E LA SERA… CASALINGO / 8 / Il brodo di manzo di casa mia, con il ricordo dei profumi dell’infanzia e delle musiche di Radio Capodistria

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Il brodo di carne lo preparo senza la gallina o il cappone. E sì, lo ammetto subito, per pura pace familiare non uso volatili per il brodo, ma la sola carne di manzo. È una rinuncia, a cui rinuncio volentieri. E il brodo, vi assicuro, non ne perde. Ma visto che mi sono ripromesso di raccontare solo le ricette che eseguo direttamente, allora vi spiego la mia ricetta del brodo bovino.

La carne che preferisco è il doppione con l’osso, con la giusta quantità di magro e grasso. Poi scelgo un paio di ossi con la carne intorno, quella da piluccare, per cui vado matto. Solitamente preparo il brodo il sabato mattina, per poi utilizzarlo la domenica. E la previsione è quella di preparare un risotto, oppure i cappelletti o i passatelli in brodo. Il lesso invece lo mangio già la sera e quello che resta lo utilizzo il giorno dopo o il lunedì, per preparare le polpette.

Ma qui vorrei parlare anche del profumo inebriante del brodo. Quel profumo che racconta un’altra storia e mi riporta ai ricordi dell’infanzia. È il ricordo della domenica mattina di fine inverno con la prima luce primaverile, giornate di sole e finestre aperte. Radio Capodistria a tutto volume, con le dediche e richieste per i compleanni e gli anniversari, di chi nei primi anni sessanta non aveva un telefono, ma inviava tenere letterine di augurio per i propri cari.

Le frequenze di questa radio giungevano benissimo anche a Ravenna, con la lettura delle dediche che riempivano di felicità e sorpresa i festeggiati. La musica più trasmessa era quella di Romagna Mia, Bandiera Rossa o l’Internazionale. Ma anche Nilla Pizzi e il Quartetto Cetra andavano forte sulle note di un bavero color zafferano o di una casetta piccolina in Canadà.

L’aria di festa per la giornata di riposo si respirava e si ascoltava. Anche i vestiti erano quelli della domenica, più eleganti quelli dei genitori perché un qualche parente sarebbe venuto in visita. Una zia o un nonno. E i pavimenti tirati a lucido.

In pentola allora c’era il cappone (o la gallina) farcito di polpettone, che stava a fatica nella pentola; il collo, la testa e le zampe entravano a pieno titolo in questo brodo ricco, così come il magoncino (durello) e le treccine di budelline. Non si buttava via niente. Insomma l’odore che invadeva le stanze di casa si lega alla memoria di tanti bei momenti familiari dell’infanzia.

Tornando all’oggi, la carne la cuocio partendo dall’acqua fredda per ottenere un buon brodo. Se volessi un buon bollito dovrei partire dall’acqua già in bollore, almeno così dichiarano schiere di cuochi, e non c’è motivo di dubitarne.

Ecco, io invece opto per il brodo buono. Poi la carne la mangio condita con sale, pepe, aceto e olio extravergine d’oliva. Talvolta su richiesta preparo la salsa verde. Ma di certo il bollito in tavola deve sempre essere caldissimo e servito dentro una zuppiera col suo brodo bollente.

Brodo Nevio Ronconi
Brodo Nevio Ronconi

IL BRODO DI MANZO DI CASA MIA

INGREDIENTI 

800 grammi di doppione di bovino adulto

400 grammi di ossi di manzo

2 gambi di sedano

2 carote

1 ciuffo di prezzemolo

1 piccolo pomodorino rosso

1 grossa cipolla dorata

2 chiodi di garofano

pepe in grani

sale q.b.

3,5 – 4 litri d’acqua

(se c’è in frigorifero, 1 crosta di parmigiano-reggiano)

ESECUZIONE

Riempio la pentola di acqua ben fredda, ripongo all’interno la carne e accendo il fuoco nel fornello piccolo. Poi mi dimentico della carne perché non va mai rigirata. Questo è un modo per ottenere un bel brodo limpido.

Aggiusto di sale da subito. Questo passaggio è utile perché il sale estrae con più facilità gli aromi della carne. Naturalmente il sale lo uso con parsimonia perché ho sempre tempo a regolare la giusta sapidità. Voglio ricordare che per salare un brodo occorre molto meno sale della salatura dell’acqua per la pasta. L’acqua della pasta sappiamo tutti che poi va buttata via, mentre quello che mettiamo nel brodo rimane tutto lì.

A questo punto passo alle verdure. Lavo il sedano, la carota, il prezzemolo e il pomodoro. Sbuccio la cipolla senza eliminare la parte della buccia dorata più interna perché darà al brodo un colore ambrato bellissimo.  Taglio a metà la cipolla e su una mezza sfera infilzo i 2 chiodi di garofano. Taglio a metà il pomodorino rosso. Poi aggiungo alla carne tutte le verdure così preparate e 4-5 grani di pepe.

