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LA POSTA DEI LETTORI / Grido di allarme di un lavoratore senegalese

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Lo sfruttamento che subiscono tantissimi lavoratori agricoli nella zona della provincia di Ravenna e vicinanze, non deve lasciare indifferente chi fa il sindaco, l’amministratore o gli esponenti del mondo sindacale in Emilia-Romagna.

È un caso vergognoso di inegualità, di insicurezza, di sfruttamento, di violazione di diritti umani e mancanza di tutela nel settore agricolo. I ragazzi lavorano senza contratto, perché il datore di lavoro, dopo aver ricevuto tutti i documenti necessari per scriverlo, lo tiene sotto il cuscino o il materasso per poter mostrae un giorno, al controllo dall’ispettorato del lavoro: quel giorno che non arriva mai e anche se dovesse arrivare, sarà su preavviso.

Alcuni che cercano di fare il contratto lo fanno solo fasullo e come lo vogliono loro.

Nella busta paga poi, non mettono tutti giorni lavorati dal dipendente, così un operaio può lavorare tutti i giorni della settimana, mattina e pomeriggio, da maggio a ottobre, senza poter dimostrare il minimo di reddito necessario (secondo la legge Bossi/Fini) per rinnovare il suo permesso di soggiorno.

Il caso dei riders di Bologna deve far riflettere i nostri sindaci, il presidente dall’ANCI Emilia-Romagna e i sindacati. Devono fare di tutto per garantire a questi lavoratori (deboli, senza voce) la minima paga, l’assicurazione, le indennità spettanti, i diritti e la tutela. A Bologna con i riders si parla di “firma di un patto”, ma nel caso dei lavoratori agricoli non c’è bisogno di un patto: c’è già la legge. C’è un contratto nazionale per i lavoratori agricoli, come c’è per il turismo e per i lavoratori dei ristorante e balneare; basta fare rispettare le legge, basta non lasciare i datori di lavoro a fare quel che vogliono, utilizzando la scusa che davanti alle loro porte ci sono molti altri lavoratori in attesa, che non vedono l’ora di lavorare a quelle condizioni ingiuste.

Modou Fall, ex Presidente della Rappresentanza dei Cittadini Extra-UE nel Comune di Ravenna

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