tesoro di tutto quello che ci è capitato? Cioè saremo in grado di tenere comportamenti socialmente responsabili e saremo più esigenti e attenti verso politici e istituzioni? Saremo più partecipativi, attivi, solidali, inclusivi, comprensivi delle ragioni degli altri e di tutti, perché nessuno si salva da solo? Nutro molti dubbi che sarà così, purtroppo. È indubitabile che gli avvenimenti di questi anni lasceranno in molti di noi un retaggio di paure, ansie, esperienze, difese, barriere, esigenze, istanze e desideri. Ma temo che il desiderio di gran lunga più grande e più irresistibile – e in fin dei conti più umano – sia quello di tornare semplicemente alla… normalità. Far finta che il male non ci abbia attraversato. Dimenticare, semplicemente. Oblio. Rimozione.

Lo scrittore Emanuele Trevi sul Corriere della Sera del 7 febbraio scorso parla dell’ultimo romanzo del grande e discusso scrittore francese Michel Houellebecq, intitolato “Annientare” (edito in Italia da La Nave di Teseo) ambientato nel 2027. Il titolo del pezzo di Trevi è quasi profetico: “La vera libertà sarà scordarci del coronavirus. Perché questo? Il romanzo di Houellebecq, scrive Trevi, è “quello che si definisce una storia di «anticipazione»: siamo nel 2027, dunque in un futuro molto prossimo, alla vigilia delle elezioni presidenziali francesi. Il mondo in avanti di soli sei anni immaginato dallo scrittore assomiglia moltissimo a quello in cui siamo vissuti fino alle prime settimane del 2020. È bellissimo e pieno di problemi gravissimi, insomma: ci sono i terroristi, la crisi economica sempre incombente, la solitudine, la malattia e la morte. Houellebecq evoca addirittura un tema che proprio la pandemia ha messo sotto gli occhi di tutti: la dipendenza del singolo individuo dai sistemi sanitari, la perdita di sovranità sul proprio corpo e sul proprio destino. Ma se ho letto bene, in tutto il lungo romanzo, quasi un compendio della condizione umana attuale, non c’è la minima memoria del Covid, tutti si comportano esattamente come prima, e tra tanti problemi relazionali, nessuno sembra nascere dal contatto fisico, si entra ed esce dagli ospedali e dagli uffici ministeriali come nulla fosse, ma soprattutto non c’è nessun pensiero dei personaggi, anche il più laterale, che li riporti con la mente all’immane catastrofe vissuta pochi anni prima. Credo che Houellebecq sia troppo intelligente per non aver agito in maniera deliberata; per non aver intuito che certe cose diventano evidenti proprio perché non se ne parla… credo che questa totale dimenticanza prefigurata da Houellebecq sarebbe la fine ideale della storia, e la vera libertà che dopo tutto quello che abbiamo passato possiamo almeno permetterci di sperare: che ci venga da un vaccino o da un miracolo.”

Tutto è cominciato con lo slogan di speranza ed esorcizzazione “andrà tutto bene”. Ebbene, ora la saga del Covid andrà a concludersi con un banale “scordiamoci di lui”? Con buona pace del proposito di “diventare migliori” e di “non ripetere gli errori del passato”? Forse i segnali sono proprio questi. O forse no. Naturalmente, la disputa è aperta fra ottimisti e pessimisti, apocalittici e integrati.

In ogni caso, siccome temo che il Covid sarà con noi ancora per un po’, l’invito mio personale ai lettori è a non dimenticare prima del tempo e a continuare ad usare la testa finché lui, il Covid, resta. E soprattutto dopo, conservandone la memoria. “Coltivare la Memoria – scrive la Senatrice a vita Giuliana Segre – è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.”

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Commenti

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  1. Scritto da mirko

    Bell’articolo, volevo fare una domanda: secondo voi cosa ne sarà della gente come Panizza e Paragone??? Di cosa si occuperanno??? Cosa ne sarà del movimento 3V???

  2. Scritto da Direttore

    Il movimento 3V e i No Vax scompariranno con la pandemia. Ma ribellismo anarcoide e spinte anti-istituzionali si indirizzeranno su altri temi. Gli argomenti non mancano mai. LA REDAZIONE