L’acqua si prenderà il suo tempo per giungere a bollore, ma non occorre aver fretta. Dal lieve bollore che comincerà a palesarsi, faccio trascorrere almeno altre 3 ore di lenta cottura sempre senza coperchio. L’unica operazione che compio durante il placido sobbollire, è quella di schiumare ogni tanto il brodo con una ramina.

Al termine della cottura spengo il fuoco e comincio ad estrarre dalla pentola le verdure aiutandomi con pinza e ramina, passandole direttamente su un largo colino a maglia finissima, appoggiato su un’altra pentola (che sarà quella dove conservo il brodo). Terminata questa operazione passo al recupero della carne facendo attenzione a non rimestare sul fondo della pentola dove si è creata una densa patina di deposito. La carne la ripongo dentro un altro tegame più piccolo.

Terminato questo passaggio, lascio riposare il brodo per 4-5 minuti e poi inizio a filtrarlo utilizzando un mestolo. Questa operazione è importante per ottenere il brodo limpido. Quindi piano piano riverso i mestoli di brodo nel colino raccogliendolo sempre dalla superficie senza mai toccare il fondo della pentola. Poi sposto il colino sopra il tegame della carne e colo il brodo residuo sulla carne.

A questo punto avrò la carne immersa nel suo brodo e mi sarà utile per farla riscaldare anche in fasi successive, mantenendo tutto il suo succulento sapore. E dall’altra parte conservo nella pentola il brodo limpido per le preparazioni dei giorni successivi.

Se la temperatura esterna è fredda copro i tegami e ripongo tutto sul davanzale della finestra a raffreddare, per poi passare tutto in frigorifero dopo qualche ora.

Il giorno dopo se occorre sgrasso il brodo eliminando un po’ di coltre bianca addensata in superficie. Ma se il grasso addensato è uno strato molto sottile lo lascio perché è gran parte del sapore del brodo.

Un altro suggerimento: se il brodo servirà per cuocere i cappelletti io lo divido (una volta riscaldato) in due tegami. In un tegame cuocio i cappelletti che poi passo nella zuppiera (riscaldata prima) sollevandoli con una ramina, poi riempio col brodo limpido del secondo tegame la zuppiera piena di cappelletti. E così anche l’occhio sarà soddisfatto di tanta limpidezza.

Buon appetito!

Instagram: nevio_ronconi

Cappelletti in brodo

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Commenti

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  1. Scritto da Andrea

    Già, ricordo in particolare il programma di Luciano Minghetti di dediche e lettere

  2. Scritto da Giovanni lo scettico

    Il pur bravino Ronconi ha dimenticato le due cose più importanti: “Mamma” cantata da Beniamino Gigli e la crosta di parmigiano.

  3. Scritto da Nevio Ronconi

    Grazie Giovanni Lo Scettico, in effetti “Mamma” se la giocava con Romagna Mia!
    Ma la crosta di parmigiano no, è citata tra gli ingredienti, seppur tra parentesi.

  4. Scritto da Pino

    Giovanni lo scettico devi essere meno scettico e leggere meglio.
    La crosta di parmigiano e’ negli ingredienti .

    Pino il nemico delle scie chimiche

  5. Scritto da Marco

    E le litigate (x chi ha fratelli/sorelle) per conquistare la crosta della forma (questo è il suo “vero” nome) dopo la cottura, non vogliamo metterle tra gli “amarcord”?

  6. Scritto da Valerio

    Giovanni !!!… mi scivola sulla forma!
    È una ricetta dei ricordi. Sono anni che non faccio il brodo cosi: c’e il “dopo” da smaltire, come si faceva una volta, oggi poco praticabile. Allora il mio impegno era sgrassare il brodo (m’impegnavo!) ma dopo tutti i nervi erano i miei, insieme alla crosta della forma. Però mai vista la cipolla, non ricordo il prezzemolo, che non amo.
    Brodo di domenica, sempre minestra al mattarello, cappelletti qualche volta all’anno. Allora andava così e non sono passati secoli!

  7. Scritto da Giovanni lo scettico

    E’ vero, ho letto in fretta e mi scuso coi lettori. Intanto che sono qui vorrei chiedere se qualcuno si ricorda del sugo fatto con le rigaglie di pollo, che ormai mi sembra non si usi più.

  8. Scritto da Valerio

    Si Giovanni, ricordo che il sugo di rigaglie si faceva quando si ammazzava il pollo o la gallina (allora si portavano a casa vivi dal mercato), qualche decennio fa. Non mi piaceva. Ho sempre pensato che fosse una soluzione da “poveracci” finché non ho sentito recentemente lo chef Oldani parlarne come qualcosa di prelibato.
    È vero, la cucina riserva sempre sorprese.